Le aree interne e il ruolo delle politiche ambientali
[1 Settembre 2014]
Interessante e importante l’indagine della rivista Left, che raccoglie alcuni documentati contributi sulle nostre aree interne con i loro borghi che, a differenza di quelle costiere, registrano ormai un crescente abbandono. Territori ricchi di natura e di una agricoltura in crisi che segna anche un degrado paesaggistico a cui si sta cercando ora di far fronte con un rilancio di politiche di cui sta discutendo anche il parlamento.
Aree interne a cui finora, almeno fino a quando il ministro Fabrizio Barca non mise mano ad iniziative volte innanzitutto ad utilizzare di più e meglio i fondi comunitari, non è stata dedicata alcuna seria attenzione. Tanto più sorprendente perché le possibili alternative di ‘recupero’ si erano andate profilando sia pure timidamente con le prime significative esperienze all’interno di alcuni parchi e aree protette. Piero Bevilacqua – intervistato da Left – ebbi modo di incontrarlo con Mariano Guzzini, il direttore di Parchi la rivista di Federparchi nel giugno del 2002, torna sul tema. Ricordo i suoi riferimenti allora a Pantelleria come realtà da parco ma che rischiava di brutto con la prevista costruzione di un grande albergo. Idem al Gennargentu un parco allora considerato da alcune forze politiche locali addirittura ‘il parco dei signori’. Si parlò anche dei muretti delle 5 Terre.
Queste prime significative esperienze sono riconducibili soprattutto anche se non esclusivamente a parchi regionali e un po’ meno nazionali. Il che conferma che la risposta credibile poteva venire soltanto da politiche di pianificazione ossia di aggregazione e collaborazione istituzionale; comuni, province, regioni, parchi.
Ha ragione quindi Bevilacqua a dire oggi che bisogna «privilegiare nelle aree interne una produzione ispirata alla biodiversità (perché) avrebbe una marchio di novità culturale oltre che economico». Ma dato che si tratta di aspetti fortemente intrecciati con i ruoli istituzionali, oggi resi assai più traballanti dall’abrogazione del province, dalla crisi di molte regioni, di un ministero dell’Ambiente che fatica enormemente a ‘pilotare’ il tutto, mentre i parchi in alcune regioni rischiano di essere ricondotti ad una gestione accentrata come si era tentato in Liguria e ora si sta provando in Piemonte, non tira aria buona neppure per le aree interne.
Non dimentichiamo che una parte del movimento ambientalista, quando in Italia decollarono a fatica le politiche di tutela ambientale, sostenne che era bene che l’agricoltura lasciasse il passo ad una rinaturalizzazione: quali esiti ciò abbia prodotto sia sul piano sociale che ambientale l’abbiamo visto.
Se vogliamo ripartire bene con le aree interne, mentre anche sul piano Mediterraneo si sta puntando su politiche che alleggeriscano l’insostenibile pressione – anche turistica – costiera, per recuperare un ruolo nelle aree interne bisogna far leva innanzitutto sui soggetti più impegnati nella coordinazione e integrazione delle politiche municipali, che isolate non taglieranno alcun traguardo.
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