Sud Sudan: come la disponibilità di armi leggere e di piccolo calibro ha accelerato la perdita di biodiversità
La diffusione delle armi leggere ha reso più pericolosa e difficile la conservazione della fauna selvatica
[14 Gennaio 2021]
Dopo una prima introduzione al più giovane Paese dell’Africa e alla sua travagliata storia e l’articolo “Sud Sudan: come difendere l’ambiente durante una guerra civile”, si conclude oggi lo speciale in tre puntate dedicato alla guerra “civile” in Sud Sudan e alle sue conseguenze ambientali e per la protezione della fauna selvatica.
Si tratta di un eccezionale lavoro di Adrian Garside pubblicato da Conflict and Environment Observatory (CEOBS) che, come la bozza dei principi dell’International Law Commission sulla protezione dell’ambiente in relazione ai conflitti armati, esamina le diverse opportunità per la conservazione della fauna selvatica “prima, durante e dopo” la più recente guerra civile nel Sud Sudan.
Adrian Garside ha fondato il Western Equatoria programme di Fauna & Flora International nel 2011 e ha trascorso gran parte degli ultimi 10 anni lavorando nel pericoloso confine tra risorse naturali, conservazione della fauna selvatica e conflitti armati in Sud Sudan.
Introduzione
A causa del loro utilizzo nel bracconaggio e nella caccia (1) la disponibilità di armi di piccolo calibro e leggere (Small Arms and Light Weapons – SALW) è un fattore nella diminuzione del numero di animali selvatici. Questo, a sua volta, influisce sulla metodologia utilizzata per proteggere la biodiversità, in particolare nelle aree protette (AP) per la fauna selvatica istituite. Esistono anche collegamenti tra il traffico di armi e il commercio illegale di animali selvatici. (2) Pertanto, chiedere il controllo delle SALW – come è avvenuto in una recente mozione IUCN – fa parte dell’equazione che porta alla protezione della fauna selvatica.
Questo blog esamina la questione della proliferazione di armi in Sud Sudan e l’effetto che questa sta avendo sulle popolazioni di animali selvatici, ma più significativamente, come influisce sulla pratica della conservazione della fauna selvatica. Dopo decenni di repressione sistematica e tre guerre civili, il Sud Sudan rimane estremamente sottosviluppato, compreso il suo settore della fauna selvatica. Di conseguenza, questo blog non può ricorrere a dati numerici come il declino della fauna selvatica in relazione alla disponibilità di armi, perché quei dati di base non esistono.
Altre prove dell’impatto della proliferazione di armi sono tuttavia più chiare: la cultura che si afferma con le armi, il crollo dello Stato di diritto e la facilità con cui le situazioni possono rapidamente degenerare laddove si presume generalmente che ogni famiglia rurale sia armata. E’ noto che il declino della fauna selvatica del Sud Sudan è dovuto principalmente al bracconaggio, alla caccia e al consumo di selvaggina, spesso per necessità. Per invertire questa tendenza, la gestione della fauna selvatica e il controllo delle SALW richiedono stabilità politica, stato di diritto efficace, buon governo e, di conseguenza, sicurezza umana.
Una lunga storia di armi che attraversa la regione
Uno studio molto rapido di un solo angolo del Sud Sudan – la Western Equatoria, che confina con la Repubblica democratica del Congo (Rdc) la Repubblica Centrafricana, illustra il problema della proliferazione di armi per la biodiversità. Gli Azande che vivono lì hanno da tempo la reputazione di essere alcuni dei più forti consumatori di carne selvatica del Paese. La selvaggina è stata una forma essenziale e tradizionale di proteine nella loro dieta agraria e la fitta foresta di confine è l’habitat di una grande varietà di fauna selvatica.
La proliferazione delle armi leggere contemporanee iniziò intorno al 1955 con l’inizio della prima guerra civile sudanese. La seconda guerra civile è stata combattuta sempre più per procura, il che ha incoraggiato un flusso non regolamentato di armi verso tutte le parti nelle province meridionali. Alla fine delle guerre civili i combattenti sono stati assorbiti nell’esercito, o nella polizia, nelle carceri, nell Wildlife Service e nei vigili del fuoco, o si sono riuniti alle loro comunità con le armi.
L’afflusso di armi non è solo il risultato di questioni di sicurezza interna: la rivoluzione congolese dopo l’assassinio di Lumumba e il rovesciamento di Idi Amin in Uganda sono stati due degli eventi più significativi che hanno portato armi e combattenti in tutta l’Equatoria.(3) Nel periodo 2006-10, le comunità della Western Equatoria al confine con la RDC e la Repubblica Centrafricana sono state minacciate dalla Lord’s Resistance Army (LRA). In assenza di protezione statale o delle Nazioni Unite, è stato formato un gruppo di difesa comunitario chiamato Arrow Boys, ufficialmente riconosciuto come l’organismo armato responsabile della difesa delle comunità rurali.(4)
Nella recente guerra civile, i movimenti di armi sono stati documentati in rapporti ufficiali, con armi che continuano ad affluire in violazione di un embargo sulle armi delle Nazioni Unite. Il conflitto e l’instabilità nella vicina RDC e nella Repubblica Centrafricana hanno consentito poter continuare a limitati movimenti di armi di fare in quest’area periferica. Pastori armati e una vecchia rotta di caccia all’avorio passano lungo un corridoio di transumanza in questo confine boscoso, al di fuori della portata dei governi di queste tre Nazioni in difficoltà. Più a est, tra i pastori nilotici, le armi hanno militarizzato e aumentato la violenza legata ai vasti gruppi di allevatori di bestiame. Alcuni dei conflitti armati più violenti nel Paese si verificano a causa delle invasioni del bestiame e della competizione per l’accesso ai pascoli e all’acqua.
Non ci sono proiettili d’argento per il disarmo
E’ noto che il disarmo nelle società in cui le SALW sono abbondanti è estremamente complesso e che è un fatto politico. L’invito a controllare le SALW è giusto, ma come farlo è inevitabilmente difficile. Fortemente contestualizzati, anche all’interno di un singolo Paese come il Sud Sudan, ci sono precedenti locali che sono diversi in tutto il Paese. (3) Tuttavia, un filo conduttore comune attraversa le operazioni di disarmo: la proprietà di un’arma deve essere sostituita con eque garanzie di sicurezza. Senza questo, la raccolta di armi si trasforma in un disarmo forzato, che degrada rapidamente in violenza.
Questo è dimostrato dalle campagne di disarmo dei civili del governo del Sud Sudan. Nel 2006 l’SPLA (Sudan People’s Liberation Army, ndt) ha effettuato un disarmo di civili forzato nello Stato settentrionale di Jonglei che era etnicamente di parte e ha portato alla raccolta di 3.000 armi e ha provocato 1.600 morti (cioè una persona uccisa per ogni due armi raccolte). Successivamente, una campagna nazionale di disarmo nel 2008 era stata mal pianificata, decentralizzata e priva di un quadro giuridico chiaro. Senza le necessarie garanzie di sicurezza, ha avuto scarso consenso da parte delle comunità locali e il numero di armi raccolte è stato considerato solo una frazione di quelle esistenti. (6)
A causa delle operazioni difensive degli Arrow Boys contro l’LRA, è stato deciso che non c’erano le giuste condizioni per l’inclusione della Western Equatoria nella campagna di disarmo nazionale del 2008. La fitta cintura forestale alla periferia delle tre nazioni in difficoltà dove si nascondeva l’LRA è anche la zona di transizione che collega i biomi dell’Africa orientale e centrale attraverso lo spartiacque Nilo/Congo. Nonostante la ripresa armata in quest’area durante la recente guerra civile, sono stati intrapresi con quelle comunità e il South Sudan Wildlife Service importanti lavori di conservazione in due vecchie riserve di caccia, (7) La questione dell’incapacità degli Stati e delle missioni Onu di “raggiungere” queste periferie – cioè le aree rurali profonde dove la biodiversità è più ricca – richiede di essere presa in grossa considerazione quando si esaminano le questioni di governance, stato di diritto, sicurezza umana e conservazione della fauna selvatica .
Le difficoltà incontrate in queste precedenti campagne di disarmo sono aumentate nell’agosto 2020, quando un’operazione per condurre un’iniziativa di disarmo civile nella contea di Tonj ha provocato la morte di circa 148 persone.
L’effetto della proliferazione delle armi per caccia
La ricerca evidenzia il ruolo svolto dalle SALW nella riduzione del numero di animali selvatici.(8) La portata di un AK47 consente al bracconiere di abbattere la fauna selvatica da una distanza molto maggiore rispetto ai metodi di caccia tradizionali e la velocità di fuoco può “innaffiare di proiettili una mandria” in pochi secondi.(9) Questo ha sradicato le regole tradizionali comprese dai cacciatori che, a causa di armi tradizionali meno accurate, che avevano una portata più corta e una velocità di fuoco molto più bassa, dovevano avvicinarsi molto alla loro preda. Il che significava che c’era un’osservazione più attenta della preda prima della sua uccisione, che permetteva ai cacciatori di rispettare regole come non uccidere le femmine gravide, i giovani o il maschio dominante e di rispettare le stagioni riproduttive. Questo andava in qualche modo verso la “caccia sostenibile” necessaria per garantire la durata delle scorte di carne di selvaggina. (10)
Durante la recente guerra civile, nelle zone contese della Western Equatoria, il “suono delle armi” della caccia avrebbe potuto allertare la SPLA o il gruppo ribelle locale e attirare attenzioni dei militari indesiderate. Sebbene l’uso di lacci e trappole sia aumentato, nel complesso le prove indicano che la caccia è diminuita durante i periodi più intensi della guerra. 811) Tuttavia, dato che la situazione della sicurezza si è stabilizzata, il bracconaggio è di nuovo in aumento.
Ma nelle zone incontrastate, dove una fazione dominava un’area, il bracconaggio ha potuto diventare un’impresa industriale. Durante il 2017-18, la migrazione del kob dalle orecchie bianche nel territorio di Boma-Badingilu nella parte orientale del Paese si è trasformata in una carneficina di selvaggina su vasta scala che è stata trasportata a Juba dall’SPLA, l’esercito governativo. Il Wildlife Service, un altro elemento armato del governo, ha agito con molta audacia per intercettarlo. (12) Non si tratta di proliferazione di armi, ma di uso della forza da parte dello Stato che non è sempre per scopi legittimi. Questo complica le questioni per le quali il Wildlife Service, sottoposto all’esercito, dovrebbe applicare le leggi nazionali sulla fauna selvatica. Il problema va oltre quello di essere un sottoposto: il Wildlife Service è generalmente peggio armato di molti gruppi di difesa comunitaria e di allevatori di bestiame.
La prevalenza delle armi leggere interessa l’intera gestione della fauna selvatica, non solo il bracconaggio
L’entità del bracconaggio/caccia e del declino della fauna selvatica nel Sud Sudan non è solo il risultato della proliferazione di armi: la disponibilità di SALW porta con sé molti altri fattori che influenzano la conservazione della fauna selvatica. Le armi non regolamentate sono solitamente associate a Paesi fragili e colpiti da conflitti, a istituzioni governative deboli, a un fallimento dello Stato di diritto, a uno scarso accesso alla giustizia e al sottosviluppo.
