E le mamme russe dei militari “volontari” non sanno che fine abbiano fatto i loro figli
Ucraina, l’euforia anti-Putin lascia spazio alle bare dei giovani di ritorno dagli scontri
Kiev evoca la "grande guerra" contro la Russia, ma sembra aver perso la battaglia per l’Est strategico per le sue risorse naturali
[2 Settembre 2014]
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, facendo tappa a Auckland, in Nuova Zelanda, ha detto di essere molto preoccupato per l’evoluzione della situazione in Ucraina e che i contendenti «devono comprendere che non c’è una soluzione militare. Un dialogo politico per una soluzione politica è la strada più sicura. E’ una situazione caotica e pericolosa con conseguenze regionali e mondiali. E’ per questo che chiedo alle autorità ucraine e russe di regolare questo problema attraverso il dialogo».
Ma i ribelli della “Novarossia” sono al contrattacco e, come ci conferma una nostra fonte che vive nell’Ucraina occidentale non toccata dai combattimenti, l’euforia per l’offensiva anti-russa nell’est è svanita e ora si contano le bare dei giovani soldati mandati a combattere le milizie russofone, che secondo molti ucraini sarebbero state rafforzate da mercenari russi e da quei giovani soldati dei quali l’associazione delle mamme dei militari russi dice che non si hanno più notizie da giorni. “Volontari” e in realtà coscritti, come quelli che combatterono contro la ribellione indipendentista e islamista in Cecenia.
Intanto i venti di guerra fredda soffiano sempre più forti e il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha annunciato che, di fronte all’escalation del conflitto in Ucraina, l’Alleanza Atlantica si appresta a rafforzare la sua presenza in Europa e il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung nei giorni scorsi aveva rivelato che la Nato potrebbe installare 5 nuove basi militari nell’Europa dell’Est, intanto ha già intensificato i pattugliamenti aerei sui Paesi Baltici e dispiegato rinforzi nel Mar Baltico e nel Mediterraneo ed aerei con le insegne della Nato sorvolano regolarmente Polonia e Romania.
Oggi, in un’intervista a Ria Novosti, il segretario aggiunto del Consiglio di sicurezza della Russia, Mikhaïl Popov, accusa la Nato di aver già rafforzato la sua presenza in Lituania, Estonia e Lettonia, vera e volenterosa linea avanzata del fronte anti-russo, con nuove truppe e con l’invio di armamenti pesanti e carri armati. La Russia ha dichiarato che «Il visibile rafforzamento della presenza militare della Nato nell’Est rappresenta un attentato alla sicurezza euroatlantica» ed ha promesso di «Reagire alle azioni Nato per proteggere la sua sicurezza».
Ma in Ucraina si parla ormai di “guerra” con la Russia già in atto nell’est del Paese, mentre Mosca continua a smentire un suo intervento militare ed il ministro degli esteri Sergei Lavrov chiede un cessate il fuoco immediato senza condizioni. Ma il gruppo di contatto – Osce, Ucraina, Russia e leader della Novarossia – riunitosi ieri nella capitale della Bielorussia Minsk , dopo circa quattro ore ha deciso solo di proseguire i colloqui nei prossimi giorni per studiare le reciproche proposte. Quindi nessuna tregua nei durissimi scontri con quelle che Kiev definisce apertamente “truppe russe”, a Donetsk e Lugansk, dove l’esercito ucraino è stato costretto ad una rovinosa ritirata. Ora il ministro della difesa ucraino Valeriy Geletey ha abbandonato i tomi trionfalistici di qualche giorno fa, quando scatenò l’offensiva contro le “repubbliche popolai” ribelli e denuncia: «Una grande guerra è arrivata alle nostre porte, una guerra come non la vediamo dal secondo conflitto mondiale». E dopo il premier polacco Donald Tusk, neo presidente del Consiglio dell’Ue, Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel dice che «È ormai chiaro che non siamo di fronte a un conflitto all’interno dell’Ucraina, ma ad uno scontro fra la Russia e l’Ucraina», aprendo la strada alla nuova responsabile per la politica estera dell’Ue, Anna Mogherib ni che di fronte alla Commissione esteri del Parlamento europeo ha annunciato che «Domani la commissione preparerà il pacchetto delle nuove sanzioni europee per la Russia» e che la decisione verrà presa il 5 settembre.
