Rifiuti marini, il Consiglio europeo avvicina un Piano d’azione per il Mediterraneo
[29 Ottobre 2013]
Il Consiglio UE pigia sull’acceleratore per portare a compimento un’azione di stampo europeo contro il problema crescente dei rifiuti marini: adottare alla 18esima riunione successiva alla convenzione di Barcellona per la protezione dell’ambiente marino e del litorale del Mediterraneo una proposta ad hoc. Il piano d’azione regionale per i rifiuti marini e la proposta di modifica il protocollo relativo alle zone specialmente protette e alla biodiversità nel Mediterraneo sembra così più vicino.
Le parti contraenti della convenzione di Barcellona oltre all’UE sono Italia, Grecia, Spagna, Francia, Slovenia, Malta, Cipro, Croazia e 13 paesi mediterranei non appartenenti all’Ue; il vertice che le vedrà riunite si terrà dal 3 al 6 dicembre 2013 a Istanbul, Turchia. Tra i punti all’ordine del giorno sui quali le parti dovranno adottare una decisione figurano due atti aventi effetti giuridici: la proposta di adozione di un piano d’azione regionale per i rifiuti marini, nell’ambito del protocollo relativo al la protezione del mare Mediterraneo dall’inquinamento di origine tellurica (protocollo Lbs) e la proposta di modifica degli allegati II e III del protocollo relativo alle zone specialmente protette e alla biodiversità nel Mediterraneo (protocollo Spa/Bd).
Il protocollo Lbs prevede l’adozione, da parte della convenzione, di piani d’azione regionali per eliminare l’inquinamento proveniente da fonti e attività terrestri. Tanto che il segretariato della convenzione ha elaborato una nuova proposta di piano d’azione regionale per i rifiuti marini, che nel giugno 2013 è stata approvata nell’ambito del Medpol, il pertinente organismo tecnico della convenzione.
La proposta è in linea con la legislazione dell’Ue in materia di rifiuti e acqua e con l’impegno assunto al vertice RIO+20 di ridurre in misura significativa i rifiuti marini. Inoltre, non pregiudica, le “disposizioni più rigorose, riguardo alla gestione dei rifiuti marini, contenute in altri strumenti o programmi, vigenti o futuri, nazionali, regionali o internazionali”. Invita, dunque, le parti a elaborare, se del caso, misure e programmi ad hoc per far fronte al problema dei rifiuti marini.
Essendo una proposta, il piano sarà perfezionato dagli adeguamenti tecnici che verranno apportati in sede di riunione delle parti. Del resto per raggiungere gli obiettivi fissati per l’ambiente marino è necessario rafforzare la cooperazione con i paesi terzi sul versante della sua protezione.
L’altra proposta riguarda la modifica del protocollo Spa/Bd per trasferire cinque specie di corallo dall’allegato III – che contiene l’elenco delle specie di cui è regolamentato l’utilizzo – all’allegato II – che invece contiene l’elenco delle specie in pericolo e minacciate – e iscrivere altre sei specie direttamente nell’allegato II.
Le specie di corallo interessate sono incluse nell’elenco della direttiva Habitat in quanto tipi di habitat naturali di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Fra l’altro cinque di queste specie (Callogorgia verticillata, Cladocora caespitosa, Ellisella paraplexauroides, Lophelia pertusa e Madrepora oculata) sono esplicitamente menzionate nel manuale per l’interpretazione degli habitat dell’UE e altre specie (Antipatella subpinnata, Antipathes dichotoma, Antipathes fragilis, Leiopathes glaberrima, Parantipathes larix, Cladocora debilis) vi figurano come componenti di concrezioni corallifere.
L’impegno dell’Ue a cooperare sul piano internazionale per proteggere la biodiversità poggia sia sul Tfue, sia sulla convenzione Onu sulla diversità biologica. Tale impegno è stato ribadito in sede degli accordi conclusi nel corso della conferenza delle parti della convenzione Onu sulla diversità biologica tenutasi a Nagoya nel 2010 e anche in occasione della conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile nel 2012.
Durante tale conferenza, fra l’altro, l’Ue ha espresso preoccupazione “per l’elevata vulnerabilità delle barriere coralline e delle mangrovie agli effetti dei cambiamenti climatici, dell’acidificazione degli oceani, della pesca eccessiva, delle pratiche di pesca distruttive e dell’inquinamento”. Si è impegnata a “sostenere la cooperazione internazionale al fine di conservare gli ecosistemi delle barriere coralline e delle mangrovie per ricavarne benefici sociali, economici e ambientali, nonché agevolare la collaborazione tecnica e lo scambio volontario delle informazioni”. Ha dunque sottoscritto l’obiettivo di Aichi n. 10 in materia di biodiversità in base al quale s’intende “ridurre al minimo, entro il 2015, le molteplici pressioni antropogeniche sulle barriere coralline e su altri ecosistemi vulnerabili che subiscono gli effetti dei cambiamenti climatici o dell’acidificazione degli oceani, in modo da preservarne l’integrità e il funzionamento”.