Rifiuti: specchio specchio delle mie brame quali sostanze dovrò ricercare?
[20 Marzo 2014]
Con riferimento ai rifiuti contraddistinti da voce a specchio, bisogna innanzitutto ricordare che si tratta di un rifiuto che (nella stragrande maggioranza dei casi) può essere considerato pericoloso o non pericoloso proprio in base ai valori di concentrazione delle sostanze pericolose eventualmente contenute in esso. Un rifiuto individuato da una “voce a specchio” è identificato come pericoloso, dunque, solo se le sostanze pericolose raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale rispetto al peso) tali da conferire al rifiuto una o più delle proprietà di cui all’Allegato I del D.L.vo 152/06.
A prescindere dal fatto che sulla base del principio di precauzione è da ritenersi una sorta di presunzione di pericolosità quella per cui sono da considerare pericolosi i rifiuti a specchio se non si dimostra la loro non pericolosità, ritengo che la domanda più importante da porsi in termini pratico/operativi sia comunque un’altra: quali sono le sostanze da ricercare? Evidentemente quelle che si presuppone siano presenti nel rifiuto in base al processo produttivo dal quale scaturisce.
Più precisamente, la classificazione di un rifiuto identificato da una “voce a specchio” e la conseguente attribuzione del codice devono essere effettuate dal produttore/detentore che si assume la responsabilità di tale classificazione/catalogazione e per determinare quando un rifiuto è classificato come non pericoloso o pericoloso, si deve concretamente procedere ad analizzare chimicamente il materiale.
Come noto, il corretto percorso di individuazione delle caratteristiche di pericolo presuppone in prima istanza sempre il riferimento al processo produttivo e/o all’attività economica che ha generato il rifiuto. Devono essere individuate le sostanze pericolose potenzialmente presenti, tenendo conto che se, ad esempio, in quel processo non si utilizzano solventi o prodotti che li contengono non sarà ovviamente necessario ricercarne analiticamente la presenza; una volta individuata la sostanza pericolosa da ricercare, sarà poi necessario verificarne la concentrazione in relazione ai valori di soglia indicati dalla norma.
Sintetizzando sul punto: in caso di voci a specchio per verificare la pericolosità di un rifiuto non è ovviamente necessario verificare analiticamente la presenza di tutte le migliaia di sostanze pericolose esistenti e determinarne la concentrazione, ma deve essere indagata la presenza delle sostanze che con più elevato livello di probabilità potrebbero essere presenti nel rifiutoe con riferimento a quelle verificare il superamento dei limiti di concentrazione, ove previsti.
Vi è da sottolineare, a sostegno di quanto sopra, che la dottrina più autorevole, in ordine alla esaustività delle analisi, conferma la mancanza di riferimenti univoci a carattere generale, rilevando la necessità di formulare valutazioni in ordine ai casi specifici. Infatti, le sostanze pericolose riconosciute come tali nelle direttive comunitarie sono circa 8.000 mentre l’industria stima che ne circolino in Europa circa 20.000, in qualche modo classificabili come pericolose secondo i criteri comunitari. A motivo di ciò il criterio dell’esaustività sconosciuto dalle norme comunitarie e nazionali risulta tecnicamente insostenibile, “… ritenendo d’altra parte impensabile dover ricercare oltre 20.000 sostanze al fine di classificare un rifiuto andranno ricercate quelle che ragionevolmente possono essere contenute in funzione del ciclo produttivo e/o di consumo che ha generato il rifiuto”.
Concludendo sul punto: una volta individuata la coppia di codici a specchio (uno pericoloso e uno non pericoloso), sussiste il problema di comprendere come proseguire nell’indagine. Si ripete: le analisi per essere ritenute sufficientemente esaustive devono essere effettuate con lo stesso criterio utilizzato per la classificazione, ovvero quello che prende in considerazione il ciclo produttivo, e quindi si deve procedere con la ricerca della presenza (e delle relative percentuali) delle sostanze pericolose potenzialmente presenti in quel particolare ciclo produttivo e non sicuramente analizzando tutte le migliaia di sostanze pericolose esistenti.
Laddove, quindi, il produttore proponga la ricerca di determinate sostanze sulla base del processo produttivo che ha generato quel particolare rifiuto, ricade su chi eventualmente contesta questa scelta l’onere probatorio di dimostrare che, in realtà, era ipotizzabile la presenza di altre sostanze, nonché i motivi che fondano questa presa di posizione, purché tale richiesta sia motivata e “sostenibile”. In proposito si fa notare che anche secondo la recente sentenza Tar Lombardia (sede di Brescia), sez. I, n. 207 del 1 marzo 2013 una prescrizione relativa alla gestione rifiuti non può assumere caratteristiche di sproporzionalità, di non inerenza ed “eccessivamente comprimente.