La diffida è legittima se l’attività produttiva è difforme dall’Aia
[24 Febbraio 2015]
A fronte dell’accertata esistenza di uno stoccaggio illecito di rifiuti, l’adozione della diffida costituisce la misura minima adottabile in caso di violazione dell’Aia. Lo ricorda il Tribunale amministrativo della Lombardia – con sentenza n. 394 – in riferimento alla diffida emanata dalla Provincia di Pavia nei confronti della società che opera nel settore della produzione di argilla espansa mediante cottura al forno.
La Provincia ha, infatti, diffidato la società dal proseguire l’attività produttiva in difformità da quanto previsto dall’autorizzazione integrata ambientale (Aia). E ha ordinato di “presentare un piano di quantificazione, classificazione smaltimento dei rifiuti presenti sull’area dello stabilimento (cumuli di polveri da abbattimento di fumi e materiale derivante dall’attività di demolizione) con relativo cronoprogramma, da sottoporre all’Autorità competente e agli Enti di controllo per la conseguente approvazione”.
Secondo la società, però, il deposito di circa 30.000 mc. di polveri da abbattimento dei fumi non è un rifiuto, ma un sottoprodotto di lavorazione, sicché la diffida si fonderebbe su un presupposto di fatto inesistente.
Ma, secondo il Tar non esistono i presupposti per parlare di sottoprodotto per le polveri da abbattimento dei fumi. Perché, seppure le polveri sono state generate da un processo di produzione, di cui costituivano parte integrante, solo in minima parte sono state utilizzate nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione. Per questo il residuo (circa 30000 mc) ha natura di rifiuto, accumulato per anni dalla società.
Secondo il Codice ambiente una sostanza si definisce sottoprodotto e non rifiuto quando è originata da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto. Inoltre per parlare di sottoproddo, deve essere certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi e può essere utilizzata direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.
Mancando tali presupposti la sostanza continua ad essere un rifiuto soggetto alla disciplina di riferimento che prevede l’emanazione della diffida. Infatti, secondo il legislatore in caso di inosservanza delle prescrizioni stabilite con Aia, l’autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni: alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità. Procede poi alla diffida e contestuale sospensione dell’attività autorizzata per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per l’ambiente. E per ultimo provvede alla revoca dell’Aia e alla chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente.