I migranti sono una risorsa per i Paesi “vecchi” e ricchi. Parola di Banca Mondiale
Le ripercussioni della demografia su migrazione, povertà e sviluppo
[9 Ottobre 2015]
Mentre un numero senza precedenti di migranti provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente cerca di raggiungere l’Europa, il nuovo rapporto “Global Monitoring Report 2015/2016: Development Goals in an Era of Demographic Change” di Banca Mondiale e FMI dimostra che «le migrazioni su vasta scala dai Paesi poveri verso le reioni ricche saranno una costante dell’economia mondiale per i decenni a venire, a causa degli importanti movimenti di popolazione tra Paesi.
BM e FMI dicono che «Il mondo oggi conosce degli importanti movimenti di popolazione che condizioneranno lo sviluppo economico durante i prossimi decenni e che, pur ponendo delle sfide, propongono una via per la riduzione della povertà e la condivisione della prosperità, se verranno messe in atto buone politiche a livello nazionale e internazionale».
Il rapporto fa notare che «La parte della popolazione in età lavorativa ha raggiunto il suo picco al 66% ed è adesso in declino. La crescita della popolazione mondiale di più del 2% negli anni ’60 dovrebbe rallentare fino all’1 %. La proporzione di persone anziane dovrebbe quasi raddoppiare, per raggiungere il 16% nel 2050 e il numero totale di bambini si stabilizzerà a 2 milliardi».
Direzione e ritmo di questa transizione demografica mondiale variano considerevolmente da Paese a Paese ed hanno conseguenze diverse a seconda della posizione che un Paese indica nella classifica dell’invecchiamento (dove l’Italia è seconda subito dopo il Giappone) e dello sviluppo economico (dove l’Italia resta tra i Paesi sviluppati), ma il rapporto sottolinea che «Tutti i Paesi, qualunque sia la loro diversità e il loro stadio di sviluppo, possono sfruttare questa transizione demografica come importante opportunità di sviluppo».
Ne è convinto anche il presidente del Gruppo della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, che ha sottolineato: «Se vengono messe in campo delle politiche adeguate, questa era di cambiamento demografico può essere un motore di crescita economica. Se i Paesi con popolazioni in invecchiamento trovano i modi di far partecipare i rifugiati ed i migranti alla loro economia, tutto il mondo ne beneficerà. Tutto sembra dimostrare che I migranti non esitano a lavorare duro e che le tasse che pagano compensano ampiamente i servizi sociali che consumano».
Più del 90% della povertà mondiale si concentra nei Paesi a basso reddito, con popolazione giovane e in rapida crescita. In questi Paesi la popolazione in età lavorativa aumenterà significativamente in un mondo nel quale la disoccupazione giovanile, nonostante una recente inversione di tendenza, continua a crescere. Nello stesso tempo, oltre tre quarti della crescita mondiale viene prodotta nei Paesi ad alto reddito (come l’Italia) che registranpo però tassi di fecondità molto bassi, una diminuzione delle persone in età lavorativa e un numero crescente di anziani.
La direttrice generale dell’FMI Christine Lagarde, che non è certo una di quei comunisti che ormai vivono solo nella mente di Salvini e della Meloni, rammenta a tutti che «Per gli anni a venire, i cambiamenti demografici analizzati in questo rapporto porranno delle sfide fondamentali ai decisori politici in tutto il mondo. Sia che si tratti delle implicazioni del continuo invecchiamento delle popolazioni, delle azioni da prendere per beneficiare di un dividendo demografico o della gestione dei flussi migratori, questi problemi sono al centro dei dibattiti politici nazionali e del dialogo internazionale sulla maniera migliore di collaborare per gestire queste diverse pressioni».
A livello nazionale, i governi dei Paesi “giovani” possono massimizzare i vantaggi della demografia «investendo nella salute e nella salute, al fine di massimizzare le competenze e le prospettive di lavoro per la gioventù», dice il rapporto. Invece, i Paesi “vecchi” «dovrebbero consolidare i vantaggi economici stimolando la produttività e proteggere le persone anziane rafforzando i sistemi di protezione sociale ed altri strumenti di aiuto sociale». E, tanto per far capire come funzionano le cose ai liberisti de’ noantri, BM e FMI sottolineano che «A livello mondiale, a liberalizzazione dei flussi transfrontalieri del commercio, degli investimenti e delle persone può aiutare a gestire gli squilibri demografici. I Paesi possono beneficiare di un primo dividendo demografico quando la manodopera cresce proporzionalmente alla popolazione, apportando allora una potente accelerazione alla crescita. Con l’accrescimento della produzione e delle risorse risultante dalla modificazione della piramide delle età, è possibile un secondo dividendo perché il risparmio si accumula e l’investimento aumenta».
