L’Inventario Ispra e la nuova piattaforma Idrogeo

In Italia ci sono (almeno) 620.783 frane: in bilico il 7.9% del territorio nazionale

Eppure in alcune Regioni i dati sono sottostimati, in altre sono fermi al 2007, mentre rimane cronico il disallineamento tra Inventario Ispra e Piani di assetto idrogeologico

[22 Maggio 2020]

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha presentato ieri la nuova piattaforma “Idrogeo”. Tale piattaforma rappresenta un valido strumento di comunicazione e diffusione delle informazioni sul dissesto idrogeologico in Italia, in quanto permette la consultazione e la condivisione di dati, mappe,mappe nazionali di pericolosità, indicatori di pericolosità e dei documenti dell’Inventario dei fenomeni franosi.

Nel dettaglio Idrogeo è una piattaforma open source, open data e responsive con le diverse tipologie di dispositivo, ovvero è un applicativo semplice, chiaro, facile da utilizzare e fruibile sia dalla pubblica amministrazione che dai professionisti del settore, nonché dai cittadini. La piattaforma permette di estrapolare i dati e le mappe su base nazionale, regionale, provinciale, comunale e sulla singola frana. Inoltre i funzionari delle PA e i professionisti possono segnalare le nuove frane presenti sul territorio nazionale. Infine, si può effettuare il download dei dati e la condivisione sui social delle mappe.

Tutto ciò, quindi, favorisce la conoscenza del territorio e, conseguentemente, la prevenzione del rischio idrogeologico.

L’inventario dei fenomeni franosi

L’Inventario dei fenomeni franosi in Italia rappresenta uno strumento conoscitivo indispensabile per lo studio, l’analisi e la pianificazione territoriale in quantofornisce un quadro dettagliato sulla distribuzione dei fenomeni franosi, in grado di valutare la pericolosità e l’evoluzione futura delle frane.

L’inventario è realizzato da Ispra con la collaborazione delle Regioni e delle Province autonome ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera g, della Legge n. 132 del 2016. Nel dettaglio, l’Ispra si occupa del coordinamento tecnico-scientifico e svolge l’attività di raccolta, elaborazione e diffusione dei dati in materia di difesa del suolo e di dissesto idrogeologico riferita all’intero territorio nazionale, ai sensi degli artt. 55 e 60 del D.Lgs. n. 152 del 2006. Le Regioni e le Province autonome, invece, si occupano della raccolta, archiviazione, informatizzazione e validazione dei dati.

Attualmente l’inventario ha censito 620.783 fenomeni franosi che interessano un’area di circa 23.700 km2, pari al 7.9% del territorio nazionale. Il censimento delle frane sul territorio nazionale secondo modalità standardizzate e condiviseè fondamentale poiché permette di programmare gli interventi di difesa del suolo e fornisce un supporto per le politiche nazionali di mitigazione del rischio. Ad ogni fenomeno franoso censito è stato assegnato un codice alfanumerico denominato ID-Frana, che ne consente un’univoca identificazione sull’intero territorio nazionale. L’ID-Frana costituisce, infatti, il collegamento tra il database alfanumerico e il database cartografico.

I dati dell’inventario sono aggiornati tra il 2014 e il 2019 per 9 Regioni e 2 Province autonome, mentre per le restanti i dati sono vetusti in quanto risalgono al 2007.  In particolare, i dati sono aggiornati al 2017 per la Regione Umbria; al 2016 per l’Emilia – Romagna, il Friuli – Venezia – Giulia, la Liguria, il Piemonte, la Sicilia, la Valle d’Aosta e per la Provincia autonoma di Bolzano; al 2015 per la Toscana; al 2014 per la Basilicata e la Lombardia. Tuttavia, va evidenziato che prima dell’avvio di tale inventario risultavano censite dalle Regioni e dalle Province autonome circa 70.000 frane.

