I postumi del neocolonialismo
Libia, o del nuovo Vietnam arabo nel Mediterraneo
Liberi tutti: dal Paese scappano anche americani e francesi
[28 Luglio 2014]
Dopo la chiusura dell’ambasciata americana in Libia e la fuga di tutto il personale da Tripoli in Tunisia, in una scena che sa molto di Vietnam mediterraneo, anche l’altra protagonista della “liberazione” della Libia dal regime di Muammar Gheddafi, la Francia, ieri ha chiesto ai suoi residenti di abbandonare il Paese nordafricano, seguita o preceduta alla chetichella dai Paesi della “coalizione dei volenterosi” che bombardò Tripoli e annientò le truppe fedeli a Gheddafi, aprendo la strada alle milizie, armate dall’Occidente e dal Qatar e dall’Arabia Saudita, che ora stanno sprofondando la nostra ex colonia nel caos più sanguinoso, in una rete inestricabile di conflitti tribali e fondamentalisti che ha annientato l’esistenza stessa della Libia come Stato e seccato i rifornimenti petroliferi e gasieri per i quali anche il nostro Paese, con in testa il tragicomico ministro della guerra La Russa, aveva accettato di partecipare alla cacciata dell’amico e alleato Gheddafi, fresco reduce al baciamano di Berlusconi e dagli attendamenti beduini romani.
Le nuove e frettolose elezioni, che nell’intenzione degli occidentali avrebbero dovuto almeno consentire una tregua nei combattimenti tra golpisti filo-occidentali-ex-Gheddafiani e milizie integraliste islamiche e indipendentisti della Cirenaica, hanno invece fatto da detonatore della santabarbara piena di armi e odio, avidità e petrolio nella quale l’intervento occidentale ha trasformato la Libia.
Dal 13 luglio i combattimenti tra le milizie rivali per il controllo dell’aeroporto di Tripoli hanno fatto almeno 100 morti, e a Bengasi nelle ultime ore sono più di 40 le vittime nella guerra tra soldati e miliziani “laici” e i gruppi islamisti. Ieri, dopo due settimane di scontri, le milizie rivali, delle quali è praticamente impossibile capire l’appartenenza “ideologica”, si combattevano ancora per il possesso dei quartieri a sud della capitale della Libia. I pozzi di petrolio e di gas sono ormai da tempo in mano a milizie tribali che trattano direttamente con le compagnie petrolifere.
La fuga del personale dell’ambasciata americana sembra essere stato il segnale del liberi tutti: il ministro degli Esteri tedesco ha detto che «la situazione è estremamente imprevedibile e incerta». Da par suo la Gran Bretagna ha chiesto a tutti i suoi cittadini di «partire subito con mezzi privati», sconsigliando a chiunque di andare in Libia; Italia, Olanda, Belgio, Turchia, Spagna, Malta hanno fatto altrettanto. La Libia è quindi stata di fatto abbandonata dai “liberatori” del 2011 nelle mani delle milizie che fronteggiano un governo debolissimo fino all’inesistenza, che praticamente non controlla più nessuna area del Paese.
E’ la replica dello scenario afghano e irakeno, che si diceva di voler evitare assolutamente e che invece è esattamente quello che hanno prodotto i maldestri, costosi e sanguinosi interventi occidentali per esportare la democrazia.
Gli occidentali non sono non sembrano aver imparato nulla, ma riproducono schizofrenicamente lo stesso perverso meccanismo sperimentato per la prima volta in Afghanistan e poi in Iraq e Siria: proclamata necessità di abbattere regimi “laici” (il governo comunista afghano) o nemici o improvvisamente diventati tali (Saddam Hussei o Bashir al Assad); armi, addestramento e finanziamenti alle milizie islamiche prima antisovietiche e poi nemiche dei regimi nazional-socialisti; abbattimento con interventi diretti o pilotati delle dittature; tentativo di eleggere governi democratici con elezioni addomesticate o caotiche; ribellione delle milizie islamiche che attaccano sia i nuovi regimi che gli occidentali che le hanno armate; abbandono del Paese “conquistato” da parte delle truppe occidentali; aumento del caos e conquista di ampi territori da parte degli estremisti islamici; Stati “liberati” che si trasformano in entità fantasma, frantumati in entità tribali, etniche e religiose. La tragica ricetta è completa.
Visto che la cosa si ripete da anni sempre uguale, sembra quasi una studiata strategia del caos per trasformare il Medio Oriente in una terra di nessuno dove è possibile scatenare impunemente guerre come quella che sta seminando Gaza di bambini e donne morti tra le macerie delle case bombardate. Ma molto più probabilmente si tratta della completa incapacità delle cancellerie occidentali di sapersi ormai rapportare al mondo arabo e islamico se non con il linguaggio della forza, pensando che il caos e il sangue siano endemici in Paesi non riconducibili alla “ragione”. Un regalo ideologico immenso all’islamismo radicale, una sconfitta politica e militare che l’Italia sta pagando con la fuga biblica dei poveri cristi che provano a lasciarsi alle spalle guerre che abbiamo contribuito a scatenare e che approdano (quando ce la fanno) sulle nostre coste come migranti.
E’ la stessa politica che la nostra ministra degli Esteri, candidata non molto gradita a ricoprire il ruolo di alto rappresentante della politica estera dell’Ue, dice che è il faro del governo Renzi, e che non ha alternativa.
Mentre la Libia, la Siria, l’Iraq e Gaza bruciano la imperterrita politica estera italiana è quella della fuga e della negazione delle nostre enormi responsabilità, dell’essersi trasformato da Paese che aveva una precisa politica mediorientale nell’esecutore dei maldestri ordini di Washington, Londra e Parigi, che anno fatto terra bruciata dei movimenti democratici e progressisti del mondo arabo.
Siamo riusciti a far rimpiangere alla Libia e al mondo un folle aguzzino come Gheddafi, mentre le fiamme delle guerre civili libiche lambiscono le nostre coste con i profughi gestiti dai mercanti di carne umana che sono protetti dalle milizie che abbiamo armato, la nostra ex colonia e il Medio Oriente sono il campo di battaglia per l’estremismo islamista che volevamo annientare, e la democrazia che volevamo esportare è la sanguinosa maschera di un fallimento che la storia giudicherà con severità, come un nuovo vergognoso Vietnam della furbizia neocolonialista occidentale.
Solo che dall’altra parte non ci sono i comunisti, sconfitti o convertiti al turboliberismo, ma i califfati senza misericordia e le nere bandiere della jihad armata internazionale.