Un’altra regione ha fatto ricorso contro trivellazioni offshore e “Sblocca Italia”
[14 Gennaio 2015]
Mentre la Croazia dà il via libera alle multinazionali, compresa Eni, per trivellare i fondali dell’Adriatico alla ricerca di petrolio e gas, sull’altra sponda dell’Adriatico, dopo la Puglia, anche la Regione Marche comunica di aver «presentato ricorso alla Corte costituzionale contro gli articoli 37 e 38 del DL 133/2014 (il cosiddetto Sblocca Italia), che riguardano misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale e quelle per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali». Lo ha deciso la Giunta regionale, dando così seguito ad una mozione approvata dal Consiglio regionale.
Il presidente della Regione, Gian Mario Spacca (PD) sottolinea: «Lo avevamo annunciato e abbiamo mantenuto l’impegno La parte dello Sblocca Italia relativa alle misure per l’approvvigionamento del gas naturale contrasta con il titolo V della Costituzione. Di nuovo, dunque, un tentativo di ricentralizzare competenze delle Regioni, in un settore, per di più, di particolare importanza e delicatezza per le comunità locali. Per quel che riguarda l’Adriatico stiamo parlando di un mare semichiuso e con un lento
ricambio delle acque; un’area dall’ecosistema molto sensibile e che sta puntando con grande determinazione, rafforzata dalla nascita della Macroregione adriatico ionica, sulla crescita turistica legata all’ambiente e al paesaggio. Impensabile che su tematiche come la produzione, il trasporto e la distribuzione dell’energia il parere e l’intesa delle Regioni, previsti dalla nostra Costituzione, non vengano tenuti nella debita considerazione».
Infatti, gli articoli 37 e 38 dello Sblocca Italia attribuiscono al Ministero dello Sviluppo economico il compito di predisporre un piano delle aree in cui sono consentite le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale senza prevedere la necessaria acquisizione dell’intesa con la Regione interessata.
La regione Marche ricorda che «è inoltre previsto che venga richiesta alla Regione la necessaria intesa al rilascio del titolo concessorio unico per le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi solo se tali attività si svolgono sulla terraferma e non anche in mare. In questo modo si ledono le competenze legislative regionali previste dall’articolo 117 della Costituzione in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, oltre che quelle di governo del territorio, nonché le competenze amministrative delle Regioni in base al principio di sussidiarietà stabilito nell’articolo 118 della Costituzione».
Sono naturalmente soddisfatti associazioni ambientaliste e comitati, già il 10 novembre 2014 Fai, Greenpeace, Legambiente, Mare Vivo e Wwf, avevano inviato una lettera-appello a tutti i Governatori Regionali per invitarli a contrastare questa scelta, e Luigino Quarchioni e Francesca Pulcini, rispettivamente presidente e vicepresidente di Legambiente Marche, avevano commentato positivamente la decisione del consiglio regionale di ricorrere contro lo “Sblocca Italia”: «Un ritorno alle trivelle? Sarebbe una trama adatta ad un film di inizi 900. Non possiamo ignorare la svolta energetica che sta vivendo il nostro Paese, le Marche comprese, un cambiamento che vede protagoniste le energie rinnovabili, la produzione diffusa e il risparmio energetico. Inoltre, siamo convinti che il futuro di questo territorio sia fatto di qualità ambientale per la crescita dell’economia, del turismo, dell’agricoltura di qualità e delle produzioni tipiche. Inoltre, una nuova, ma vecchia nelle prospettive, stagione delle trivellazioni petrolifere contrasta con gli orizzonti delineati dalla Macroregione Adriatico-Ionica. Per rendere le Marche più competitive e capaci di futuro, la scelta delle trivellazioni non solo è sbagliata ma fortemente dannosa. Questa scelta scellerata del Governo ci riporterebbe troppo indietro rispetto all’innovazione che anche questa Regione sta vivendo».
Il contrasto tra istituzioni riguardante la politica energetica e di estrazioni di idrocarburi è sempre più evidente: il 7 gennaio in Sicilia l’ Associazione Nazionale dei Comuni Italiani regionale si è schierata con le associazioni ambientaliste nel presidio contro le trivellazioni davanti alla Regione Siciliana, che fino ad ora non si è schierata con le Regioni che hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale o sono pronte a farlo. Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che è anche presidente di Anci Sicilia, ha detto che «l’Anci, assieme ad alcuni Comuni della costa sud della regione, ha anche aderito al ricorso presentato in sede amministrativa contro i provvedimenti del governo nazionale».
Il governo sembra in evidente imbarazzo, a partire dal PD che vede Regioni che amministra ricorrere contro quello che è stato ribattezzato “Sblocca Italia”, ma a rispondere è stato il ministro dell’interno Angelino Alfano, presidente del Nuovo Centro-destra che, insieme ai ministri di Scelta Civica (o meglio di quel poco che ne resta) è la forza politica che più appoggia le trivellazioni comunque ed ovunque. Ma Alfano è anche siciliano e sa quanto la materia stia diventando esplosiva nel suo collegio elettorale, quindi, durante un’audizione in Commissione antimafia, ha sottolineato che «Si tratta di una materia molto complessa che investe lo stesso tema dell’Autonomia siciliana, la Regione non può privarsi di questa materia energetica, deve avere spalle larghe e anche fare, se serve, un negoziato forte con lo Stato. In quel caso mi troverà dalla parte giusta».