Il piano del paesaggio e il suo linguaggio
[4 Settembre 2014]
Le reazioni ad alto tasso alcolico sul piano del paesaggio, dopo taluni incontri anche di Enrico Rossi con chi ha parlato senza tanti riguardi di ‘frittata’, sembrano avviarsi ad una positiva conclusione.
Anche l’assessore all’Agricoltura, subito schieratosi con dichiarazioni irriportabili anche sulla nostra Costituzione, evidentemente pur sedendo in giunta non aveva capito. L’assessore, per chi non lo ricordasse, è lo stesso che voleva gestire ‘aziende’ agricole toscane a partire dalla Tenuta di San Rossore da Firenze ma non gli era andata bene.
Rossi ha assicurato che non ci saranno nuovi vincoli ma solo ricerca di concrete intese in cui le attività agricole e il paesaggio si diano una mano. Insomma come ha detto Rossi il linguaggio troppo ‘accademico’ del piano non ha reso sufficientemente chiari e comprensibili i suoi obiettivi. Ora si provvederà a rimediare.
Quel che non convince del tutto in questa vicenda è che problemi così controversi e delicati sembrano ‘nuovi’. Ma nuovi non sono. Già la discussione sul PIT aveva fatto emergere con chiarezza che sul paesaggio specie in una regione come la Toscana il PIT doveva essere seriamente modificato tanto è vero che fu affidata soprattutto all’Università di Firenze il compito di predisporre uno studio che in effetti permise di rivedere a fondo il PIT. Insomma uno studio che più ‘accademico’ non poteva essere. Anche l’agricoltura ritrovò il suo posto evidenziando che molti dei suoi problemi nascono da una eccessiva specializzazione colturale, con una inevitabile semplificazione del paesaggio, dalla maggiore vulnerabilità dei suoli in relazione ai caratteri dei nuovi impianti, dall’impatto ambientale delle tecniche e delle costruzioni. A fronte di questi problemi fa un certo effetto leggere perciò dichiarazioni del tipo; chi viene a Montalcino vuol trovare viti non campi di grano. Chi va sulle colline zeppe di olivi non vuol trovare viti?
Eppure anche le varie ‘strade del vino’ e la loro ricca rete di osterie, enoteche, ristoranti con la loro triangolazione ‘cantine-sagre-trattorie’ viene sempre più proposta con troppe poche varianti perché possa durare ed estendersi. Una pianificazione che sappia integrare questa molteplicità di aspetti agricoli che riguardano territori pregiati anche sotto il profilo ambientale e paesaggistico richiede anche ai comuni come alle aree protette e ai bacini idrografici una capacità di ‘governo’ che non sempre siamo riusciti e riusciamo ad assicurare. E non si scomodino ancora una volta i ‘vincoli’ perché dove il piano dice che è bene non fare una certa cosa si aggiunge subito quale è la cosa da fare il che è l’esatto contrario delvecchio ‘vincolismo’ accademico e non.
Tutto sarebbe meno difficile e complicato se di queste cose discutessero di più e meglio le istituzioni e anche le forze politiche anche di governo senza limitarsi a dire ‘siamo pronti a discutere’. Ci mancherebbe pure che non lo fossero.
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