Discarica, il Tar: Via non è mera verifica di natura tecnica
[25 Giugno 2013]
La valutazione di impatto ambientale (Via) implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa opzione zero. Dunque non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera. Ma sembra più un provvedimento con cui è esercitata funzione di indirizzo politico-amministrativo.
Lo ricorda il Tribunale amministrativo regionale delle Marche (Tar) – con sentenza 6 giugno 2013, n. 418 – in riferimento alla Via negativa e al non rilascio dell’Autorizzazione intergrata ambientale (Aia) per la realizzazione di una discarica per rifiuti non pericolosi in Località Campo di Bove nel Comune di Appignano.
La Regione ha ritenuto che mancasse un concreto fabbisogno per la realizzazione della discarica. Una valutazione che – a parere della ditta interessata alla costruzione dell’impianto – ha indotto la Regione a ritenere non necessaria e, pertanto, non di interesse pubblico la discarica. Inoltre sempre secondo la ditta il progetto è stato valutato negativamente per il solo fatto che la realizzazione dell’intervento produrrebbe un qualche impatto ambientale. Il procedimento di Via sarebbe stato sbilanciato più su ragioni di mera opportunità e non su criticità ambientali. Il tutto fatto in violazione della previsione normativa (del DPCM 27.12.1988) secondo cui non può essere negata la Via per il contrasto dell’intervento con gli strumenti programmatori.
Inoltre – sempre secondo la ditta – la Regione avrebbe illegittimamente fondato il diniego di Via sul “giudizio prognostico” di non concessione dell’Aia, in base alla rilevanza erroneamente attribuita al ruolo del Comune di Appignano.
La Via ha la funzione di individuare, descrivere e valutare gli effetti che un progetto produce su una pluralità di fattori biotici – quali l’uomo, la flora e la fauna – e abiotici – quali il suolo, l’acqua, l’aria, il clima, il paesaggio, i beni materiali e il patrimonio culturale – nonché le reciproche integrazioni, i quali complessivamente considerati costituiscono l’ambiente in senso unitario e globale.
Quindi gli effetti di un progetto sull’ambiente dovrebbero essere valutati per tenere in conto l’esigenza di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita. E dunque, dovrebbero essere valutati prima dell’autorizzazione dell’opera e ancora prima della sua realizzazione.
Secondo il Tar, comunque, la scelta del sito dove realizzare un impianto come una discarica non è la risultante dell’esclusiva applicazione di criteri meccanicistici avulsi da ogni valutazione anche discrezionale (discrezionalità riguardante scelte di merito che non sono proponibili attraverso numeri, formule e tabelle. Perchè spetta sempre alla Regione. sulla base dei dati a propria disposizione, verificare l’esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione nel territorio regionale di una nuova discarica in considerazione degli impatti sul territorio, del fabbisogno regionale e degli impatti interprovinciali.
La natura schiettamente discrezionale della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità alla valutazione), sul versante tecnico e anche amministrativo, porta a una soluzione negativa quando l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa. Da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino “vulnus non giustificato” da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste.
Si tratterebbe, dunque di un provvedimento con cui è esercitata “una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati, che su di esso insistono”.
Inoltre, secondo il Tar la procedura di Via, non può essere vista come totalmente separata dalla successiva autorizzazione Aia.
E’ indubbio che la Via sia la sede dove si esamina l’impatto dell’opera e l’interesse pubblico alla realizzazione della stessa, sotto i profili localizzativi e strutturali. Come è stato condivisibilmente sostenuto in giurisprudenza le due autorizzazioni e i due procedimenti sono, comunque, distinti anche nel caso in cui uno stesso progetto debba essere sottoposto a entrambe i procedimenti.
C’è da dire, però, che con l’introduzione dell’Aia nel codice ambientale – in precedenza rinvenibile nel d.lgs 18.2.2005 n. 59 (oggi abrogato) – l’autorizzazione viene ad affiancare la Via e la Vas (Valutazione ambientale strategica), eliminando una delle più macroscopiche anomalie del sistema previgente. Ossia quella di non includere l’Aia nel Codice ambientale, codice nato con l’obiettivo di racchiudere in un unico testo la normativa in materia.