Il Parlamento europeo contro lo Stato Islamico. Si torna a chiedere una soluzione politica per la Siria
[18 Settembre 2014]
Una risoluzione del Parlamento europeo approvata oggi condanna le brutali esecuzioni dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff e dell’operatore umanitario David Haines da parte di tagliagole del “Daesh, l’autoproclamato Stato Islamico (IS) che ha occupato gran parte di Siria ed Iraq e contro i quali sono in corso attacchi aerei statunitensi e attacchi di terra da parte dell’esercito irakeno, dei peshmerga e dei guerriglieri del PKK curdi e delle truppe siriane fedeli al regime di Bashir Al Assad Gli eurodeputati chiedono all’Ue di «utilizzare tutti i mezzi possibili per aiutare le autorità nazionali e locali irachene a combattere l’IS, compresa un’adeguata assistenza militare».
Il testo esorta anche la comunità internazionale a tagliare le risorse dell’IS, e qui il riferimento al finanziamento ai gruppi integralisti alle milizie radicali islamiste da parte di Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Qatar sembra evidente, così come la necessità di fermare il mercato nere di petrolio da parte dello Stato Islamico, ma dopo mesi l’europarlamento torna anche a chiedere «Una soluzione politica del conflitto siriano», che non potrà esserci senza il coinvolgimento del regime di Assad, della Russia e dell’Iran.
Secondo l’Europarlamento, «La creazione e l’espansione territoriale del “califfato islamico”, e le attività di altri gruppi estremisti in Iraq e Siria, sono una minaccia diretta per la sicurezza dei paesi europei,. Nel lungo periodo, solo una vera soluzione politica del conflitto siriano potrebbe contribuire a neutralizzare la minaccia».
La risoluzione chiede anche che «Non sia garantita alcuna impunità per i responsabili di attacchi contro obiettivi civili o l’uso di esecuzioni e violenze sessuali in Iraq e Siria. Attaccare civili a causa della loro appartenenza etnica o politica, religione o sesso può costituire un crimine contro l’umanità».
Per bloccare il flusso di risorse finanziarie e materiali alle milizie del Daesh, i i deputati europei chiedono che «L’embargo sulle armi e il congelamento dei beni delle Nazioni Unite sia applicato in modo più efficace. L’Ue dovrebbe inoltre imporre sanzioni contro i commercianti in petrolio estratto in zone controllate dall’IS e tagliare i flussi finanziari che permettono all’organizzazione di fare affari e sfruttare paradisi fiscali».
Il Parlamento europeo ha anche approvato le decisioni di singoli Stati membri di fornire materiale militare a governo semi-indipendente del Kurdistan irakeno e invita gli Stati che lo hanno fatto, Italia compresa, a coordinare gli sforzi.
Gli eurodeputati accolgono con favore anche l’impegno preso dagli Stati Uniti di costituire una coalizione internazionale contro l’IS e la decisione della Lega Araba di cooperare con la comunità internazionale nell’affrontare i militanti islamisti in Siria e in Iraq.
Forse l’europarlamento avrebbe fatto bene ad accorgersi prima di quanto stava succedendo tra l’Iraq e la Siria dopo che occidentali e monarchie sunnite del Golfo avevano deciso di appoggiare qualsiasi gruppo armato, compresi quelli notoriamente vicini ad Al Qaeda, pur di far fuori la dittatura baathista di Assad in Siria.
Ma è comunque importante che finalmente i deputati europei si siano resi conto che, ancora una volta, l’appoggio finanziario e la fornitura di armi all’islamismo radicale ha finito per mettere in pericolo le minoranze etniche e religiose, visto che dicono che la loro salvaguardia e quella di tutti i cittadini costretti a fuggire dalle loro case «Deve essere il fine ultimo di tutti gli attori regionali e dell’Ue». Esprimere tutto il «sostegno per tutte le vittime dell’intolleranza religiosa e dell’odio» è cosa buona e giusta, ma sarebbe meglio se le armi impugnate dai tagliagole di giornalisti e volontari e dai seminatori di odio che perseguitano Kurdi, yazidi, turcomanni e cristiani non fossero made in West e pagate con il greggio delle petro-monarchie sunnite e con quello contrabbandato probabilmente attraverso un Paese Nato come la Turchia, che magari va a finire in Israele…