Migranti: 38 milioni di sfollati interni nel 2014. Mai così tanti nel mondo
Ogni giorno 30.000 persone costrette a fuggire dalle loro case
[7 Maggio 2015]
Il rapporto “Global Overview 2015 People internally displaced by conflict and violence”, pubblicato di Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) e Norwegian Refugee Council (Nrc), spiega che l numero di persone sfollate all’interno dei loro stessi Paesi (Internally displaced persons – Idp) a causa dei conflitti e delle violenze «E’ letteralmente esploso, raggiungendo 38 milioni, l’equivalente delle popolazioni di Londra, New York e Pechino messe insieme», 4,7 milioni più che nel 2013, il 15% in più sul totale degli sfollati.
Iraq, Sud Sudan, Siria, Repubblica democratica del Congo (Rdc) e Nigeria da soli totalizzano il 60%dei nuovi sfollati. I civili irakeni sono stati quelli che hanno pagato il tributo più pesante: 2,2 milioni di persone hanno dovuto scappate dalle loro case. Almenno 7,6 milioni di siriani (circa il 40 % della popolazione della Siria) sono sfollati, si tratta della cifra più elavata mai registrata a livello mondiale in un singolo Paese. In Nigeria la campagna di terrore scatenata dagli islamisti di Boko Haram per prendere il controllo del territorio ed imporre la legge islamica nel nord-est del Paese ha costretto alla fuga centinaia di migliaia di civili. In Sud Sudan i sanguinosi combattimenti tra le fazioni tribali/politiche hanno costretto alla fuga 1,3 milioni di persone. La violenza nella Rdc orientale ha fatto un altro milione di profughi interni.
Ma c’è una terribile novità anche per l’Europa: per la prima volta dopo 10 anni dalle guerre nella ex Yugoslavia – il nostro continente è stato teatro di massicci spostamenti forzati di popolazioni provocati dalla guerra in Ucraina: 646.500 persone hanno abbandonato le loro case nel 2014.
Il segretario generale dell’Nrc, Jan Egeland, ha sottolineato che «Queste cifre riguardanti gli spostamenti forzati, le peggiori mai registrate in una generazione, tradiscono la nostra più totale incapacità di proteggere i civili innocenti». Infatti il rapporto non solo evidenzia che i profughi interni hanno raggiunto un nuovo record per il terzo anno consecutivo, ma anche che «11 milioni di persone hanno dovuto fuggire da episodi di violenza nel 2014» ed Egeland constata amaramente che «I diplomatici di tutto il mondo, gli accordi di cessate il fuoco, i colloqui di pace e le risoluzioni delle Nazioni Unite hanno perso la battaglia contro degli uomini armati spietati, mossi da interessi politici o religiosi piuttosto che da imperativi umani. Questo rapporto costituisce un vero segnale di allarme. Dobbiamo assolutamente invertire questa tendenza che vede milioni di uomini, donne e di bambini presi in trappoala ai quattro angoli del mondo».
Non sorprende che il Medio Oriente e il Nord Africa abbiano avuto il maggior numero di nuovi sfollati arrivati nel 2014 a quasi 12 milioni, il 31% del totale mondiale e intanto nel 2015 sono aumentati i profughi interni ed esterni in Iraq, Libia e Yemen.
In Africa centrale ci sono milioni di sfollati interni e il 2014 ha visto fortissimi aumenti in Burundi, Repubblica Centrafricana, Ciad, Rdc Sud Sudan e Sudan.
La lunga guerra civile in Colombia è responsabile della maggior parte dei 7 milioni di profughi interni dell’America Latina, ma nuovi sfollati vengono segnalati in El Salvador, Guatemala, Honduras e Messico, persone che fuggono dalle violenze legate al traffico di droga ed ai cartelli criminali.
L’unica area a ostrare un piccolo calo è il sud-est asiatico, grazie al minor numero di episodi di violenza in Myanmar e nelle Filippine, i Paesi con le maggiori concentrazioni di sfollati.
