Dna antico e archeologia per rivelare i segreti degli Avari
Parentele e pratiche sociali di una società patrilineare del primo medioevo dove le donne contavano molto
[26 Aprile 2024]
Gli Avari, provenienti dall’Asia centro-orientale, governarono gran parte dell’Europa centro-orientale per un quarto di millennio, dal VI al IX secolo d.C eppure sono molto meno noti dei loro predecessori, gli Unni che hanno avuto molto meno successo di loro. Questo nonostante gli Avari abbiano lasciato nei loro cimiteri uno dei patrimoni archeologici più ricchi della storia europea, comprendente circa 100.000 tombe finora scavate. Dalle usanze funebri degli Avari e dai resoconti scritti dei loro vicini, gli studiosi hanno ricostruito alcune delle loro pratiche sociali e stili di vita, ma solo ora l’archeologia fornisce un punto di vista totalmente nuovo sulle comunità degli Avari vissute più di 1000 anni fa perché. grazie alla genetica, ora possiamo analizzare i modi in cui gli individui erano legati tra loro fino al sesto-decimo grado di parentela.
Infatti, lo studio “Network of large pedigrees reveals social practices of Avar communities” pubblicato su Nature da un team multidisciplinare di ricercatori guidato da Guido Alberto Gnecchi-Ruscone del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie e Zsófia Rácz dell’Eötvös Loránd Tudományegyetem, ha combinato i dati del DNA antico con un chiaro contesto archeologico, antropologico e storico per ricostruire le dinamiche sociali delle popolazioni di discendenza steppica del periodo degli Avari che si stabilirono nel bacino europeo dei Carpazi nel VI secolo.
Al Max-Planck spiegano che «Lo studio ha coinvolto l’analisi di intere comunità campionando tutti i resti umani disponibili provenienti da 4 cimiteri dell’era Avar completamente scavati, analizzando un totale di 424 individui e scoprendo che circa 300 avevano un parente stretto sepolto nello stesso cimitero». Questo ha consentito la ricostruzione di numerosi ed estesi alberi genealogici, rivelando che «Le comunità praticavano un rigido sistema di discendenza patrilineare. Le donne svolgevano un ruolo chiave nel promuovere la coesione sociale, collegando le singole comunità sposandosi al di fuori della loro comunità di origine. I cambiamenti all’interno di un sito indicavano la sostituzione della comunità, probabilmente legata a cambiamenti politici, dimostrando che la continuità genetica a livello ancestrale può mascherare la sostituzione di intere comunità, con importanti implicazioni per la futura ricerca archeologica e genetica».
Combinando i dati del DNA antico appena generati con informazioni archeologiche, antropologiche e storiche complementari, il team del progetto di ricerca multidisciplinare HistoGenes Synergy Grant, che comprende ricercatori tedeschi, ungheresi, austriaci e statunitensi ed è finanziato dall’European Research Council (ERC), ha così aperto nuove strade per scoprire di più sui modelli di parentela, sulle pratiche sociali e lo sviluppo della popolazione in un lontano passato. Questa collaborazione scientifica multidisciplinare ha stabilito nuovi standard utilizzando tutti i metodi disponibili, compresi gli strumenti genetici e bioinformatici più avanzati.
I ricercatori ricordano che «Le conoscenze storiche sulle popolazioni del periodo degli Avari ci sono state trasmesse dai loro nemici, principalmente Bizantini e Franchi, quindi ci mancano informazioni sull’organizzazione interna dei loro clan. Le donne sono particolarmente sottorappresentate nelle fonti storiche, con solo tre menzioni incidentali, quindi la conoscenza della loro vita è praticamente inesistente». Sappiamo che alcuni gruppi arrivarono in Europa dalle steppe dell’Asia orientale e del Ponto, ma fino a che punto le tradizioni steppiche furono mantenute nella società avara? Come hanno interagito tra loro e con la popolazione della loro nuova patria in Europa i nuovi gruppi provenienti dall’Est? In sostanza, come è cambiato nel tempo il loro modo di vivere in un ambiente completamente nuovo dopo che hanno lasciato le steppe e abbandonato il loro stile di vita nomade?
Per rispondere a queste domande, il team di ricercatori, contrariamente alla pratica comune nella ricerca sul DNA antico, ha puntato a studiare intere comunità e quindi si è concentrato sul campionamento di tutti i resti umani disponibili provenienti dai cimiteri degli Avari e, grazie all’eccezionale conservazione dell’aDNA, hanno potuto analizzare un totale di 424 individui e hanno scoperto che «Circa 300 avevano un parente stretto (1° e 2° grado) sepolto nello stesso cimitero» e sono riusciti a ricosturuire interi alberi genealogici, il più grande dei quali risale lungo 9 generazioni e copre un arco di circa 250 anni.
I ricercatori dicono di aver identificato «Comunità che praticavano un rigido sistema di discendenza patrilineare, dove la patrilocalità (individui maschi che rimanevano nella comunità dopo il matrimonio) e l’esogamia femminile (individui femminili che si trasferivano nella comunità del proprio partner dopo il matrimonio) erano la norma. Le comunità erano centrate localmente attorno a una linea patrilineare principale ed erano legate tra loro attraverso la pratica sistematica dell’esogamia femminile».
L’autrice senior dello studio, Zuzana Hofmanová del Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie e della Masarykova univerzita – Brno, sottolinea che «In un certo senso, questo modello mostra il ruolo delle donne nel promuovere la coesione di questa società, è stato il ruolo delle donne a collegare le singole comunità».
Tra gli Avari erano comuni più partner riproduttivi. Diversi casi indipendenti mostrano che queste comunità praticavano le cosiddette unioni levirate. Questa pratica coinvolge individui maschi imparentati (fratelli o padre e figlio) che hanno figli con l a stessa donna. Gnecchi-Ruscone evidenzia che «Queste pratiche, insieme all’assenza di consanguineità genetica, indicano che la società manteneva una memoria dettagliata dei suoi antenati e sapeva chi erano i suoi parenti biologici per generazioni».
Queste pratiche sociali sono coerenti con le prove provenienti da fonti storiche e dalla ricerca antropologica sulle società della steppa eurasiatica. Grazie all’alta risoluzione fornita dagli estesi pedigree umani degli Avari e dai dati dell’intero cimitero, i ricercatori sono stati anche in grado di identificare una chiara transizione temporale all’interno di uno dei siti analizzati, con il passaggio da una linea patrilinea all’altra e dai cambiamenti nei modelli di parentela a distanza (la rete di parentela genetica, cioè la rete IBD).
La Rácz conclude: «Questa sostituzione della comunità riflette sia un cambiamento archeologico e dietetico che abbiamo scoperto all’interno del sito stesso, ma anche una transizione archeologica su larga scala avvenuta in tutto il bacino dei Carpazi. Questo cambiamento, probabilmente legato ai cambiamenti politici nella regione, non è stato accompagnato da un cambiamento negli antenati e sarebbe quindi stato invisibile senza lo studio di intere comunità. Questa scoperta evidenzia come la continuità genetica a livello di ascendenza possa ancora nascondere la sostituzione di intere comunità e ha importanti implicazioni per studi futuri che confrontino l’ascendenza genetica e i cambiamenti archeologici».