Riceviamo e pubblichiamo

I parchi non basta riaprirli, devono ripartire

Un nuova politica per l’ambiente che abbia nei parchi uno dei suoi protagonisti più qualificati e determinati è l’unica via percorribile per una ripartenza vera

[8 Maggio 2020]

A partire dalla Toscana in questi giorni con diverse iniziative i parchi nazionali e regionali

d’intesa con Federparchi, l’associazione che li rappresenta sul piano nazionale in confronti e dialoghi con la Regione, stanno discutendo della loro riapertura. Analoghe iniziative sono state promosse o sono in corso un po’ in tutta Italia: si tratta di una rimessa in moto sicuramente opportuna e apprezzabile.

Ma la ripartenza avviene in un momento in cui le politiche ambientali registrano, più che significative  innovazioni come avevamo sperato e ci eravamo augurati, qualche preoccupante peggioramento.

Mi riferisco in particolare alla vicenda delle Olimpiadi della neve (Milano-Cortina 2026) che dovrebbero svolgersi in vari territori dolomitici. I progetti che circolano prevedono nuovi impianti a fune e infrastrutture in tracciati di grande pregio ambientale, tutelati Unesco e siti Natura 2000. Altro segnale che preoccupa è stato un servizio del TG1 nel quale si sosteneva che il bosco ha bisogno dell’uomo che va curato, che bisogna tagliare di più, ecc. Ci sono state molte reazioni e proprio in questi giorni vi è la possibilità di formulare osservazioni alla nuova legge forestale. Si può organizzare meglio la filiera forestale, tagliare dove serve per non soffocare i paesi, ma è indispensabile tutelare gli ecosistemi forestali di pregio, i boschi vetusti, le aree protette. Dibattito non nuovo ma nel quale le spinte verso una maggiore produzione di legname, l’apertura di nuove strade, la concezione che bisogna semplificare un sistema  troppo vincolistico conducono su versanti opposti rispetto a quello, da tutti evocato, della sostenibilità e della tutela. Anche all’interno della Società botanica italiana non sono mancate prese di posizione e persino lettere di dimissioni da parte di autorevoli esponenti, che ritengono non si debbano accettare i soliti compromessi al ribasso.

Ecco perché non basta riaprire i parchi se nel frattempo le politiche ambientali, anziché finalmente cambiare rotta, perseverano nei vecchi percorsi fallimentari e disastrosi. Sarebbero aperture ancora più rischiose.

Dovrebbe essere ormai chiaro che senza una politica nazionale a cui dedicammo  il libro Ambiente e territorio: i parchi tra crisi e rilancio e a cui aderì anche il ministro dell’ambiente Costa, non cambierà nulla. Peggio, si ripartirà con i vecchi disastri.

Un nuova politica per l’ambiente che abbia nei parchi uno di suoi protagonisti più qualificati e determinati è l’unica via percorribile per una ripartenza vera.Possibile che l’idea di una Conferenza nazionale sul tema susciti ancora tanta diffidenze?

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