Molti dei nuovi sfollati sono causati da gruppi armati, come Stato islamico/Daesh in Medio Oriente e Boko Haram in Africa occidentale, oppure dalle forze separatiste come in Ucraina e dalle bande criminali in America Latina. «Gli odierni conflitti armati mettono i civili in pericolo come mai prima», dice il rapporto.
Volker Türk, alto commissario assistente dell’Unhcr incaricato della protezione, ha messo in guardia sul fatto che «Il numero impressionante di persone sfollate all’interno dei loro stessi Paesi dai conflitti e dalla violenza non è che il preludio di nuovi movimenti di popolazioni. Sappioamo che sempre più Idp sono costretti a fuggire a più riprese. Più un conflitto perdura, più cresce il sentimento di insicurezza e, quando aumenta la disperazione, molti decidono di passare la frontiera, diventando così dei rifugiati. Come dimostra la recente attualità, in particolare i drammi avvenuti nel Mediterraneo, l’angoscia spinge questa gente ad intraprendere, a rischio della loro vita, dei pericolosi peripli in barca. La soluzione più logica sarebbe quella di fare di tutto per riportare la pace nei Paesi devastati dalla guerra».
Ogni anno ci sono sempre più sfollati e sempre più persone non torneranno mai nelle loro case, quindi cercano di integrarsi nelle comunità ospitanti o di stabilirsi altrove, anche dopo anni di spostamento. Come dimostra il dramma del popolo palestinese, più a lungo sono sfollati e meno aiuto ed attenzione ricevono da parte dei donatori, dei media e della comunità umanitaria e il più è probabile che debbano fuggire più volte. Il rapporto rivela l’allarmante numero degli sfollati di lunga durata: nel 2014 le persone sfollate da più di 10 anni sono state censite in circa il 90% dei 60 Paesi e territori oggetto dell’indagine Idmc.
E’ il meccanismo – inarrestabile checché ne dica Salvini – che sta portando una minima parte di questi disperati verso l’Europa. Donne e bambini tendono a fuggire prima ed a restare sfollati più a lungo rispetto agli uomini, che spesso restano indietro a combattere o a proteggere la casa di famiglia. Le donne e le ragazze sono particolarmente vulnerabili alle difficoltà derivanti dallo spostamento
Il direttore dell’Idmc, Alfredo Zamudio, spiega: «Nella misura in cui scoppiano nuove crisi, o i conflitti degenerano in Paesi come l’Ucraina o l’Iraq, numerose persone vanno a gonfiare i ranghi della importante popolazione mondiale di sfollati che non hanno potuto porre rimedio durevolmente alla loro situazione. La maggior parte hanno dovuto fuggire dalle loro case numerosi anni fa, in particolare in Azerbaigian o a Cipro. Così, il semplice fatto di essere sfollato sprofonda spesso l’individuo in un circolo vizioso nel quale per lui è sempre più difficile uscire mano a mano che il tempo passa».
Il rapporto mostra anche che gli spostamenti delle popolazioni mettono in luce i problemi strutturali dei Paesi colpiti che possono prolungarsi per l’effetto della politicizzazione deliberata di questi problemi da parte dei governi o per il rifiuto delle autorità nazionali a partecipare alla risoluzione della crisi. L’agenzia stampa umanitaria dell’Onu Irin sottolinea che «Il rapporto probabilmente sottovaluta la reale portata dei profughi a causa delle difficoltà e delle differenze nel modo in cui i dati sugli sfollati sono raccolti da Paese a Paese. Chi vive nei campi e che può essere più facilmente contato rappresenta solo una minima parte della popolazione sfollata. La maggior parte si attesta nelle aree urbane dove diventano in gran parte invisibili».
Egeland. Conclude:«38 milioni di esseri umani soffrono, spesso in condizioni orribili, senza avere speranza né prospettive per l’avvenire e se non rivediamo radicalmente il nostro approccio. Le onde d’urto generate dai conflitti che agitano il pianeta continueranno a perseguitarci ancora per decenni».