L’inventario è stato finanziato nel 1997 con 4,1 milioni di euro dal Comitato dei ministri per la difesa del suolo, ai sensi della Legge 18 maggio 1989 n. 183 – Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, e nel 2004 con 650.000 euro dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici, attualmente Ispra. Nel periodo 2001-2008, invece, l’attuazione è avvenuta mediante convenzioni stipulate sia tra il Servizio geologico nazionale e le Regioni – Province autonome sia tra l’Apat e le Regioni – Province autonome.

Il 23/10/2012 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato la proposta tecnico-economica dell’Iffi per un importo complessivo di 7 milioni di euro in 3 anni. Attualmente l’inventario è stato rifinanziato con i fondi della politica di coesione 2014-2020 al fine di superare il gap di aggiornamento, l’integrazione della piattaforma con le reti do monitoraggio in situ e i dati interferometrici satellitari.

Le fonti utilizzate dall’inventario sono la carta geologica e geotematica, le carte dell’inventario dei fenomeni franosi, i Piani di assetto idrogeologico, l’aerofotointerpretazione, il rilevamento di campagna, i dati e gli archivi storici.

La qualità degli inventari delle frane dipende dalle fonti e dalle metodologie utilizzate. I limiti principali determinati dalle fonti di aerofotointerpretazione sono rappresentati dalla difficoltà di individuare le frane in aree ricoperte da vegetazione, dalla mancanza di informazioni relative alle date di attivazione delle frane e, conseguentemente, dalla difficoltà di determinare il tempo di ricorrenza.

Dall’analisi dei dati e degli archivi storici, invece, si ricavano informazioni insufficienti sulla tipologia del movimento, informazioni sottostimati sugli eventi verificatesi in zone non abitate e informazioni imprecise sull’ubicazione dell’evento di frana.

Per la valutazione e mappatura della pericolosità da frana, le Autorità di bacino, le Regioni e le Province autonome hanno utilizzato diverse metodologie, tra cui il metodo qualitativo a matrici, il metodo geomorfologico, i metodi quantitativi statistici o approcci di tipo misto, caratterizzati dalla combinazione di più metodi. In alcune Regioni, come ad esempio in Calabria, i dati risultano sottostimati rispetto alla reale situazione di dissesto poiché l’attività di censimento delle frane è stata concentrata prevalentemente nelle aree in cui sorgono centri abitati o interessate dalle principaliinfrastrutture lineari di comunicazione.

L’accostamento del Piano di assetto idrogeologico (Pai)[1] con l’Inventario dei fenomeni franosi ha determinato un disallineamento tra le banche dati della pianificazione e quelle del catasto delle frane in quanto i soggetti attuatori, le tempistiche, gli aggiornamenti dei dati e le dimensioni minime sono differenti. Nel dettaglio: i Pai sono stati adottati prima dell’inventario, l’aggiornamento dei dati al 2019 è in corso e la dimensione minima dei dissesti è di 200 mq rispetto ai 7500 mq dell’inventario.

Per quanto sopra evidenziato, occorre definire dei criteri standard nazionali di qualità dei dati al fine di garantire un prodotto geologico di eccellenza. Si evidenzia la necessità di aggiornare i dati e di garantire l’omogeneità delle perimetrazioni tra i territori al fine di non disperdere il capitale di informazioni raccolte. Occorre, inoltre, allineare le frane riportate nel Pai con quelle dell’Inventario al fine di ottenere un’unica banca dati fondamentale per la redazione delle strategie di mitigazione del rischio a medio e lungo termine.

[1]Le Autorità di bacino distrettuali hanno il compito istituzionale di perimetrare nei Pai le aree a pericolosità da frana, che includono quindi, oltre alle frane già verificatesi, anche le zone di possibile evoluzione dei fenomeni e le zone potenzialmente suscettibili a nuovi fenomeni franosi ai sensi della L. 183/89, del D.L. 180/98 e del D. Lgs. 152/06.

di Ilaria Falconi*

*Tecnico ISMEA presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Consigliere Nazionale SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale), Consigliere SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sez. Lazio