Nel 2013 boom mondiale delle notizie ambientali, ma in Italia non ce ne siamo accorti
Geopolitica, energia, materie prime: le storie sull’ambiente come punto di raccordo per tutte le altre
[3 Gennaio 2014]
Visto dal nostro sempre più provinciale osservatorio italiano non sembrerebbe, ma nel 2013 sui media mondiali la copertura delle notizie ambientali e sul cambiamento climatico ha fatto un balzo avanti del 30% rispetto al 2012, con molti più giornalisti che si sono occupati di temi legati all’ambiente e all’aumento delle emissioni di gas serra. E’ quanto emerge da un’analisi scolta da Douglas Fischer per The Daily Climate che segnala «un forte rimbalzo dalla crisi post-2009».
A tirare sono state soprattutto le questioni energetiche: fracking, oleodotti, sabbie bituminose e gli eventi meteorologici estremi in tutto il mondo, mentre le notizie e gli approfondimenti legati ai flussi di materia rimangono purtroppo ancora indietro. La crescita del 30% delle notizie ambientali segna così la fine di un calo di attenzione verso il cambiamento climatico durato tre anni.
The Daily Climate ha aggregato 24.000 articoli, notizie, opinioni ed editoriali sul cambiamento climatico pubblicati nel 2013 dai mezzi di comunicazione “mainstream” a livello globale, siamo ben al di sopra del record negativo di 18.546 articoli del 2012, ma ancora al di sotto della media record dal 2007-2009, con quasi 29.000 notizie ambientali all’anno.
David Sassoon, editore di Inside Climate News, il sito che ha vinto il Premio Pulitzer, sottolinea: «La questione climatica non è più visto come qualcosa che vive dentro una bolla verde. Sempre più, il cambiamento climatico è intimamente connesso ad ogni maggiore energia e alle storia delle serie climatiche estreme che ci curiamo di osservare. I punti sono finalmente collegati in modo più responsabile, è qualcosa che aspettavamo da lungo tempo».
Alcuni giornali hanno scritto davvero molto di più di questioni climatiche ed energetiche nel 2013 rispetto al 2012: Bloomberg News ha fatto un + 133%, il Globe and Mail ha raddoppiato e USA Today ha incrementato del 48% le sue notizie ambientali, mentre Wall Street Journal, Sydney Morning Herald e Financial Post hanno segnato un +40%. Il New York Times ha invece pagato caro lo smantellamento del suo “green desk” all’inizio del 2013 ed è stato l’unico grande giornale a vedere un calo di notizie ambientali: -10% e solo 883 articoli.
Tra le grandi agenzie di stampa il record positivo per il 2013 tocca alla Reuters, che ha coperto quasi 1.100 notizie “climatiche”; seconda è l’Associated Press con 1.030, seguita da vicino da The Guardian, con 1.025. Una ripresa che è visibile anche su Internet, dove sta crescendo una nicchia di siti specializzati in notizie ambientali che alimenta anche l’aumento complessivo della copertura delle notizie climatiche e gli interventi di esperti.
Sassoon spiega su The Daily Climate: «Il nostro lavoro si è infiltrato in modi che non avremmo mai sognato. Non posso dire che il nostro lavoro abbia avuto una grande influenza sul piccolo aumento del numero grezzo di storie climatiche. Ma per noi è abbastanza evidente che abbiamo cambiato la qualità e la sostanza del discorso nazionale». In particolare in Italia, anche dalla modesta trincea informativa di greenreport.it, è davvero difficile capire quanto l’aumento della copertura delle notizie ambientali abbia davvero cambiato la percezione dell’opinione pubblica e della politica dei rischi del global warming.
Come ricorda Robert Brulle, uno scienziato sociale dell’università di Drexel che ha monitorato la copertura di notizie ambientali scavando negli archivi del Daily Climate, «quando guardiamo ai dati dell’opinione pubblica, è ancora il telegiornale della sera – che ci crediate o no – ad essere ancora il più grande, singolo driver». E qui le notizie sono meno buone, almeno per gli Usa: nel 2013 la copertura delle notizie climatiche è rimasta stabile, con le news serali di Abc, Nbc e Cbs che hanno mandato in onda in media 30 storie, rispetto alle 29 del 2012.
Brulle ha lavorato anche con i media watchers dell’università del Colorado, che hanno tracciato la copertura del cambiamento climatico sui principali quotidiani di tutto il mondo. I dati del team mostrano un calo delle notizie ambientali nei primi cinque giornali degli Usa, ma a differenza dell’analisi di The Daily Climate, la ricerca dei media watchers dell’università del Colorado tiene conto di una notizia solo se include le parole “global warming” o “climate change”: «Quindi una storia tutta sulla politica della Keystone, o sulle lotte di Bill McKibben (fondatore di 350.org) con la Casa Bianca, non verranno mostrate nella nostra ricerca – evidenzia Brulle – Quelle storie sono invece state raccolte dal team di ricercatori a tempo parziale del Daily Climate, che setacciano il web due volte al giorno».
Sempre più giornalisti collegano la sicurezza energetica e l’impatto ambientale con il mondo che cambia, anche se non usano il termine “cambiamento climatico”. Per Jeremy Schulman, Senior project manager del Climate Desk (una collaborazione di diversi media, tra cui Mother Jones, Atlantic, Wired e il Center for Investigative Reporting) «è una storia enorme, va oltre le storie tipicamente ambientali… c’è la sicurezza nazionale, lo sport o l’intrattenimento» e secondo il columnist di Grist David Roberts, «dovrebbe essere trattata come la nuova baseline che ha effetti su tutte le storie».
In effetti il salto in avanti delle notizie ambientali è avvenuto grazie al fatto che la sicurezza delle infrastrutture petrolifere e delle pipeline di gas e greggio è diventata il racconto climatico centrale del 2013, sull’onda del dibattito sul fracking negli Usa in Europa, dello sfruttamento di vasti giacimenti di sabbie bituminose in Canada e delle trivellazioni russe nell’Artico, ma anche delle nuove normative Usa e cinesi sulle emissioni delle centrali a carbone e dell’aumento della domanda di nuovi gasdotti.
A tirare negli Usa e in Canada sono state soprattutto le notizie dei continui incidenti alle condotte petrolifere o i deragliamenti di treni carichi di idrocarburi. Nel 2013 The Daily Climate ha raccolto 1.569 storie legate al clima con la parola “pipeline”, rispetto alle 720 del 2012 ed alle 423 nel 2011. Boom anche per le notizie sul fracking, con 1.680 storie archiviate nel 2013 contro le 629 nel 2012. Un trend riscontrabile anche per i cambiamenti climatici, con le notizie sull’innalzamento del livello del mare e le condizioni climatiche estreme che hanno fatto un balzo di più del 60%, raggiungendo le 2.012.
Nel 2013 è cresciuto anche il numero di giornalisti o di reporting teams che seguono l’ambiente, secondo lo studio di The Daily Climate: «Più di 8.825 hanno scritto sui cambiamenti climatici lo scorso anno. Questo è un balzo del 23% a partire dal 2012», inoltre molti giornalisti inseriscono le notizie sui blog, un fenomeno che The Daily Climate aggrega sporadicamente. Quello che viene fuori è che ci sono sempre più giornalisti noti ed affermati che ormai si sono specializzati in ambiente.
La notizia confortante per noi di greenreport.it è che nel 2013 sono nati in tutto il mondo giornali on-line che ci somigliano molto e che quelli già avviati stanno uscendo dalla crisi ed assumendo giornalisti, anche se la situazione nella nostra nicchia italiana rimane molto diversa.
Christopher Daly, professore di giornalismo alla Boston University, è convinto che «è cambiata l’ecologia di tutto questo settore. Non credo che questo tipo di siti fino a poco tempo siano stati molto più di un fattore». I giornali tradizionali, a volte solo da poco, hanno aggiunto un giornalista che copre l’ambiente ma questo non ha neanche lontanamente la portata o la complessità di quello che si può ora trovare on-line. «Questi siti portano i “traditional outlets” a coprire quelle storie – dice Kate Sheppard, una giornalista ambientale e board member della Society of Environmental Journalists che si concentra su ambiente ed energia all’Huffington Post – Non necessariamente saranno ogni giorno in prima pagina sul New York Times, ma ogni giorno sono una storia da prima pagina per un sacco di persone. E ci sono ogni giorno un sacco di pubblicazioni che le mettono in prima pagina».