Rifiuti, la normativa italiana sulla Tarsu non contrasta con il diritto comunitario
[22 Dicembre 2014]
La normativa italiana che non prevede la possibilità per un produttore di rifiuti di provvedere personalmente al loro smaltimento, con conseguente esonero dal pagamento della tassa comunale, non è contraria alla normativa europea.
Lo afferma la Corte di giustizia europea interrogata dalla Commissione Tributaria provinciale di Cagliari sulla questione sollevata dalla società Edilizia Turistica Alberghiera Residenziale SpA (Setar). La Setar infatti nel novembre 2010 ha comunicato al Comune di Quartu S. Elena che non avrebbe più corrisposto – a partire dal primo gennaio 2011 – il pagamento della Tarsu per la gestione del sevizio comunale di smaltimento dei rifiuti, perché si sarebbe avvalsa del lavori di una ditta specializzata. Ma per il comune l’obbligo della società al versamento avrebbe dovuto permanere anche per l’anno 2011, perché è ininfluente la circostanza che la società abbia provveduto autonomamente allo smaltimento.
Così la Commissione Tributaria provinciale di Cagliari ha chiesto alla Corte Ue se sia o meno contrastante con il diritto comunitario anche la disposizione nazionale secondo cui l’entrata in vigore della normativa di recepimento della direttiva sui rifiuti del 2008 sia rinviata fino all’emanazione del Decreto Ministeriale che individui le modalità tecniche e i termini di entrata in vigore della normativa di attuazione.
Nella sua sentenza la Corte ricorda che gli Stati membri avrebbero dovuto trasporre la direttiva entro il 12 dicembre 2010. La direttiva non prevede deroghe all’entrata in vigore delle misure di trasposizione.
Quindi non è ammessa una normativa nazionale, che trasponga una disposizione della direttiva sui rifiuti, ma entri in vigore subordinatamente all’adozione di un atto interno successivo, qualora l’entrata in vigore intervenga dopo la scadenza del termine di trasposizione fissato dalla medesima direttiva.
La direttiva del 2008 stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all’interno della Comunità. Un quadro giuridico volto a controllare tutto il ciclo dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento, ponendo l’accento sul recupero e il riciclaggio anche al fine di dissociare la crescita dalla produzione di rifiuti. Dunque mira a proteggere l’ambiente e la salute umana attraverso la prevenzione degli effetti della produzione e della gestione dei rifiuti.
La direttiva prevede che ogni produttore o altro detentore di rifiuti debba provvedere personalmente al loro trattamento oppure consegnarli a un commerciante o a un ente o a un’impresa. Ma permette agli Stati membri di scegliere tra varie opzioni e non li obbliga a riconoscere al produttore iniziale di rifiuti il diritto di provvedere personalmente al loro trattamento e di assolvere con ciò l’obbligo di contribuire al finanziamento del sistema di gestione dei rifiuti istituito dai servizi pubblici. Del resto lo smaltimento dei rifiuti figura soltanto all’ultimo posto della gerarchia del trattamento degli stessi e non si può concludere che il sistema permetta ai produttori di provvedere personalmente allo smaltimento.
La direttiva, però, obbliga gli Stati membri a prevedere che i costi relativi al sistema di gestione dei rifiuti siano sostenuti dall’insieme dei produttori e dei detentori. Questa disposizione sarebbe privata di effetto utile, qualora si consentisse ai produttori e detentori di rifiuti di provvedere personalmente al loro smaltimento, con conseguente esonero dal pagamento della tassa comunale relativa. Perchè, si sottrarrebbero al finanziamento del sistema di gestione che gli Stati membri hanno l’obbligo di istituire.
Comunque sia, il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri un metodo preciso per il finanziamento del costo della gestione dei rifiuti. Può, a scelta dello Stato membro, essere indifferentemente assicurato mediante una tassa, un canone o qualsiasi altra modalità.
Quindi una normativa nazionale la quale preveda una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato (e non al quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito) non contrasta con la direttiva Ue.