Case d’argilla e diritti negati, perché gli impatti del terremoto in Marocco sono stati così devastanti
Samia Errazzouki: forze storiche e strutturali stanno contribuendo ai problemi della regione
[15 Settembre 2023]
Il forte terremoto in Marocco ha ucciso oltre 2.800 persone – secondo le autorità il numero è destinato ad aumentare – e ne ha ferite altre 2.500 e ad essere colpiti sono stati soprattutto gli Imazighen (berberi), la popolazione autoctona del Paese che vive nell’Alto Atlante.
Intervistata da Stanford Report, Samia Errazzouki, ricercatrice Mellon Postdoctoral Fellow del il Dipartimento di storia – specializzata in Nord Africa – della Stanford University, ha detto che «Il disastro non ha fatto altro che amplificare alcune delle ingiustizie e delle disuguaglianze a cui gli Imazighen sono da tempo soggetti. Per decenni, se non secoli, le comunità Amazigh hanno vissuto ai margini del Paese, con i loro bisogni di base e le infrastrutture trascurati e talvolta negati. In alcuni villaggi, le normative edilizie richiedono l’uso dell’argilla per scopi estetici, impedendo alle persone di costruire case stabili e durevoli».
La Errazzouki ricorda che «I terremoti sono una realtà ricorrente in Marocco e nella maggior parte dei casi hanno un impatto sproporzionato sulle comunità Amazigh, soprattutto per le ragioni sopra descritte, ma anche a causa degli epicentri. Nel 1960, il Marocco subì il terremoto più devastante ad Agadir, che provocò almeno 12.000 morti. Nel 2004 anche la regione settentrionale del Rif è stata colpita da un terremoto che ha provocato la morte di oltre 600 persone. Come Al-Haouz, Agadir e il Rif sono prevalentemente Imazighen. Queste sono anche regioni e comunità che hanno tentato di mobilitarsi e chiedere un maggiore sostegno statale, come nelle proteste Hirak del 2016-2017 nel Rif. Coloro che hanno guidato le proteste, tuttavia, stanno ora scontando pene detentive di 20 anni. Quel che rende unico questo terremoto è che si verifica in un periodo in cui l’accesso alle informazioni è più facilmente disponibile. La gente del posto ha accesso a Internet e sta documentando le conseguenze affinché tutto il mondo possa vederle. Per la prima volta, la comunità internazionale sta dando uno sguardo alla realtà delle popolazioni più povere del Marocco – una realtà che lo Stato marocchino ha generalmente cercato di tenere nascosta all’attenzione altrimenti positiva dei media e allo sguardo dei turisti. Tutto ciò avviene anche in un periodo in cui la leadership marocchina è stata in gran parte assente. Il palazzo ha impiegato quasi 20 ore per rilasciare una dichiarazione sul terremoto e convocare una riunione di gabinetto. E da lunedì sera il capo dello Stato, re Mohammed VI, non si è ancora rivolto al popolo marocchino».
La Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha avvertito che per ricostruire le aree colpite potrebbero volerci anni e la Errazzouki spiega perché: «Le regioni più colpite si trovano nelle profondità delle montagne dell’Alto Atlante. Il terreno è accidentato e il clima è rigido. E’ una regione già difficile da percorrere, tanto più dopo questo devastante terremoto. Inoltre, le infrastrutture esistenti sono notevolmente obsolete e scarne: la maggior parte delle strade non sono asfaltate, l’accesso all’acqua corrente è limitato e l’elettricità non è affidabile. La ricostruzione di queste aree richiederà molto tempo e risorse, soprattutto perché tutto il materiale dovrà essere portato dall’esterno e, almeno per il breve periodo, trasportato tramite elicotteri e aerei».
Per la ricercatrice della Stanford, «Il fattore più importante che ha contribuito a questi problemi è stata la gestione delle risorse e le strategie di sviluppo da parte dello Stato. Quando si è trattato di spendere risorse e puntare allo sviluppo, lo Stato marocchino ha ampiamente privilegiato i centri urbani e le aree frequentate dal turismo. Prendiamo ad esempio il sistema ferroviario nazionale. Il punto più a sud del sistema ferroviario è Marrakech, decisamente fuori portata per molte delle popolazioni rurali del Paese. Nonostante questo, tuttavia, il governo marocchino ha recentemente speso 2 miliardi di dollari per aggiornare il sistema ferroviario con una linea ad alta velocità, risorse che avrebbero potuto essere utilizzate per estendere il sistema ferroviario oltre Marrakech. Inoltre, la natura fortemente centralizzata dello Stato ha indebolito la capacità di queste regioni e province rurali di prendere in mano la situazione. I funzionari statali a livello locale esercitano un’autorità eccessiva, che spesso ostacola la vita quotidiana, e molti processi burocratici si svolgono solo nella capitale Rabat. Questo significa che semplicemente ottenere una firma per un documento richiederebbe tempo, fatica e denaro per viaggiare per diverse ore. Il risultato è un settore pubblico estremamente inefficace e rigonfio che fa affidamento sulla supervisione di un regime autoritario».
Il giornalista ha chiesto se i problemi che sta vivendo il Marocco sono uguali a quelli di altri paesi della regione e la Errazzouki ha risposto che «Sfortunatamente, i problemi che affliggono il Marocco si riscontrano in molti Paesi della regione. La combinazione di un recente passato coloniale, autoritarismo, sviluppo economico disomogeneo, corruzione e scarsa tutela dei diritti umani: questi sono fattori che hanno plasmato le realtà delle persone in tutta la regione. E come il Marocco, altri Paesi della regione hanno dovuto fare i conti con disastri naturali, come le recenti inondazioni in Libia e i terremoti in Turchia e Siria, per esempio. In questi momenti di crisi, le debolezze di questi stati vengono spesso messe a nudo e la comunità internazionale è testimone del grande costo umano che va a scapito di questi problemi. Il Marocco non è diverso».
Molte vittime ci sono state nella regione di Al-Haouz e la ricercatrice fa notare che «La stragrande maggioranza della popolazione della regione di Al-Haouz appartiene all’etnia Imazighen, la popolazione indigena del Nord Africa. Si tratta di una comunità che è stata storicamente emarginata dallo Stato, che ha privilegiato una politica di arabizzazione sin dall’indipendenza nel 1956. Questo significa che la lingua, la cultura, la tradizione e la storia Amazigh hanno ricevuto poco o nessun sostegno statale. Recentemente, e in seguito alle rivolte del 2011 nella regione, lo Stato ha adottato un approccio più proattivo per affrontare l’assenza di rappresentanza Amazigh nello spazio pubblico, ma questo deve ancora tradursi pienamente in un trattamento più equo, soprattutto quando si tratta di sviluppo economico e sociale».