Lo Stato Islamico utilizza armi chimiche

Confermati attacchi chimici contro i kurdi progressisti del Rojava e l’esercito irakeno

[20 Luglio 2015]

Secondo uno studio congiunto realizzato da Conflict Armament Research e Sahan Research, i miliziani dello Stato Islamico/Daesh avrebbero più volte utilizzato armi chimiche, sia in Iraq che i Siria.

I due gruppi di ricerca hanno inviato degli specialisti nella la provincia settentrionale siriana di Hassaké e nel nord dell’Iraq, per indagare su tre presunti casi di utilizzo di armi chimiche da parte degli islamisti, che hanno confermato che i jihadisti stanno utilizzando armi proibite contro i combattenti e le combattenti kurdi delle Yekîneyên Parastina Gel (YPL – Unità di protezione popolare) le milizie progressiste ed autonomiste del Rojava, il Kurdistan siriano. Le armi chimiche sono state usate anche contro i civili di alcuni villaggi.

Le  YPG avevano già denunciato che quelle che definiscono bande fasciste avevano utilizzato missili contenenti gas durante alcuni attacchi sferrati il 28 giugno contro il quartiere di Salhiya a  Hassaké e contro altre posizioni tenute dai kurdi a sud di Tall Brak, l’ex roccaforte dello Stato Islamico al confine con la Turchia.

Le YPG affermano anche di aver trovato delle maschere antigas appartenenti ai jihadisti dello Stato Islamico/Daesh in fuga e questo, secondo i kurdi, conferma «Il loro progetto di preparare e lanciare un attacco chimico in questo settore del fronte». Così i kurdi del Rojava si troverebbero a far fronte ad un attacco chimico simile a quello che subirono i kurdi irakeni ai tempi di Saddam Hussein.

All’inizio di giugno il ministro degli esteri australiano aveva avvertito che lo Stato Islamico/Daesh stava facendo di tutto per produrre armi chimiche e che per questo stava reclutando esperti nel settore.

Già a marzo  la BBC aveva visionato un video fornito dalle autorità irakene nel quale un team di sminatori faceva esplodere una bomba che emetteva una fumata arancione. Secondo gli esperti i jihadisti avrebbero utilizzato diossido di cloro nei combattimenti contro l’esercito irakeno a Tikrit, la città natale di Saddam Hussein.

Il governo di Bagdad dice che piccole dosi di questo prodotto chimico vengono iniettate nelle bombe lanciate contro le truppe irakene, una quantità probabilmente non mortale, ma con effetti psicologici devastanti che avrebbero avuto il loro peso nella scarsa combattività dimostrata dai soldati irakeni di fronte agli attacchi islamisti.

Si teme che lo Stato Islamico, che sembra essere in difficoltà in diverse zone del suo “Califfato nero” possa utilizzare le armi chimiche contro le forze della coalizione internazionale, magari in attentati suicidi come quelli che stanno seminando il terrore tra gli sciiti irakeni dopo la fine del Ramadan.

A marzo la BBC aveva mostrato immagini che fornivano le prove dell’utilizzo di diossido di cloro in Iraq da parte dello Stato Islamico/Daesh  e il colonnello turco in pensione Jelaleddin Yavuz, vice-presidente del  Centro studi strategici ed internazionali, aveva fatto notare: «Dopo il rovesciamento di Saddam Hussein, l’Occidente ci aveva assicurato che io siti di produzione di armi chimiche in Iraq erano stati smantellati, forse liquidati. Per quel che ne so, non è vero nulla».

Ma, come dimostrano le balle sulle armi di distruzione di massa usate dagli Usa per giustificare l’invasione dell’Iraq, che è all’origine del sanguinoso caos che ha portato alla nascita dello Stato Islamico/Daesh, e come ricorda  lo stesso Yavuz, «Le sostanze chimiche, da sole, non rappresentano un grande pericolo. Per farne uso durante i combattimenti, bisogna avere dei vettori».

A marzo gli islamisti avevano carri armati e cannoni, non missili, ma ora sembrano avere a disposizione dei vettori, anche se probabilmente non molto sofisticati, che stanno utilizzando contro le forze di liberazione progressiste kurde del Rojava che li hanno ripetutamente umiliati sul campo di battaglia.