Vietnam: 14 anni di prigione a un blogger ambientalista per le proteste contro un disastro chimico
Altre dure condanne a chi protesta contro l’ineguaglianza, i bassi salari e l’inquinamento
[9 Febbraio 2018]
Nell’aprile 2016, in Vietnam un incidente in una fabbrica della taiwanese Formosa Ha Tinh Steel Company provocò uno sversamento di sostanze chimiche nel Mar Cinese Meridionale, lungo 200 km della costa centro-settentrionale del Vietnam si spiaggiarono circa 70 tonnellate di pesci morti. Intere colonie di uccelli marini furono decimate e i pescatori di quattro province vietnamite rimasero senza lavoro.
Inizialmente la Formosa Ha Tinh Steel non ammise di avere responsabilità dello sversamento e la risposta del governo comunista del Vietnam al disastro ambientale fu lenta e reticente, scatenando proteste di piazza da parte della popolazione in diverse parti del Paese, prontamente represse dalla polizia. Poi la compagnia di Taiwan ha ammesso le sue responsabilità e ha accettato di pagare 500 milioni di dollari per bonificare l’ambiente e risarcire le persone danneggiate dallo sversamento.
Ma su internet sono continuate le proteste per la lentezza o la mancanza dei risarcimenti e per i lavori di bonifica giudicati non all’altezza del disastro avvenuto. Durante e dopo le manifestazioni sono state arrestate diverse persone e così il 6 febbraio un tribunale vietnamita della provincia di Nghe An (centro.nord) ha condannato un blogger ambientalista, Hoang Duc Binh, a 14 anni di carcere per aver protestato contro le conseguenze del disastro ecologico ed economico del 2016. Una sentenza che sembra essere la più dura finora comminata in una serie di processi punitivi imbastiti dal governo vietnamita contro i cittadini che avevano protestato o che avevano semplicemente descritto sui social network le cause e le conseguenze dello versamento. Insieme a Binh, che ha ricevuto due pene detentive di 7 anni, è stato condannato a 2 anni di galera anche un altro blogger ambientalista: Nguyen Nam Phong.
L’avvocato di Binh, Ha Huy Son, ha spiegato all’Associated Press che il blogger «E’ stato condannato per aver abusato delle libertà democratiche, per aver violato gli interessi dello Stato, dell’organizzazione e del popolo e per essersi opposto ai funzionari in servizio». Binh si è dichiarato innocente e ha chiesto una riduzione della pena e i suo avvocato ha detto che «Il processo è stato condotto senza prove e obiettività ed è stato imposto»
Secondo l’Associated Press la colpa di Bihn sarebbe stata quella di aver trasmesso in diretta si internet la marcia di protesta dei pescatori che volevano presentare una denuncia sullo sversamento e durante questo livestream su Facebook nel febbraio 2017, Binh avrebbe detto che i pescatori sono stati fermati e picchiati dalle autorità. Binh di fronte alla corte non ha negato di averlo fatto, ma ha fatto notare che non poteva aver commesso un crimine, perché quello che ha detto era vero. La Corte ha risposto che i suoi commenti erano falsi e diffamatori.
Secondo la Reuters Binh aveva guidato una serie di proteste contro la pessima gestione del disastro ambientale da parte del governo di Hanoi. E’ la stessa Reuters a far notare che «Nonostante le radicali riforme economiche e la crescente apertura verso il cambiamento sociale, compresi i diritti dei gay, delle lesbiche e dei transgender, il Partito Comunista al governo in Vietnam mantiene una stretta censura sui media e non tollera le critiche».
La condanna a 14 anni di carcere per il 35enne Binh è una delle più dure mai inflitte a un attivista vietnamita, peggiore di quella comminata un anno fa a un altro importante blogger, Nguyen Ngoc Nhu Quynh, conosciuto come “Me Nam” (Mamma fungo), condannato a 10 anni di carcere per «aver condotto propaganda contro lo Stato». Me Nam scriveva da anni di temi ambientali e di diritti umani vietnamiti, ma l’incidente della Formosa Ha Tinh Steel ha attirato l’attenzione del governo sul suo lavoro. A novembre uno dei suoi avvocati è stato radiato per aver lavorato con imputati che il Partito comunista vietnamita considera dissidenti. Sempre a novembre, un giovane blogger, Nguyen Van Hoa è stato condannato a 7 anni di prigione e 3 anni di arresti domiciliari per «aver diffuso propaganda contro la Repubblica socialista del Vietnam». E da notare che in tutti i casi i condannati chiedono più giustizia, uguaglianza e rispetto dei diritti dei lavoratori in un Paese che si definisce socialista e guidato da un Partito che si definisce comunista.
Secondo l’avvocato Son, che ha difeso molti altri attivisti per i diritti umani e ambientali, «Le sentenze sono e sempre più severe, forse a causa degli interventi più deboli da parte di esterni e stranieri, e anche perché i detentori del potere pensano che questa sentenza possa avere un effetto deterrente». Il Dipartimento di Stato Usa si è limitato a dichiarare di essere «profondamente turbato» dalle condanne contro Binh e Phong e ha aggiunto che «La tendenza ad aumentare gli arresti, le condanne e le pene severe di attivisti pacifici dall’inizio del 2016 è molto preoccupante». Ma gli Usa da ex nemico del Vietnam sono diventati il principale partner economico di Hanoi.
Il governo comunista vietnamita teme il rafforzarsi e la politicizzazione di un’opposizione che per ora è soprattutto sociale: ha appena dichiarato terrorista un gruppo di vietnamiti che vivono negli Usa e che si dichiarano ancora fedeli allo Stato fantoccio del Vietnam del Sud, spazzato via dai vietcong nella guerra contro gli Usa, e a gennaio sono state arrestate 4 persone che avevano innalzato la vecchia bandiera sudvietnamita gialla con tre strisce rosse. Recentemente 8 persone sono state condannate all’ergastolo per aver diffuso la propaganda contro lo Stato.
Probabilmente Binh è stato individuato come un possibile catalizzatore della crescente protesta contro l’ineguaglianza, i bassi salari e l’inquinamento. Infatti, oltre ad occuparsi di ambiente, nel 2015 aveva invitato la gente ad unirsi in un “sindacato indipendente” e il sito web di notizie locali Baonghean (Nghe An Newspaper) ha detto che questa accusa faceva parte dei documenti presentati al processo contro di lui.
Intanto, le conseguenze dello sversamento chimico del 2016 continuano a farsi sentire. secondo Radio Free Asia, alla fine del mese scorso circa 100 abitanti della provincia di Quang Binh, nel Vietnam centrale, hanno organizzato diversi giorni di proteste per le compensazioni lente e inadeguati e per i mezzi di sussistenza che sono stati distrutti dallo sversamento. Ma sarò difficile che il governo si schieri dalla loro parte: la stessa settimana, la Nikkei Asian Review ha riferito che la Formosa Ha Tinh Steel Company prevede di raddoppiare entro quest’estate le capacità produttive del suo impianto vietnamita che ha provocato il disastro ambientale.