La Lucchini verso gli algerini di Cevital, ma con quale piano industriale non è dato sapere
Il sindaco di Piombino a greenreport: il documento è al momento «riservato»
[26 Novembre 2014]
Sarà stata forse stappata una bottiglia di champagne francese in onore di Cevital, piuttosto che un italico spumante, ma in ogni caso a Piombino si è tornato a brindare in onore alla speranza: la gara per l’acquisizione delle acciaierie è stata affidata agli algerini, l’opzione su cui ormai sindacati, politica locale e territorio avevano puntato il tutto per tutto.
Quella di Cevital, dichiara Massimo Giuliani, il sindaco di Piombino «è risultata essere la proposta di acquisto migliore e più vantaggiosa. Una scelta già fortemente vissuta e condivisa dal territorio e da molte istituzioni». Un’offerta, però, con «un piano industriale ancora da leggere nei particolari ma dalla quale emergono possibilità di mercato e grandi potenzialità di diversificazione economica».
Il problema sta appunto qui. Contattato da greeenreport, il sindaco tramite il suo staff ha confermato che il piano industriale è al momento «riservato», nelle mani del commissario Nardi, e che neanche in Comune è stato possibile visionarlo nei dettagli. Non è cosa da poco, come tengono a sottolineare anche da Legambiente Val di Cornia, dove parlano di «progetto ancora nebuloso». Investimenti, costi, ricavi, flussi finanziari e prospettive di sviluppo negli anni a venire sono state delineate in dettaglio? Si presume di sì, ma non lo si sa ancora.
La vicenda è quella del Comitato di sorveglianza di Lucchini SpA e di Lucchini Servizi Srl in amministrazione straordinaria, che ha chiuso la trattativa aggiudicando lo stabilimento Lucchini al gruppo algerino, dopo la valutazione delle due offerte in lizza (l’altra, com’è noto, era quella dell’indiana Jindal). Adesso la proposta passerà al vaglio del governo per la formalizzazione e l’ufficializzazione del contratto, un passaggio che dovrebbe essere scontato – ma a Piombino, come insegna la vicenda Concordia, tutto è possibile. Fino a gennaio almeno le carte in tavola potrebbero cambiare di nuovo, ma al momento lo sguardo è rivolto in toto alle promesse di Cevital, che non sono poche.
«Sono previsti 400 milioni di investimento per la realizzazione di due forni elettrici e un nuovo laminatoio e – riassume il presidente della Regione Enrico Rossi – in due anni saranno riassorbiti tutti i dipendenti. Saranno bonificati inoltre i terreni e si inizierà a produrre biodiesel, olio vegetale, mangimi e zucchero, con altri cinquecento posti di lavoro attesi; nascerà anche un polo logistico per l’import-export delle attività del gruppo. Quattro punti pesanti per il rilancio dell’area e il suo futuro sviluppo economico».
Per la città di Piombino, che dopo anni sfiancanti meriterebbe un futuro più sereno, non è ancora arrivato il momento di rilassarsi. Senza neanche avere a disposizione un piano in dettaglio, quali potranno essere le rassicurazioni che Cevital mantenga le promesse riportate sulla stampa? Tra l’altro le lodi del territorio si sono finora intessute attorno ai fattori di sostenibilità economica e sociale, ma per quelli ambientali? Le acciaierie, secondo quanto trapelato dall’offerta algerina, dovrebbero essere dislocate fuori città, in località Ischia di Crociano, con ricadute potenzialmente positive per i cittadini piombinesi. Le bonifiche sono indubbiamente necessarie, come lo sarebbe sfruttare le possibilità offerte (molte) dall’ex Lucchini in termini di riciclo di materiali – un’ipotesi mai ventilata finora nell’ambito dell’affare Cevital –, finora lasciati in giacenza ad accumularsi negli anni. Il problema è che questi sono tutti desiderata, ma il piano industriale ancora non si vede.