Nelle zone rurali, la disponibilità di armi ha causato una diminuzione del rispetto dell’autorità tradizionale. Il potere viene esercitato attraverso la minaccia della forza piuttosto che attraverso la consultazione comunitaria, minando l’autorità dei capi. Questo è un fattore significativo per le iniziative di conservazione basate sulle comunità. L’attuale epoca di devolvere incentivi a chi giuda la conservazione si sposa alla cooperazione e alla collaborazione con le autorità tradizionali e locali. (13) Laddove queste autorità sono state indebolite dal potere del possesso delle armi, la situazione diventa molto più complicata e richiede un’attenta valutazione di ciò che costituisce un successo sia per lo sviluppo umano che per la biodiversità.(14)
Lo stesso vale per la gestione di altre risorse nelle aree rurali come silvicoltura, piantagioni, aziende agricole e la gestione degli accessi ai punti d’acqua per il bestiame; dove la capacità di portare armi è diventata una parte fondamentale del loro controllo e della loro sicurezza. La migliore dimostrazione di questa rottura è tra gli allevatori di bestiame, dove le tradizioni rituali e culturali per risolvere le controversie sono state minate dalla disponibilità di armi e dalla specifica profanazione di quelle regole tradizionali. Questo è stato fatto al fine di mobilitare i pastori militarizzati per fini politici durante la seconda guerra civile, (15) e i suoi effetti continuano ancora oggi.
La prevalenza delle armi è uno dei motori di una società altamente militarizzata e di una gerarchia di organizzazioni di sicurezza che pervade ogni settore del governo e della società nel Sud Sudan. La gestione del territorio (di cui fa parte la gestione della fauna selvatica) e il controllo di qualunque risorsa naturale si trovi all’interno di quei territori, possono rapidamente diventare “securizzati”. Questo a sua volta rischia di intensificare la pratica della conservazione attraverso la militarizzazione.
E’ stato un incidente che ha coinvolto un gruppo di bracconieri ben armati nel 1979 che ha portato il Wildlife Department a trasformarsi nel Wildlife Service armato. (16) Un wildlife ranger armato, con uniforme militare e grado, può passare rapidamente a diventare soldato e viceversa. Nel 1991 il presidente [del Sudan] Bashir ordinò a tutti gli ufficiali del Wildlife Department del sud di sciogliersi, accusandoli volersi unire al movimento ribelle (SPLA). (17) In base alle nuove leggi del Sud Sudan, il Presidente si riserva il diritto di riassegnare i Wildlife Rangers ai compiti di sicurezza. Per molti ranger, questo ruolo è loro più familiare di quello della conservazione della fauna selvatica.
Come stabilito nel Revitalised Agreement on the Resolution of the Conflict in South Sudan (R-ARCSS) firmato nel 2018, le forze del governo e dell’opposizione sono confinate nei siti di accantonamento per stabilire il controllo delle loro armi e condurre l’addestramento. Una cautela del processo [di pace] che ha portato molti a lasciare le armi. Come è successo dopo le precedenti guerre civili, i combattenti dovrebbero essere nuovamente assorbiti nell’esercito, o nella polizia, nelle carceri, nel Wildlife Service e nei vigili del fuoco. Ma senza stipendio e cibo, si stanno già mescolandosi con le armi nelle loro comunità.
La conservazione riflette la società in cui avviene
Il Sud Sudan possiede alcune delle ultime e quasi incontaminate zone selvagge del continente e una volta aveva una fauna tra le più eccezionali. Ma la conservazione della fauna selvatica non è un settore che opera nel vuoto: il servizio responsabile della gestione del patrimonio faunistico del Sud Sudan riflette la società dalla quale viene reclutato e il grado in cui le sue istituzioni, politiche, i comportamenti, i pensieri e i valori sono devoti al potere militare e plasmati dalla guerra. (18)
In questa società militarizzata, il Wildlife Service in passato è stato percepito più come l’esercito di ogni governatore statale e quindi reso inadatto al suo ruolo di gestione della fauna selvatica. La sua più grande forza è che è reclutato localmente, originario di ogni Stato, anche a livello di contea e città. Solo attraverso la costruzione di una cooperazione a questo livello è stato possibile continuare a gestire le Aree Protette della fauna selvatica nella Western Equatoria, pienamente consapevoli della disponibilità di armi che c’era tutt’intorno a noi.
