Dall’agricoltura Pm2.5 paragonabile a quello da traffico
Milano, ecco quanto uccide l’inquinamento atmosferico
Al particolato fine attribuibile il 13% dei decessi per cause naturali (al biossido d’azoto il 10%) e il 18% delle morti per tumore al polmone
[4 Marzo 2024]
Si è conclusa a Milano la conferenza scientifica RespiraMi: recent advances on air pollution and health 2024, che ha fatto il punto sulle ricadute sanitarie dell’inquinamento atmosferico nella città meneghina.
Il convegno ha confermato che l’impatto sulla salute dell’esposizione a particolato atmosferico nella popolazione del Comune di Milano è elevato. È dunque importante che i cittadini, la politica e i portatori di interesse in genere si confrontino con questa problematica, alla luce sia dell’impatto sulla salute sia del forte impatto economico dei relativi costi sanitari e di cura.
Come emerso infatti dallo studio Estimated number of deaths attributable to NO2, PM10, and PM2.5 pollution in the Municipality of Milan in 2019, i cui risultati sono stati al centro della conferenza, nel 2019 «sono stati stimati valori medi annui di NO2 pari a 36,6 µg/m3; 24,9 µg/m3 per il di Pm10; 22,4 µg/m3 per il Pm2,5, con una distribuzione non uniforme nel territorio. Sono attribuibili a NO2 il 10% dei decessi per cause naturali e al Pm2,5 è il 13% dei decessi per cause naturali e il 18% dei decessi per tumore del polmone».
Gli andamenti dei decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico variano nelle diverse aree di Milano, e la conferenza ha evidenziato come gli effetti più gravi siano in periferia, dove si concentrano alta densità di traffico e presenza di cittadini over65.
«Le conseguenze più pesanti – dichiara nel merito all’Ansa Pier Mannuccio Mannucci, professore emerito di Medicina Interna dell’Università Statale di Milano – si hanno in zone periferiche come Mecenate, Lorenteggio e Bande Nere, dove i tassi di decesso superano i 200 per 100mila abitanti, mentre in pieno centro i tassi si assestano attorno a 130».
Le principali fonti dell’inquinamento atmosferico sono note, e spaziano dalla climatizzazione degli edifici al comparto agricolo (e degli allevamenti intensivi in particolare) al traffico veicolare.
Proprio oggi il Politecnico di Milano dà conto di un nuovo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Chemosphere, che quantifica l’impatto delle attività agricole sull’inquinamento da Pm2.5 nelle varie aree della Lombardia.
Dalla ricerca emerge che l’agricoltura ha un impatto paragonabile a quello del traffico, che si ripercuote non solo sulle aree rurali ma anche in quelle più densamente popolate, contribuendo in particolare ai picchi d’inquinamento.
«Tra le colture analizzate, mentre le risaie hanno mostrato un impatto minimo, le coltivazioni di mais e cereali hanno mostrato un contributo significativo all’inquinamento», spiegano dal Politecnico.
Eppure il ruolo del comparto primario sull’inquinamento atmosferico resta ancora poco conosciuto, nell’opinione pubblica. Già nel 2021 il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), insieme alle Università di Urbino e Vienna, ha documentato la scarsa percezione del problema da parte della cittadinanza.