Quando i nazisti usarono le zanzare italiane come arma biologica
Himmler ordinò a Dachau una ricerca segreta per infettare le truppe alleate con la malaria
[17 Febbraio 2014]
Klaus Reinhardt, un ricercatore dell’Institut für Evolution und Ökologie dell’Universität Tübingen, ha pubblicato su Endeavour lo studio “The Entomological Institute of the Waffen-SS: evidence for offensive biological warfare research in the third Reich” nel quale dimostra che «nel gennaio del 1942, Heinrich Himmler, capo della Schutzstaffel (SS) e della polizia nella Germania nazista, ha ordinato la creazione di un istituto entomologico per studiare la fisiologia e il controllo degli insetti che infliggono danni agli esseri umani».
Il centro venne davvero realizzato nel sottosuolo del famigerato campo di concentramento e sterminio di Dachau, dove si stavano già effettuando ricerche abominevoli sui prigionieri, ma fino ad ora non si sapeva se era stato coinvolto nella ricerca sulla guerra biologica.
L’articolo pubblicato su Endeavour esamina protocolli di ricerca di Eduard May, che Himmler aveva messo a capo del progetto. Documenti che «confermano l’esistenza di un programma di ricerca di guerra biologica offensiva nella Germania nazista».
Studiando i documenti dell’Entomologischen Institut delle Waffen-SS Reinhardt si è chiesto perché il feroce braccio armato del partito nazista avesse bisogno di studiare gli insetti. «Non aveva senso – dice il ricercatore – durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania aveva già diversi rispettati centri di ricerca entomologica, e gli insetti studiati dall’istituto SS non rappresentavano una potenziale minaccia per nessuno dei più importanti rifornimenti alimentari della Germania».
Dopo aver setacciato gli archivi e sulla base di studi del dopoguerra, Reinhardt è giunto alla conclusione che «anche se l’istituto era destinato a combattere le malattie trasmesse dagli insetti come il tifo, ha effettuato attività di ricerca sulle zanzare – ospiti della malaria – che potrebbero essere state utilizzate nella guerra biologica».
E’ noto che le potenze dell’Asse, a cominciare dall’Italia in Etiopia, hanno utilizzato armi chimiche, ma per molti anni si è discusso se la Germania nazista – nonostante il divieto di Adolf Hitler che nel 1925 aveva firmato il protocollo di Ginevra contro le armi biologiche – avesse cercato di produrre armi biologiche. I risultati di Reinhardt riaccenderanno questa discussione.
A quanto pare Himmler, nel gennaio 1942, presumibilmente dopo segnalazioni di infestazione da pidocchi tra le truppe delle SS, e in seguito ad un’epidemia di tifo nel campo di concentramento di Neuengamme, incaricò l’Entomologischen Institut di Dachau di effettuare le ricerche di base necessarie per combattere i germi trasportati dagli insetti, che riguardavano i cicli di vita, le malattie, i predatori e gli ospiti preferiti di scarafaggi, pidocchi, pulci e mosche. Secondo Reinhardt, nel 1944, a guerra ormai persa e con gli alleati che avanzavano in Italia, all’Entomologischen Institut delle Waffen-SS «Venne dato anche il compito di testare la capacità di diverse specie di zanzare di sopravvivere senza cibo o acqua e, quindi, la loro idoneità a essere infettate con la malaria e lanciate in aria in territorio nemico».
Reinhardt ha esaminato le note di laboratorio di May, che dettagliano esperimenti con le zanzare Anopheles, che ospitano la malaria durante una parte del loro sviluppo e spiega che «May raccomanda l’uso di una particolare specie di zanzara anofele, che poteva sopravvivere per più di quattro giorni». Secondo Reinhardt «questo è un chiaro indicatore che gli insetti dovevano essere usati come arma biologica offensiva».
Fortunatamente May non era proprio una cima dal punto di vista scientifico e Reinhardt nel suo articolo descrive come sia stato preferito a candidati scientificamente più validi solo perché era un fanatico nazista. Una ragione delle ragioni per le quali le SS avevano scelto Dachau come luogo per lo studio di armi biologiche è che in quel campo di sterminio erano già in corso gli infami esperimenti del dal professor Claus Schilling (poi giustiziato a Norimberga) che prevedevano anche di inoculare la malaria agli ebrei, zingari e prigionieri politici. Ma Reinhardt non ha trovato prove che al progetto abbia collaborato anche Schilling: «May sapeva che qualcuno aveva effettuato esperimenti legati alla malaria sui prigionieri del campo, ma non è chiaro se non se ne sia deliberatamente occupato o semplicemente se non gli sia stato permesso entrare nel campo di concentramento». Al processo di Norimberga un ufficiale amministrativo delle SS, Wolfram Sievers, testimoniò che May si era rifiutato di svolgere ricerche su soggetti umani.
La ricerca di Reinhardt conferma quanto asserisce lo storico Frank Snowden, secondo il quale i nazisti, invertendo il flusso delle pompe drenanti, avevano ri-allagato le paludi delle bonifiche pontine, che si trovavano sulla strada che portava gli Alleati a Roma, per introdurre milioni di larve di zanzare portatrici della malaria. Ma i soldati britannici e americani resistettero bene all’attacco biologico perché erano stati somministrati loro farmaci antimalarici. A non cavarsela tanto bene fu la popolazione civile italiana: nell’area i casi di malaria aumentarono dai 1.217 del 1943 ai 54.929 nel 1944 (ma i numeri reali potrebbero essere stati più elevati), su una popolazione che allora era di 245.000 persone. La malaria in Italia è stata dichiarata eradicata dall’Organizzazione mondiale della sanità solo nel 1970.
Ma alla fine la ricerca delle SS sulle zanzare killer è stata un fallimento: come ha detto Reinhardt alla Süddeutsche Zeitung dietro il progetto c’erano «un bizzarro mix di infarinatura di conoscenze scientifiche di Himmler, la sua paranoia personale, una visione del mondo esoterica e reali preoccupazioni riguardo alle sue truppe SS. In confronto alla ricerca biologica delle forze alleate, la ricerca nazista era risibile».