Mentre i Paesi a basso reddito possono aspettarsi una crescita più forte per la loro popolazione in età lavorativa, molti tra questi Paesi sono sconvolti da guerre e guerriglie o da una fragilità che riduce i vantaggi attesi e il rapporto indica che «con la forte fecondità e la crescita della sua popolazione, l’Africa sub-sahariana ospiterà una arte importante dei bambini e delle persone in età lavorativa nei prossimi decenni».
Il vicepresidente ed economista capo della Banca Mondiale, Kaushik Basu, riporta tutto all’attualità: «Come ci ricordano le immagini shoccanti delle famiglie che fuggono disperatamente dalla guerra, dei numerosi migranti che lasciano la loro casa a causa dei conflitti, dell’instabilità o dell’assenza di opportunità economiche nei loro Paesi, mentre numerosi rifugiati si spostano verso i Paesi ricchi, i flussi demografici verso i Paesi a basso e medio reddito sono molto più grandi e spesso sottostimati. Creare delle opportunità economiche nei Paesi nei quali la percentuale dei giovani aumenta contribuirà alla loro stabilità ed al loro sviluppo economico e aiuterà ad abbassare il ro tasso di fecondità , il che contribuirà ad accelerare la loro crescita».
I Paesi sottosviluppati e con un livello di fecondità elevato, come il Niger, vengono classificati tra i Paesi in situazione di pre-dividendo e, secondo il rapporto, avrebbero un vantaggio dal miglioramento delle cure mediche e dell’insegnamento, che contribuirebbero ad abbassare il tasso di fecondità ed ad accelerare la transizione verso un aumento della quota di persone in età lavorativa.
I Paesi in una situazione di dividendo precoce, nei quali il tasso di fecondità è già basso ma che hanno ancora una popolazione giovane, come l’Etiopia, potrebbero avere vantaggi da un’accelerazione della creazione di posti di lavoro. L’aumento della manodopera è legato alla crescita: «un aumento di un punto percentuale della popolazione in età lavorativa può tradursi in un aumento che può andare fino a due punti di percentuale di PIL per abitante».
Nei Paesi in situazione di dividendo tardivo, come il Brasile, dove la percentuale di popolazione in età lavorativa è in diminuzione, il dinamismo economico rischia il declino e, quindi, bisognerebbe che i governi incoraggiassero il risparmio a favore di investimenti produttivi, la partecipazione delle donne nella popolazione attiva e il rafforzamento dei sistemi di protezione social.
Per quanto riguarda i Paesi in situazione di post-dividendo, dove la popolazione attiva è in calo e quella anziana aumenta, come il Giappone e l’Italia, FMI e BM dicono che «dovrebbero portare a termine le riforme in corso dei sistemi sanitari e delle pensioni e prendere delle misure supplementari miranti a rafforzare la partecipazione e la produttività della manodopera».
In un allegato, il rapporto fornisce una buona notizia: La diminuzione del numero di persone che vivono al di sotto della soglia mondiale della povertà, cioè color che sopravvivono co 1,9 dollari o meno al giorno. Nel 2015 i poverissimi sarebbero il 9,6% della popolazione mondiale, con una diminuzione di 200.000 di persne in estrema povertà rispetto al 2012.
Ma FMI e BM dicono anche che la crescita mondiale sta nuovamente rallentando, passando dal 3,4% del 2014 al 3,1% del 2015, a causa del rallentamento della crescita in diversi Paesi emergenti, a cominciare dalla Cina. Però la crescita dovrebbe risalire al 3,6% nel 2016, grazie alla ripresa nelle economie avanzate, ad iniziare dagli Usa, e dal riassestamento economico in diversi Paesi emergenti ed in via di sviluppo.