Danno ambientale e non legittimazione dei Comitati a ricorrere. Il caso di Castiglione della Pescaia
Sentenza del Consiglio di Stato: i comitati possono impugnare provvedimenti solo se la loro attività risulta protratta nel tempo e non sono nati solo per impugnare quei provvedimenti
[13 Giugno 2022]
Una recente sentenza (18 maggio 2022) del Consiglio di Stato su “Danno ambientale. Legittimazione degli enti esponenziali di interessi diffusi in materia ambientale” per le associazioni nazionali e per quelle presenti in almeno 5 regioni dall’iscrizione nell’elenco ministeriale previsto dalla legge 349 del 1986, si occupa della legittimazione a impugnare provvedimenti amministrativi e, come spiega Lexambiente.it, «Può essere riconosciuta alle associazioni territoriali che, pur non iscritte in detto elenco, perseguono statutariamente la tutela dei beni ambientali, hanno stabile collegamento con il bene oggetto di tutela (inteso come continuità storica della propria azione di tutela) e ad esse è riconoscibile la c.d. “vicinitas” alla fonte della lesione lamentata (intesa come appartenenza o prossimità-contiguità dell’ente al territorio in cui ricade il bene medesimo)». Ma «Per i comitati la legittimazione ad impugnare i provvedimenti amministrativi ritenuti lesivi per l’ambiente non può prescindere dal requisito della cosiddetta stabilità temporale, nel senso cioè che la loro attività deve risultare protratta nel tempo e non, invece, insorta proprio e unicamente in funzione dell’impugnazione di quei provvedimenti».
La sentenza nasce da un ricorso in appello proposto dal Comitato Save the Coast – ETS contro la Regione Toscana e il Comune di Castiglione della Pescaia e la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo che chiedeva di rivedere la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana dell’8 giugno 2021 sul progetto di ripascimento e riequilibrio del litorale di Castiglione della Pescaia. Un progetto che riguardava il tratto di costa di 7 Km compreso tra Punta delle Rocchette e la foce del fiume Bruna e che ha comportato il ripascimento dell’arenile e la realizzazione di “pennelli” frangiflutti realizzati con grossi blocchi di materiale lapideo e di “isole soffolte” e di “barriere sommerse”.
La Soprintendenza aveva chiesto che il progetto venisse sottoposto a valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) perché presentava elementi in di contrasto con le prescrizioni del Sistema Costiero n. 8 del PIT, e con decreti riguardanti i vincoli sull’area interessata. Richiesta accolta dalla Regione Toscana che avviato il procedimento per la V.I.A. e avvisato il Comune che, in risposta, ha proposto delle modifiche progettuali non sostanziali che avrebbero consentito di ridurre significativamente l’impatto paesaggistico, rendendo invisibili i “pennelli” e prolungando la parte soffolta in maniera tale che risultasse integralmente sotto la quota della spiaggia). Modifiche non ritenute sufficienti dalla Soprintendenza che ha suggerito di valutare «una soluzione progettuale alternativa che non preveda l’inserimento di pennelli in massi lapidei di cava, ma proponga soluzioni di ingegneria naturalistica per la tutela e la protezione della duna e un ripascimento dell’arenile da effettuare esclusivamente con materiale “sabbioso” (idoneo per cromia e tipologia ovvero con riferimento ai sedimenti nativi della spiaggia oggetto di intervento), tale da non risultare in contrasto con le motivazioni e le prescrizioni dei provvedimenti di tutela ex artt. 136 e 142 del Codice». La Regione Toscana, con un decreto del 25 settembre 2020, ha concluso il procedimento, il progetto del Comune dalla procedura di V.I:A: è ha sottoposto il progetto ad ulteriori condizioni e molte raccomandazioni.
Il decreto regionale è stato impugnato al Tar per la Toscana dal Comitato Save the Coast e da due cittadini secondo i quali la necessità della V.I:A. non era stata superata dalle modifiche progettuali proposte dall’Amministrazione comunale. Ricorso che il TAR di Firenze aveva dichiarato inammissibile per la carenza di legittimazione attiva del Comitato Save the Coast, costituito solo nel giugno 2020, e dei due ricorrenti.
La Regione Toscana e il Comune di Castiglione della Toscana si sono costituiti in giudizio nell’agosto 2021, chiedendo il rigetto dell’appello, ed hanno depositato memorie. Il Ministero della Cultura si è costituito in giudizio il 12 agosto 2021 ed ha depositato una memoria con la quale appoggia le argomentazioni del Comitato sul fatto che il progetto dovesse essere sottoposto a V.I.A. per la sua incidenza sulle compatibilità paesaggistica (il ministero non ha però impugnato il decreto della regione Toscana).
Ma, secondo il Consiglio di Stato «La tesi degli appellanti non può essere condivisa. Il Tar ha innanzitutto correttamente rilevato che il Comitato è stato costituito in data 14 giugno 2020 e dunque non poteva ritenersi un soggetto giuridico collettivo che avesse consolidato la sua attività di cura dell’interesse ambientale locale. In sostanza, si configurava come un ente collettivo qualificabile come occasionale, cioè sorto per tutelare l’interesse ambientale con riferimento alla vicenda di cui è causa mediante la proposizione del ricorso di primo grado il 30 novembre 2020» e i due cittadini ricorrenti «Non avevano “indicato” quale sarebbe stato il pregiudizio specifico subito dal progetto contestato, se non la vicinitas all’area interessata e la loro condizione di proprietari e di operatore economico»..
Invece <, per quanto riguarda la presunta violazione dell’art. 9 della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, la sentenza del Consiglio di Stato fa rilevare che «Al di là della sua concreta applicabilità al caso in esame, i ricorrenti non hanno mai chiesto di partecipare e neppure hanno formulato osservazioni in ordine al procedimento relativo al decreto impugnato, pur essendo l’avviso della presentazione del progetto pubblicato sul sito web della regione Toscana a partire dal 30 marzo 2020. In ogni caso, la convenzione, che opera esplicitamente una distinzione tra il “pubblico” in generale e il “pubblico interessato”, al citato art. 9 garantisce l’accesso al giudice, per impugnare un atto o una decisione rientrante nel suo ambito di applicazione, al solo “pubblico interessato” che rispetti determinati requisiti previsti dal diritto nazionale (compresi quindi quelli fissati per la legittimazione – cfr. Corte giustizia UE sez. I, 14 gennaio 2021, n.826)».
Per questi motivi, «L’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata».