SIN di Massa Carrara, la Corte di giustizia europea conferma: la bonifica è a carico dei responsabili
[4 Marzo 2015]
La Corte di giustizia europea – con sentenza di oggi – conferma l’opinione dell’avvocato generale europeo Juliane Kokott per cui la bonifica della zona industriale apuana – il SIN di Massa Carrara – deve essere effettuata dalla Montedison, Enichem, Dalmine, perché responsabili quell’inquinamento. Gli attuali proprietari non avendo provocato l’inquinamento non sono tenuti al risanamento del sito solo per il fatto di essere proprietari del bene.
Dunque, la normativa italiana che nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, non è contraria alla normativa europea.
E’ in tal modo che la Corte Ue risponde alla richiesta del Consiglio di Stato italiano. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, infatti, deve decidere tre ricorsi in appello proposti dal Ministero dell’ambiente contro sentenze con cui il Tar della Toscana ha accolto i ricorsi in primo grado proposti dalle società Fipa Group S.r.l., la TWS Automation S.r.l. e la Ivan S.r.l. Queste tre sono le acquirenti di alcune aree già appartenute a società del gruppo Montedison e incluse nel sito di interesse nazionale di Massa Carrara, in quanto interessate da gravi fenomeni di contaminazione.
Il Tar ha annullato gli atti con cui i soggetti pubblici competenti avevano ordinato alle società acquirenti – in qualità di proprietarie delle aree – di avviare specifiche misure di messa in sicurezza di emergenza, e di presentare la variante del progetto di bonifica dell’area.
Il Ministero chiede la riforma delle sentenze per la parte in cui non hanno considerato che l’imposizione al proprietario dell’obbligo di ripristino ambientale è conforme con il principio comunitario di precauzione. Le sentenze hanno erroneamente negato i presupposti per imporre misure di messa in sicurezza di emergenza, difettando le condizioni previste dalle norme in materia ambientale.
Nella Comunità esistono attualmente molti siti contaminati, che comportano rischi significativi per la salute, e negli ultimi decenni vi è stata una forte accelerazione della perdita di biodiversità. Il non intervento potrebbe provocare in futuro ulteriori contaminazioni dei siti e una perdita di biodiversità ancora maggiore.
Per evitare ciò, la prevenzione e la riparazione del danno ambientale dovrebbero essere attuate applicando il principio “chi inquina paga”, quale stabilito nel trattato e coerentemente con il principio dello sviluppo sostenibile. Secondo tale principio l’operatore la cui attività ha causato un danno ambientale o la minaccia imminente di tale danno è considerato finanziariamente responsabile in modo da indurre gli operatori ad adottare misure e a sviluppare pratiche atte a ridurre al minimo i rischi di danno ambientale. Il responsabile del danno dovrebbe di massima sostenere il costo delle necessarie misure di prevenzione o di riparazione.
Secondo il legislatore europeo non si dovrebbe chiedere a un operatore di sostenere i costi di misure di prevenzione o riparazione in situazioni in cui il danno in questione o la minaccia imminente di esso derivano da eventi indipendenti dalla sua volontà. Gli Stati membri possono consentire che gli operatori, di cui non è accertato il dolo o la colpa, non debbano sostenere il costo di misure di riparazione in situazioni in cui il danno in questione deriva da emissioni o eventi espressamente autorizzati o la cui natura dannosa non era nota al momento del loro verificarsi.
Non a caso la normativa italiana (decreto legislativo 152/2006) che si ispira al principio “chi inquina paga” individua dal punto di vista soggettivo, nella responsabilità dell’autore dell’inquinamento, a titolo di dolo o di colpa, la fonte dell’obbligo a provvedere alla messa in sicurezza e all’eventuale bonifica del sito inquinato. Così che a carico del proprietario dell’area inquinata non responsabile della contaminazione non grava alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi.