
Venti righe in un decreto e milioni di tonnellate di rifiuti diventano «pericolosi». E ora chi se li prende?

Il procuratore aggiunto a Venezia, Carlo Nordio, in un'intervista rilasciata a Italia Oggi, dice senza mezzi termini a proposito della corruzione che «la questione è il guazzabuglio normativo attraverso il quale il pubblico ufficiale ha una discrezionalità assoluta. Ecco perché ci vogliono poche leggi e procedimenti semplificati: la confusione normativa rende l'uomo ladro». Difficile non essere d'accordo con Nordio, tuttavia se la questione si allarga alla gestione dei rifiuti emerge con evidenza non solo l'assurdo di una quantità - che non ha paragoni nel mondo - di produzione di leggi, ma che rischia di rendere così "ladri" anche coloro che non vorrebbero, perché non hanno certezza del dovere.
L'esempio della nuova classificazione dei rifiuti pericolosi e non, entrata in vigore oggi, è lampante. Con una ventina di righe infilate quali modifiche «al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». Dopo l'articolo 241 è inserito il seguente b-bis) all’allegato D alla parte IV, dove in premessa viene aggiunto alla Classificazione dei rifiuti al punto 4. «Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari – si legge nella Gazzetta ufficiale – uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto è pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un rifiuto possiede sono le seguenti:
- a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso: la scheda informativa del produttore; la conoscenza del processo chimico; il campionamento e l’analisi del rifiuto;
- b) determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso: la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi; le fonti informative europee ed internazionali; la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;
- c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo.
- Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso.
- La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.
Perché tutto questo? C'è una ragione ambientale? Non pare proprio, piuttosto una norma peraltro incompatibile con quelle Ue, ma che non si è riuscita a fermare. Se dunque troppe leggi fanno l'uomo ladro, come dice Nordio, il miglior gestore di rifiuti come deve comportarsi per non finire nell'elenco degli ecomafiosi quando gli cambiano una legge quasi notte tempo che ribalta "85 milioni di tonnellate di rifiuti"?
