Legambiente: «Aprire confronto pubblico e trasparente per individuare le soluzioni»
Terremoto de L’Aquila: per lo smaltimento delle macerie siamo ancora all’anno zero?
Informare i cittadini e nuova filiera economica basata sul riciclo delle macerie
[21 Ottobre 2014]
Legambiente non è stupita per le notizie che arrivano da L’Aquila, con l’ennesima inchiesta post terremoto secondo la quale ci sarebbe stato un traffico illecito di macerie smaltite nell’area dell’aeroporto di Preturo, ma aspetta di capire come evolverà la cosa e dice che «È evidente che la responsabilità è anche di quanti non hanno voluto farsi carico di trovare una soluzione tempestiva e trasparente al “problema macerie”».
Gli ambientalisti ricordano che «Larga parte delle macerie prodotte dal sisma del 2009, a L’Aquila e nei comuni del cratere, oggi è ancora li: se nella zona rossa della città sono state rimosse dalle strade, ci sono ancora tutte quelle crollate all’interno dei palazzi e dei cortili. E sono ancora li anche quelle dei piccoli centri. Ed è rimasto lettera morta l’appello lanciato da Legambiente, a pochi mesi dal sisma, per la creazione di una “exit strategy” basata prevalentemente sulla filiera virtuosa del riciclo degli inerti».
Già nel dossier “Macerie anno zero”, realizzato a 18 mesi dal terremoto in Abruzzo, il Cigno Verde evidenziava che «Con una decina di impianti di vagliatura e riciclo, in due anni tutti gli inerti derivanti dalle macerie del capoluogo sarebbero stati trattati e riutilizzati negli appalti pubblici e per la stessa ricostruzione, evitando così il ricorso a nuove cave». Ora, di fronte ai 6 imprenditori e tecnici indagati Legambiente chiede: «Perché non è stata seguita questa strada? I fatti dimostrano che hanno prevalso altre logiche, a vantaggio di imprese tutt’altro che virtuose e a discapito di chi propone progetti e tecnologie ecocompatibili e utili a rilanciare su nuove basi l’economia locale. Sono inoltre tante le domande ancora aperte in relazione al trattamento delle macerie. Che fine ha fatto, ad esempio, l’intento dichiarato dalla Regione Abruzzo di riciclare l’80% del materiale derivante dalla demolizione controllata degli edifici? Com’è possibile che ancora oggi, a quanto ci risulta, l’unico sito di conferimento sia la ex cava Teges a Pontiglione, già praticamente saturo alla fine del 2010? Perché, infine, le macerie sono ancora quasi tutte dove le ha lasciate il terremoto del 6 aprile 2009? E quelle prodotte dalle demolizioni degli edifici moderni dove vengono portate?>
La direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni, conclude: «Si può ancora rispondere a queste domande e all’emergenza. E questa risposta è il punto di ripartenza per il riscatto delle popolazioni coinvolte dal terremoto. Perché il loro futuro passa anche dallo scioglimento del nodo macerie. Bisogna aprire un confronto pubblico e trasparente per individuare le soluzioni e informare i cittadini. È ancora possibile far nascere a L’Aquila e nei Comuni del cratere una nuova filiera economica basata sul riciclo delle macerie. L’inerzia che purtroppo ha caratterizzato l’iter della ricostruzione in Abruzzo ci consente di dire che oggi non è troppo tardi per farlo».