Le microplastiche passano dall’intestino ad altri organi
Migrano dall’intestino nel fegato, nei reni e nel cervello e modificano le vie metaboliche nei tessuti interessati
[16 Aprile 2024]
Tutti i giorni, minuscole particelle di plastica si insinuano nei nostri corpi attraverso l’acqua, dal cibo e persino dall’aria che respiriamo. Ma poi cosa succede? Cosa fanno queste microplastiche al nostro sistema digestivo?
Sono le domande alle quali ha cercato di rispondere lo studio “In Vivo Tissue Distribution of Polystyrene or Mixed Polymer Microspheres and Metabolomic Analysis after Oral Exposure in Mice” pubblicato recentemente su Environmental Health Perspectives da un team di ricercatori statunitensi guidato da Marcus Garcia dell’Università del New Mexico, scoprendo che «Quelle minuscole particelle – microplastiche – stanno avendo un impatto significativo sui nostri percorsi digestivi, facendosi strada dall’intestino ai tessuti dei reni, del fegato e cervello».
l’autore senior dello studio, Eliseo Castillo, della Divisione di gastroenterologia ed epatologia del Department of Internal Medicine, della School of Medicine dell’University of New Mexico (UNM) ed esperto di immunologia delle mucose, ricorda che «Negli ultimi decenni, le microplastiche sono state trovate nell’oceano, negli animali e nelle piante, nell’acqua del rubinetto e in bottiglia. Sembra che siano ovunque».
Gli scienziati stimano che le persone ingeriscono in media 5 grammi di particelle microplastiche ogni settimana, equivalenti al peso di una carta di credito. Mentre altri ricercatori stanno aiutando a identificare e quantificare le microplastiche ingerite, Castillo e il suo team si concentrano su quel che le microplastiche fanno all’interno del corpo, in particolare al tratto gastrointestinale e al sistema immunitario intestinale.
Per 4 settimane, Castillo, Garcia e altri ricercatori dell’UNM hanno esposto dei topi a una quantità di microplastiche presenti nell’acqua potabile equivalente a quella che si ritiene gli esseri umani ingeriscano ogni settimana e hanno scoperto che »Le microplastiche erano migrate dall’intestino nei tessuti del fegato, dei reni e persino del cervello». Lo studio ha anche mostrato che «Le microplastiche hanno modificato le vie metaboliche nei tessuti interessati».
Castillo conferma: «Abbiamo potuto rilevare microplastiche in alcuni tessuti dopo l’esposizione. Questo ci dice che possono attraversare la barriera intestinale e infiltrarsi in altri tessuti. Mi preoccupa anche l’accumulo di particelle di plastica nel corpo umano. Questi topi sono stati esposti per quattro settimane. Ora, pensate a come questo equivale agli esseri umani, se siamo esposti dalla nascita alla vecchiaia. Gli animali da laboratorio sani utilizzati nello studio hanno mostrato cambiamenti dopo una breve esposizione alla microplastica. Ora immagina se qualcuno ha una precaria condizione di salute base e si verificano questi cambiamenti, l’esposizione alla microplastica potrebbe esacerbare la condizione di base?»
In precedenza Castillo aveva scoperto che le microplastiche hanno un impatto anche sui macrofagi, le cellule immunitarie che lavorano per proteggere il corpo da particelle estranee.
Castillo è stato anche l’autore senior dello studio “Polystyrene microplastics induce an immunometabolic active state in macrophages” pubblicato su Cell Biology & Toxicology nel 2021 che ha scoperto che quando i macrofagi incontrano e ingeriscono microplastiche la loro funzione viene alterata e rilasciano molecole infiammatorie.
Castillo fa notare che «Stanno cambiando il metabolismo delle cellule, il che può alterare le risposte infiammatorie. Durante l’infiammazione intestinale – stati di malattia cronica come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, che sono entrambe forme di malattia infiammatoria intestinale – questi macrofagi diventano più infiammatori e sono più abbondanti nell’intestino».
La fase successiva della ricerca di Castillo, guidata da Sumira Phatak del suo laboratorio, esplorerà il modo in cui la dieta è coinvolta nell’assorbimento della microplastica e lo scienziato dell’UNM spiega ancora: «La dieta di ognuno è diversa. Quindi, quello che faremo è dare a questi animali da laboratorio una dieta ricca di colesterolo e grassi, o una dieta ricca di fibre, e saranno esposti o non esposti alle microplastiche. L’obiettivo è cercare di capire se la dieta influisce sull’assorbimento delle microplastiche nel nostro corpo. Anche uno dei miei studenti di dottorato, Aaron Romero, sta lavorando per capire perché si verifica un cambiamento nel microbiota intestinale. Molti team hanno dimostrato che le microplastiche cambiano il microbiota, ma il modo in cui cambia il microbiota non è stato affrontato».
Castillo spera che la sua ricerca aiuti a scoprire i potenziali impatti che le microplastiche hanno sulla salute umana e che contribuisca a stimolare cambiamenti nel modo in cui la società produce, ricicla e smaltisce la plastica e conclude: «In fin dei conti, la ricerca che stiamo cercando di fare mira a scoprire come questo influisce sulla salute dell’intestino. La ricerca continua a dimostrare l’importanza della salute dell’intestino. Se non hai un intestino sano, questo colpisce il cervello, colpisce il fegato e tanti altri tessuti. Quindi, anche immaginando che le microplastiche facciano qualcosa nell’intestino, l’esposizione cronica potrebbe portare a effetti sistemici».