Rinasce Firenze, ma il turismo è un problema ancora irrisolto
Il nuovo programma del sindaco Nardella si prone di rendere la città “capitale di un’economia della conoscenza” ma rimane il nodo di come gestire i flussi turistici, drogati dagli affitti brevi
[29 Maggio 2020]
Come tutte le città anche Firenze è intenta a leccarsi le ferite prodotte dal Covid-19, che non sono solo quelle dei morti. Il turismo, come in tutto il mondo, ha preso una batosta storica che lo ha azzerato. Basti pensare ai titoli di fine 2019, secondo cui il reddito da turismo a Firenze avrebbe dovuto superare i 2 miliardi di euro, mentre ora le presenze turistiche dagli stimati 24 milioni circa dell’anno passato si sono ridotte praticamente a zero.
Sembra la fine di un’epoca, anche se non sarà così. Comunque si pensa di poter progettare un futuro diverso. In questa situazione è in corso a Firenze un dibattito, come spesso succede, sul futuro della città nel quale sono intervenuti gli esponenti del mondo economico e politico, il Pd con un programma annunciato in una conferenza stampa, e poi in modo molto più ufficiale e approfondito il sindaco Dario Nardella che ha lanciato il programma “Rinasce Firenze”, da intendersi come aggiornamento al Programma di mandato 2019-24 ma da considerare anche in relazione all’iter avviato prima del Covid-19 per la formazione del nuovo piano operativo e la contestuale variante al precedente piano strutturale. L’iter ovviamente si è bloccato durante la chiusura, e il piano ora, oltre ai vecchi problemi, ne ha uno nuovo.
L’idea di Rinasce Firenze è quella di una città che riparte su nuove basi: “Una città vivibile, che si prende cura dei suoi cittadini, sostenibile dal punto di vista ambientale, capitale di un’economia della conoscenza e dello sviluppo tecnologico che controbilanci un’inevitabile natura di destinazione turistica”. Si tratta di obiettivi ampi, ma il programma si muove su due piani: quello dell’immediato per salvare il salvabile, fatto di misure precise, e quello più a lunga scadenza, con Firenze “capitale di un’economia della conoscenza”. Non è un obiettivo da poco. Considerando l’economia della conoscenza vengono in mente città come Londra, Boston, Cambridge, Oxford, difficilmente Firenze, conosciuta come città d’arte e quindi di turismo, anche se vi si trovano alcuni settori universitari di rilevanza internazionale e imprese con elevato contenuto tecnologico.
Ma il punto cruciale in questo contesto è il controbilanciamento del settore turistico. In pratica l’obiettivo principale del programma è il limite al turismo. Un obiettivo condivisibile, ma che va visto nel quadro del regolamento di conti all’interno del settore turistico, che era già in atto tra gli albergatori e gli affitti brevi di airbnb e booking. Firenze non vuol perdere il turismo che porta soldi al bilancio comunale tenendo basse le aliquote delle addizionali irpef, ma vuole un turismo di qualità ovvero che porti soldi soprattutto agli albergatori. Da qui la dichiarazione di guerra agli affitti brevi ai quali, con l’azzeramento della domanda turistica, verrebbe offerta la possibilità di affittare ai residenti con la garanzia del Comune contro le eventuali insolvenze. Ma è improbabile che il settore accetti perché spera nella ripartenza del turismo. Il programma include la minaccia di introdurre un contingentamento degli affitti brevi, che oramai hanno dilagato nella città, all’interno del futuro piano operativo. Una minaccia poco credibile. Occorre una normativa nazionale che dichiari sia il carattere imprenditoriale dell’attività di affitto turistico, sia la diversità e incompatibilità con la destinazione d’uso residenziale.
Ma non si capiscono le vicende del centro storico fiorentino se non si allarga lo sguardo all’area metropolitana. Ci si accorge allora che il centro storico non è più il centro di quest’area. Il centro si va spostando verso ovest in un’area fluida tra la stazione centrale e Novoli, e il motivo è semplice: l’espansione della città è avvenuta principalmente verso ovest e solo in parte ha seguito, a causa della conformazione del terreno, la classica espansione per cerchi concentrici. Dagli anni ‘70 in poi si è sempre detto che il centro storico andava svuotato da tutte quelle funzioni che lo appesantivano e quindi università (in parte) e giustizia sono state trasferite nel nuovo centro dove già prima si erano collocati gli uffici della Giunta regionale. Insomma: si è fatta una politica che pareva sensata di decentramento, ma è il turismo che ha occupato lo spazio abbandonato.
La pandemia finirà e il turismo come è auspicabile riprenderà, e probabilmente, all’inizio, i turisti si fideranno più degli appartamenti che degli alberghi. Il turismo per Firenze è solo una parte della sua economia, ma è anche quella che gli dà maggiore visibilità e che ne dà anche alle merci che qui vengono prodotte. Quindi è importante che rimanga, ma sotto controllo. Gli appartamenti per turisti sono utili in una certa misura, ma lasciati liberi di svilupparsi sono come il cancro della città perché come il cancro si presentano come cellule sane, sotto le mentite spoglie della residenza.
Non se ne esce senza una normativa nazionale che ne riconosca la natura turistico-ricettiva, e stabilisca i criteri per la compatibilità con la residenza (un agriturismo ad esempio non ha impatto sulla residenza). Solo così si potranno selezionare quelli che continueranno a esistere come affitti temporanei. Nell’attesa, speriamo che si possa sviluppare l’economia della conoscenza e soprattutto dello sviluppo tecnologico.