Questo esempio dal Sud Sudan dimostra che il problema della proliferazione delle SALW per la conservazione della fauna selvatica dovrebbe essere affrontato nel contesto più ampio della fragilità sociale, piuttosto che come una questione a sé stante riguardante il bracconaggio della fauna selvatica. Il suo impatto più ampio sulla pratica della gestione della Aree Protette ha il potenziale per provocare danni duraturi a queste società e alla loro volontà di sostenere le iniziative sulla biodiversità. Per i pochi ambientalisti che lavorano in queste aree rurali, il punto non è che ogni famiglia sia armata perché è una questione di sicurezza umana. Piuttosto, si tratta di stabilire relazioni per garantire che quelle armi non vengano utilizzate.
di Adrian Garside
Negli ultimi 10 anni Adrian Garside ha lavorato in Sud Sudan per la sicurezza della comunità e il controllo delle armi leggere in tutto il paese, nonché per la conservazione della fauna selvatica nell’Equatoria.
- I termini “caccia” e “bracconaggio” vengono solitamente utilizzati per determinare la legalità, ovvero la caccia è legale e il bracconaggio no. Tuttavia, queste due parole sono state usate anche per distinguere tra caccia di sussistenza rurale per la carne di selvaggina (che può essere illegale); e il bracconaggio per avere guadagni economici come per il commercio di carne selvatica, o per trofei della fauna selvatica come l’avorio e le scaglie di pangolino. Nel caso del Sud Sudan, dove lo Stato di diritto è fragile, il secondo utilizzo dei termini è più appropriato e costituisce la base per il modo in cui in questo blog si fa riferimento alla caccia e al bracconaggio.
- Eds Cathy Haenlein, MLR Smith, Poaching, Wildlife Trafficking and Security in Africa: Myths and Realities. RUSI Whitehall Paper 86, 2016.
- Larjour Consultancy, Report of the Research on the Proliferation and Trafficking in Small Arms and Light Weapons in Yambio, Maridi, Kajo Keji and Yei River Counties, Equatoria, South Sudan. Nov-Dec 2002.
- Jok Madut Jok, et al, Informal Armies: Community Defence Groups in South Sudan’s Civil War. SaferWorld, Feb 2017.
- Adam O’Brien, Shots in the Dark: the 2008 South Sudan Civilian Disarmament Campaign, The Small Arms Survey, 2009.
- Fauna & Flora International’s South Sudan Programme. See Press Release: https://www.fauna-flora.org/news/remote-cameras-offer-glimpse-into-the-forgotten-forests-of-south-sudan Also, camera trap images on the citizen science site of Zooniverse: https://www.zooniverse.org/projects/southsudanwildlife/south-sudan-diversitycam
- Braga-Pereira et al, From Spears to Automatic Rifles: the shift in hunting techniques as a mammal depletion driver during the Angolan Civil War. Biological Conservation 249 (2020) 108744.
- Una descrizione (tradotta) fornita durante le interviste, Western Equatoria, 2012.
- Interviste concesse all’autore in tutto il Sud Sudan, 2010 – oggi.
- Una valutazione di una riserva di caccia che era stata vicina a un conflitto armato significativo per quasi 2 anni, ha rivelato una presenza di attività umana (illegale) molto inferiore rispetto al normale durante i periodi di stabilità.
- Fonti multiple.
- Eds Helen Suich and Brian Child with Anna Spenceley, Evolution and Innovation in Wildlife Conservation: Parks and Game Ranches to Transfrontier Conservation Areas, Earthscan IUCN, 2009.
- Esperienza dell’autore in Western Equatoria, 2011-oggi.
- Hannah Wild et al, The Militarisation of Cattle Raiding in South Sudan: how a traditional practice became a tool for political violence. Journal of International Humanitarian Action, 2018 3:2.
- Intervista dell’autore al Lt Gen Fraser Tong, ex direttore del Wildlife Department, Juba 2018.
- Una definizione della militarizzazione attribuita a Richard H. Kohn.