Per meccanismi amministrativi e politici si perde la capacità di produrre spazio urbano
Ancora sulla Piazza del Carmine a Firenze: la difficile riqualificazione della città storica (FOTOGALLERY)
L'intervento è sicuramente migliorativo, ma non riesce a trasformare il carattere anonimo della piazza
[2 Ottobre 2017]
Sembra arrivata a conclusione la vicenda di Piazza del Carmine nel quartiere fiorentino di S. Frediano. Con Renzi sindaco era destinata a parcheggio interrato. Sorgono i comitati contrari e l’attuale sindaco di Firenze Dario Nardella prima delle elezioni del 2014 promette: niente parcheggio interrato. Promessa mantenuta: nel 2015 la piazza (70×80 metri) prima usata come parcheggio in superficie viene pedonalizzata e si apre il problema di cosa farne.
Il Comune la vuole come spazio libero per eventi: mercatini vari, estate fiorentina con concerti contestati dai residenti per il rumore. I residenti la vorrebbero come spazio per uso di quartiere: giardino e gioco dei bimbi. In altre parole uno spazio da abitare per la vita quotidiana. Anche perché l’organizzazione di eventi mutevoli s’addice più all’uso turistico che a quello residenziale.
Si giunge al compromesso: 4/5 dello spazio, di fronte alla chiesa dei Carmelitani che domina la piazza, rimane libero, nel restante quinto denominato “boschetto” verranno piantanti 23 alberi. Il progetto viene approvato dalla Giunta il dicembre 2016 e dopo qualche rinvio tecnico a luglio i lavori sono iniziati.
Non senza polemiche ovviamente. “Un’urbanistica da burocrazia comunale” secondo il direttore del Corriere fiorentino, Paolo Ermini. Il progetto nella sostanza è quello iniziale. Poco hanno interessato all’amministrazione i risultati del processo partecipativo autonomo in collaborazione con l’Università. Il Comune, avendo tutto già predisposto in accordo con la Soprintendenza – contraria sembra a soluzioni di tipo “ottocentesco” di quelle per intenderci col giardino centrale – ha tirato per la sua strada.
L’unica modifica sembra essere quella della riduzione dell’area del “boschetto” per non coprire la vista della facciata della chiesa, peraltro lasciata ancora al grezzo in onore di una ideologia modernista che ancora pervade il restauro e impedisce il normale completamento dell’oggetto architettonico. Una fontanella occuperà l’angolo della piazza in alto a destra lasciato libero dagli alberi.
Grande attenzione viene riservata al restauro del pavimento in pietra. Se ne preserva la permeabilità e l’elasticità escludendo nel rifacimento l’uso del cemento sia nel sottofondo che nelle stuccature. Uno studio particolare viene dedicato al materiale da usare per la viabilità che circonda tre lati della piazza, dato che le pietre sono oramai considerate troppo costose e vulnerabili per il transito veicolare e l’asfalto viene rifiutato come non adatto al contesto storico. Verrà utilizzato il calcestruzzo architettonico, come già fatto per Piazza Pitti. Il pavimento stradale viene abbassato di 15 centimetri in modo da delimitare la piazza pedonale col tradizionale cordolo.
Ma il disegno complessivo della piazza è quanto di più anonimo ci si sarebbe potuto aspettare: a parte la delimitazione del cordolo rimane il piano libero della piazza forse protetto da catene o solo da dissuasori della sosta delle auto. Per ora nessuna seduta è prevista, tranne le quattro all’interno del boschetto. In sostanza cambia poco rispetto alla situazione attuale, ed è difficile comprendere il motivo per il quale una volta terminati i lavori uno dovrebbe soffermarsi sul lastricato in assenza di eventi organizzati.
La piazza è stata tradizionalmente usata come spazio libero, prima per la predicazione dei padri carmelitani e poi per il mercato, ma l’evoluzione moderna, come richiede la definizione precisa di una viabilità, avrebbe richiesto una nuova organizzazione dello spazio centrale della piazza, anche con l’utilizzazione del verde relegato al margine. Invece l’arredo della piazza è quasi inesistente e il disegno del verde è banale: un rettangolo all’interno del quale si piantano degli alberi. Evidentemente la lezione di Boboli e dei giardini storici fiorentini si è persa nelle pieghe del tempo.
L’intervento è comunque migliorativo e sbagliano i critici radicali dei quali Firenze è abbastanza satura che giudicano tutto negativo a priori. Tuttavia è anche vero che si perde per ragioni dipendenti dai meccanismi amministrativi e politici la capacità di produrre spazio urbano in una città che, in questo campo, ha tanti esempi da mostrare. Il metodo del restauro va bene per oggetti oramai consolidati nella loro forma ma è meno adatto per affrontare situazioni in evoluzione. Rimandare la definizione dello spazio urbano all’allestimento di eventi è una scappatoia che non risolve il problema.