Il consumo di suolo non risparmia le aree a maggior rischio sismico: +3% l’anno
Wwf, nelle zone classificate 1 e 2 lungo gli Appennini occupati territori per un totale di circa 2.200 kmq negli ultimi 50 anni
[28 Giugno 2017]
Dopo i dati duri e crudi offerti dall’Ispra in merito al consumo di suolo in Italia, il Wwf si carica dell’onere di approfondire l’analisi attraverso il nuovo rapporto Caring for our soil – Avere cura della natura dei territori: un documento che offre analisi e proposte originali utili alla comprensione delle dinamiche del consumo di suolo in atto e per governare lo sviluppo delle aree urbanizzate, garantendo nel contempo la tutela e la resilienza del patrimonio naturale e l’adattamento ai cambiamenti climatici.
«Nel nostro Paese – osserva la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi – gli habitat ecologicamente intatti sono in costante riduzione, solo l’11% dei fiumi alpini si salva da interventi artificiali e dallo sfruttamento; solo il 30% delle coste è rimasto nel suo stato naturale mentre il 50% risulta compromesso; l’80% delle dune è scomparso. Il suolo, risorsa non rinnovabile e bene comune, svolge funzioni vitali per l’ecosistema, la resilienza dei sistemi naturali, la produzione alimentare, la conservazione delle risorse idriche, lo stoccaggio del carbonio: contenere il consumo di suolo è fondamentale per limitare il rischio idrogeologico, garantire la resilienza dei sistemi naturali e favorire l’adattamento ai cambiamenti climatici. È quindi indispensabile stabilire per legge quali siano le soglie da non superare». Eppure la legge non arriva, bloccata da oltre un anno al Senato.
Come ricordato nei giorni scorsi da Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, «il consumo di suolo resta un’urgenza per il nostro territorio e una priorità per la politica anche se il fenomeno è migliorato, scendendo da 7 a 3 metri quadri al secondo come ci dice il prezioso rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) realizzato dall’Ispra insieme alle Arpa. Pertanto mi auguro che il Senato vari entro la legislatura la legge per il contenimento del consumo di suolo e la difesa delle aree agricole già approvata dalla Camera nel maggio 2016.
Un provvedimento i cui obiettivi sono azzerare il consumo di suolo entro il 2050 e incentivare da subito, anche fiscalmente, la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità, favorire il costruire sul costruito puntando su risparmio energetico, sicurezza e qualità».
Nel frattempo i numeri parlano di una realtà diversa. Il report del Wwf descrive un’Italia dove, se «oltre alla espansione urbana consideriamo le infrastrutture, scopriamo che la quota di territorio che si può considerare completamente artificializzato nel nostro Paese sale dal 7% al 10% e che aver investito prevalentemente nella realizzazione di strade e autostrade ha favorito la diffusione di una peculiare patologia nazionale: la polverizzazione dell’edificato, a bassa densità, in aree molto vaste (sprinkling), facilitata dallo squilibrio in favore della mobilità su gomma (l’Italia è seconda solo al Lussemburgo nella classifica europea della motorizzazione privata: con 608 veicoli per 1000 abitanti )», un fenomeno che non risparmia neanche gli habitat naturali più preziosi del nostro Paese: «Nella fascia di 1 km in immediata adiacenza ai Siti di interesse comunitari, negli ultimi 50 anni, l’urbanizzazione è salita da 84mila ettari a 300mila ettari, con un incremento medio su scala nazionale del 260%, dilapidando così il nostro capitale naturale».
Ma il paradosso più doloroso corre lungo il cuore d’Italia, quello che batte lungo gli Appennini. «Negli ultimi 50 anni – informano dal Wwf – nei Comuni della dorsale appenninica localizzati nelle aree a maggior rischio sismico (sono 1.750 i Comuni che sorgono nelle zone classificate 1 e 2, il 22% del totale dei Comuni italiani), si scopre che l’espansione urbana è andata avanti ad un ritmo del 3% l’anno, occupando nuove aree per un totale di circa 2.200 kmq (pari all’attuale superficie urbanizzata della regione Emilia Romagna)». In attesa della prossima scossa.