Ma i filo-russi sembrano davvero aver vinto sul campo ed essersi impossessati di regioni strategiche per la presenza di carbone, gas e risorse idriche importanti per la Crimea annessa alla Russia. Ad ammetterlo è un importante generale della Nato citato dal settimanale tedesco Der Spiegel: «Dal punto di vista militare Kiev ha subito una disfatta». Secondo Der Spiegel la leadership della Nato ha dovuto rivedere la situazione nell’Ucraina orientale e al presidente ucraino Petro Poroshenko non resterebbe altro che trattare per liberare i suoi uomini prigionieri dei russi.
La Nato sembra particolarmente preoccupata per i combattimenti intorno alla città portuale di Mariupol, sul Mar d’Azov, che se conquistata dalle milizie della Novorossia farebbe del piccolo mare un bacino completamente in mano ai russi, tagliando fuori un alleato come la Georgia e controllando ancora di più le rotte del gas e del petrolio. Inoltre ci sarebbe una continuità territoriale tra la Crimea e la Novarossia ribelle.
Fra Usa e Russia ci sono scintille come ai bei tempi dell’Urss: il governo russo ha definito inammissibili le dichiarazioni di Daniel Brooks Baer, rappresentante permanente degli Usa all’Ocse, durante la riunione del Consiglio permanente dell’Organizzazione del 28 agosto. Lavrov in persona ha sottolineato che «Egli si è permesso più di una volta attacchi odiosi contro la Russia, ma questa volta ha superato i limiti della decenza. Le sue affermazioni infondate non sono state supportate da fatti concreti, ma erano piene di insulti e maleducazione verso la Russia». Secondo i diplomatici russi, «La rabbia malcelata nelle dichiarazioni di Baer ovviamente “è legata ai successi militari delle milizie della Novarossia che nei giorni scorsi è riuscita a fronteggiare l’operazione punitiva mortale lanciata da Kiev con l’appoggio incondizionato di Washington».
Tanto per gettare acqua sul fuoco, il presidente ucraino Poroshenko, durante la sua visita negli Usa il 18 settembre, intente chiedere che le Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk vengano considerate come organizzazioni terroristiche.
Le due repubbliche autoproclamate che ormai si definiscono Novarossia hanno risposto di essere pronte a rimanere all’interno dell’Ucraina in cambio di uno statuto speciale ed al summit di Minsk hanno detto che «Negoziare su una base paritaria è il solo modo per regolare il conflitto e ristabilire la pace. Il presidente, il governo, e la Rada suprema dell’Ucraina devono adottare degli atti legislativi conformi alla lettera ed allo spirito degli accordi di Ginevra ed accordare uno statuto speciale ai territori controllati dalle Repubbliche popolari. Se Kiev adotta queste garanzie legislative e l’Ue e la Russia si fanno garanti del rispetto di questi atti legislativi, le Repubbliche popolari di Donetsk et Lugansk garantiscono che faranno di tutto per preservare la pace e l’integrità dello spazio economico, culturale e politico dell’Ucraina e della civiltà russo-ucraina. Le due Repubbliche adotteranno le leggi, gli atti e le dichiarazioni necessarie per fermare la guerra fratricida e rispettare i loro impegni presi durante i negoziati».
Al netto della propaganda, il messaggio è chiaro, Kiev deve trattare con noi che siamo i vincitori sul campo e riconoscere che appartiene al campo culturale ed economico russo. Esattamente quel che chiede Mosca ed esattamente quello che ha scatenato la rivoluzione nazionalista della destra ucraina a piazza Maidan, che doveva portare democrazia e prosperità e che invece ha portato guerra civile, bare piene di giovani soldati e città bombardate.