Rigassificatore Olt strategico, risparmi per tutti?
[17 Settembre 2014]
Non si può certo dire che il rigassificatore Olt oggi sia la quintessenza del buon progettare nel nostro Paese. La differenza tra ciò che è e ciò che avrebbe dovuto essere – non strutturalmente, ma dal punto di vista del mercato energetico – è evidente. Tuttavia, al netto delle questioni ambientali sulle quali a impianto già attivo e autorizzato si può solo vigilare costantemente pretendendo report continui e massima attenzione, pare che sul piano finanziario si sia trovata una sorta di quadratura del cerchio.
Il condizionale è d’obbligo, ma dopo le indiscrezioni della Reuters dell’altro giorno e le ultime dichiarazioni del viceministro De Vincenti, almeno appare chiara quale sia la strategia per non rendere del tutto inutile questa infrastruttura (per costruire la quale sono serviti oltre dieci anni). In buona sostanza non solo è che confermato l’Offshore Lng Toscana, controllato da E.On e Iren, è una struttura strategica per la sicurezza energetica italiana, ma quest’impianto – contrariamente a quanto prospettato – ci consentirà «una riduzione complessiva degli oneri in bolletta di 160 milioni di euro».
Come? Il vice ministro allo Sviluppo Economico ha spiegato in una nota che a Olt verrà riconosciuta una tariffa sicura anche in caso di mancato riempimento dei serbatoi, ma «grazie al servizio di peak shaving, che rende possibile in caso di punte di fabbisogno una immissione immediata di 10 milioni di metri cubi di gas al giorno, Olt permette di non far gravare sul sistema il costo della interrompibilità del gas, pari a 70 milioni di euro l’anno, e quello del mantenimento in stand by di centrali ad olio, pari ad altri 90 milioni di euro».
Poi ha aggiunto che «in totale, quindi, per gli italiani si tratta di un risparmio in bolletta di 160 milioni di euro. Circa il doppio del costo massimo del fattore di garanzia riconosciuto ad Olt» Per chiarire il meccanismo di garanzia è questo: «pagamento della tariffa che può arrivare al 64% nel caso in cui il serbatoio rimanesse completamente vuoto» mentre in caso di riempimento al 50% «la società si vedrebbe riconosciuti ricavi sicuri per il 14%, pari alla differenza tra il livello di riempimento (50%) e il tetto del 64% fissato dall’autorità».
Peraltro il risparmio di 160 milioni è tutto da dimostrare in quanto, per quello che ne sappiamo noi, i 90 che non saranno più utilizzati per le centrali ad olio, andranno ad Olt, quindi si tratterebbe al più di uno “spostamento”, non di un risparmio.
Trovata quindi la quadratura del cerchio, oppure no? Difficile dirlo, anche perché non è secondario persino il clima che avremo quest’inverno. Se ad esempio sarà mite le cose potrebbero non andare benissimo, ma due sono i punti importanti: se i costi sono ridotti le bollette energetiche di noi tutti, imprese comprese, come minimo non dovranno aumentare, altrimenti non c’è coerenza; l’altra è legata alla fine delle centrali a olio combustibile che non saranno più sovvenzionate in quanto non più strategiche. Che fine faranno? Dal punto di vista ambientale tenerle spente è l’unica cosa auspicabile, ma dal punto di vista sociale e occupazionale? I conti, insomma, ancora – almeno a noi – non tornano del tutto.