La disciplina italiana sulle bonifiche rispetta il principio comunitario di chi inquina paga?
[20 Febbraio 2014]
Un’altra causa italiana è stata introdotta davanti alla Corte di giustizia europea e riguarda di nuovo la materia ambiente, o meglio la compatibilità fra il codice ambientale e la normativa europea.
Il Consiglio di Stato chiede alla Corte Ue se i principi di “chi inquina paga”, di precauzione, dell’azione preventiva, della correzione prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente sino contrari a ciò che è disposto in materia di bonifiche. In particolare ciò che è disposto dalla parte del Dlgs 152/2006 in cui si prevede che in caso di accertata contaminazione di un sito e d’impossibilità d’individuare il soggetto responsabile della contaminazione o di ottenere da quest’ultimo gli interventi di riparazione, non consenta all’autorità amministrativa d’imporre l’esecuzione delle misure di sicurezza d’emergenza e bonifica al proprietario non responsabile dell’inquinamento, prevedendo, a carico di quest’ultimo, soltanto una responsabilità patrimoniale limitata al valore del sito dopo l’esecuzione degli interventi di bonifica.
La questione riguarda la Ediltecnica e l’atto ministeriale del 2011, che le ha ingiunto onerose prescrizioni per la messa in sicurezza d’urgenza e la prescrizione di un progetto di bonifica, relativa a un area di sua proprietà. Un’area acquistata nel dicembre 2010 e situata all’interno del sito d’interesse nazionale (Sin) di Massa Carrara da altra società.
Una societàquest’ultima che aveva già dimostrato come l’inquinamento risalisse alle industrie chimiche presenti negli anni ottanta.
L’Ediltecnica quindi sostiene che la contaminazione sia dei suoli sia della falda acquifera non è conseguenza della sua attività in quanto i terreni sono stati acquistati solo quattro mesi prima dell’emissione del provvedimento. Sottolinea inoltre come la pubblica amministrazione non abbia svolto alcuna attività tesa a individuare la responsabilità della società, prescrivendo gli interventi di messa in sicurezza delle acque e dei suoli in ragione del solo criterio dominicale.
Il Dlgs 152/2006 (che disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati al Titolo V della parte quarta) definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti. Criteri che sulla carta sono stati fissati nel rispetto dei principi e delle norme comunitari, con particolare riferimento al principio “chi inquina paga”. Un principio che impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione. Seguendo tale principio la disciplina sulla bonifica si dovrebbe ispirare al concetto secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione d’inquinamento, sia a carico unicamente del responsabile, che potrebbe benissimo non coincidere né con il proprietario né con il gestore dell’area interessata.
Comunque sia, l’ordine di rimozione può essere adottato esclusivamente “in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”.
Dunque, secondo il legislatore italiano a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun obbligo, ma solo la facoltà di eseguire gli interventi di bonifica per mantenere l’area interessata libera da pesi. Nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali da parte del responsabile dell’inquinamento, o di mancata individuazione dello stesso – e sempre che non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla pubblica amministrazione competente che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata.