Riceviamo e pubblichiamo
Toscana, la riforma della legge 1 sul territorio spiegata dall’assessore Marson
[4 Ottobre 2013]
A più di otto anni dall’entrata in vigore della legge 1/2005 la riforma approvata lunedì scorso dalla Giunta Regionale, dopo oltre due anni di lavoro e diversi mesi di concertazione istituzionale, interviene a modificarne i contenuti alla luce dell’esperienza applicativa, con la finalità di valorizzare il patrimonio territoriale e paesaggistico per uno sviluppo regionale sostenibile e durevole, contrastare il consumo di suolo promuovendo il ruolo multifunzionale del territorio rurale, sviluppare la partecipazione come componente ordinaria delle procedure di formazione dei piani.
Nell’insieme tale riforma è diretta a migliorare l’efficacia della governance interistituzionale in base ai principi della sussidiarietà, e a rendere più chiare e rapide le procedure graduando la complessità degli adempimenti in relazione alla rilevanza delle trasformazioni.
La proposta di modifica ha trattato molteplici aspetti procedurali e sostantivi, e potrà essere apprezzata soltanto attraverso una lettura compiuta dell’articolato di legge, disponibile sul sito della Regione Toscana (www.regione.toscana.it/territorio) da lunedì prossimo, quando l’atto sarà trasmesso al Consiglio Regionale per gli adempimenti di competenza.
Le principali innovazioni introdotte sono sintetizzate a seguire, in ordine alfabetico, anteponendo una breve descrizione della situazione in essere che ci ha indotto a introdurre le relative modifiche.
Consumo di suolo
Nonostante la legge vigente dichiari che “nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti”, dal 2005 a oggi il consumo di suolo è proseguito non solo per effetto delle previsioni già vigenti ma anche in conseguenza dei nuovi impegni di suoli agricoli a fini edificatori, in assenza di verifiche effettive sulla sussistenza di possibili alternative interne alle aree già urbanizzate.
Al fine di contrastare e ridurre al minimo strettamente necessario il consumo di suolo ciò che nel testo vigente e’ soltanto un enunciato di principio viene pertanto tradotto in una serie di dispositivi operativi concreti:
– si definisce in modo puntuale il territorio urbanizzato, differenziando le procedure per intervenire all’interno dello stesso da quelle per la trasformazione in aree esterne, con particolare riferimento alla salvaguardia del territorio rurale e al fine di promuovere il riuso e la riqualificazione delle aree urbane degradate o dismesse;
– in aree esterne al territorio urbanizzato non sono consentite nuove edificazioni residenziali. Limitati impegni di suolo per destinazioni diverse da quella residenziale sono in ogni caso assoggettati al parere obbligatorio della conferenza di copianificazione d’area vasta, chiamata a verificare puntualmente, oltre alla conformità al PIT, che non sussistano alternative di riutilizzazione o riorganizzazione di insediamenti e infrastrutture esistenti;
– nel territorio urbanizzato, per promuoverne il riuso e la riqualificazione, ferme restando una serie di condizioni generali sono introdotte alcune semplificazioni.
Correttezza delle procedure ed efficacia delle norme di legge
La forte autonomia assegnata dalla legge vigente a ciascun ente territoriale nel procedimento di formazione degli strumenti della pianificazione ha comportato in questi anni interpretazioni anche piuttosto ampie e divergenti delle norme di riferimento. La conferenza paritetica interistituzionale, unico strumento di trattazione dei conflitti previsto, per riconoscimento unanime di tutte le sue componenti ha funzionato in modo apprezzabile, senza avere tuttavia il potere di rendere cogenti le proprie decisioni e mettendo così a rischio la stessa credibilità dello strumento.
In seguito alla valutazione positiva del suo funzionamento si è scelto di mantenere la conferenza paritetica interistituzionale come strumento di riferimento per la regolazione dei conflitti, dotandola tuttavia dei poteri necessari ad assicurare il recepimento delle proprie conclusioni, e richiamando il ruolo di tutti i soggetti istituzionali nel far rispettare le norme di riferimento:
– i soggetti istituzionali possono adire la conferenza paritetica qualora ravvisino contrasti non solo tra gli strumenti della pianificazione ma anche rispetto alle disposizioni della presente legge;
– la conferenza paritetica valuta gli adeguamenti prodotti a seguito delle proprie conclusioni e relative richieste;
– se gli adeguamenti sono valutati negativamente, l’atto, o la parte di esso in questione, non assume efficacia.
Informazione e partecipazione
Nonostante la legge vigente preveda la costruzione partecipata dello statuto dei piani, l’attivazione di processi partecipativi strutturati è stata quasi esclusivamente limitata alle iniziative finanziate dalla legge 69/2007, che peraltro quando non inserite nel procedimento di formazione del piano hanno evidenziato problemi di relazione rispetto al piano stesso. L’accesso all’informazione è inoltre in troppi casi tuttora difficoltoso.
In coerenza con la rinnovata legge regionale sulla partecipazione, 46/2013, è previsto che le attività di partecipazione siano inserite a tutti gli effetti nella procedura di formazione degli atti di governo del territorio.
Gli articoli dedicati alla partecipazione degli abitanti nei procedimenti di governo del territorio sono stati riordinati, prevedendo linee guida comuni a livello regionale per garantire prestazioni omogenee, tecnicamente adeguate alle diverse tipologie di atti.
E’ previsto il diritto d’accesso agli atti amministrativi relativi ai procedimenti del governo del territorio senza obbligo di specifica motivazione.
Monitoraggio dell’esperienza applicativa delle legge e valutazione della sua efficacia
Attualmente non è previsto alcun tipo di monitoraggio dell’esperienza applicativa della legge che ne evidenzi eventuali problematiche operative, né di valutazione dell’efficacia della stessa nel raggiungere le finalità enunciate. Si ritiene invece fondamentale che la legge definisca le modalità per poter proporre le correzioni eventualmente necessarie alla luce di evidenze motivate derivanti dalla sua applicazione.
La conferenza paritetica interistituzionale, avvalendosi anche del monitoraggio svolto dalle strutture tecniche, formula annualmente eventuali proposte e rilievi alla Giunta in merito al funzionamento della pianificazione.
La Regione al fine di valutare l’efficacia della legge e lo stato della pianificazione promuove il confronto con le rappresentanze istituzionali, le parti sociali, le associazioni ambientaliste, il mondo della cultura e dell’Università.
Patrimonio territoriale
In assenza di una definizione chiara di “statuto” del territorio e delle sue “invarianti strutturali”, gran parte dei piani redatti ai sensi della legge 5/95 e 1/05 hanno interpretato lo statuto come elencazione di beni culturali e aree protette, dunque come vincoli anziché regole di corretta trasformazione dell’intero territorio, rendendo inefficace la relazione tra componente statutaria e componente strategica dei piani.
L’introduzione del concetto di patrimonio territoriale, quale bene comune costitutivo dell’identità collettiva regionale, costituisce riferimento per contestualizzare le “invarianti strutturali” nello Statuto del territorio, e promuovere una più efficace relazione tra statuto e strategia dei piani. Analogamente a quanto avvenuto con il passaggio dal riconoscimento di singoli edifici di valore al riconoscimento dei centri storici quali organismi complessi caratterizzati dalle relazioni tra edilizia monumentale ed edilizia minore, e tra edifici e abitanti, compiuto tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, con il concetto di patrimonio territoriale esteso all’intero territorio regionale si realizza un avanzamento culturale che sottolinea il passaggio, per la Toscana, da una concezione vincolistica per aree specifiche alla messa in valore progettuale del territorio e del paesaggio nel suo insieme.
Pianificazione d’area vasta
Stante l’attuale frammentazione delle pianificazioni, e la necessità di una scala adeguata ad affrontare le scelte progettuali e pianificatorie che producono effetti al di là dei singoli confini comunali, per ambiti territoriali significativi anche dal punto di vista del raccordo con gli ambiti di paesaggio previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, si è ritenuto necessario riconoscere formalmente e promuovere forme di pianificazione intercomunali.
E’ stato introdotto e valorizzato il piano strutturale intercomunale, che insieme alla conferenza di copianificazione diventa riferimento qualificante per garantire una progettazione unitaria e multisettoriale delle trasformazioni a livello d’area vasta.
Politiche per la casa
Considerata la difficoltà degli enti locali, a fronte di una domanda sociale crescente, a dare attuazione ad adeguate politiche per la casa, anche in conseguenza della difficoltà di ottenere finanziamenti dedicati e ancor più di accedere alla disponibilità di aree a costi sostenibili, ci si è posti il problema di contribuire con le disposizioni della presente legge, per quanto possibile, a sostenere tali politiche.
Si dispone che la pianificazione territoriale e urbanistica concorra alla formazione delle politiche per la casa riconoscendo gli alloggi sociali come standard urbanistico, da assicurare mediante cessione di aree, di unità immobiliari o di oneri aggiuntivi a destinazione vincolata.
Prevenzione e mitigazione dei rischi idrogeologico e sismico
I recenti e ripetuti eventi alluvionali e sismici che hanno interessato la regione hanno evidenziato l’importanza strategica di inserire nella pianificazione territoriale e urbanistica regole precauzionali chiare per la prevenzione e mitigazione dei rischi.
Viene introdotta una serie di indicazioni specifiche rivolte alla formazione dei piani strutturali e dei piani operativi. Si prevede inoltre che il piano di protezione civile costituisca parte integrante del piano operativo comunale.
Qualità del territorio rurale
Il territorio rurale è tuttora considerato, in troppi casi, come un territorio privo di valore che richiede di essere ‘sviluppato’ attraverso previsioni di nuova urbanizzazione. Va invece emergendo con sempre maggior evidenza come il mantenimento del territorio rurale e delle sue multifunzionalità sia fondamentale per uno sviluppo sostenibile e durevole, garantendo la qualità alimentare e dell’ambiente, la riproduzione del paesaggio, l’equilibrio idrogeologico, il benessere anche economico della regione.
La legge riconosce l’attività agricola come attività economico-produttiva, nel rispetto della valorizzazione dell‘ambiente e del paesaggio cui la stessa attività agricola può contribuire attraverso il suo ruolo multifunzionale, segnando con ciò una importante svolta culturale. Tale riconoscimento porta a individuare innanzitutto il principio di limitare il più possibile la frammentazione del territorio agricolo a opera di interventi non agricoli.
Nel territorio rurale si prevede che gli strumenti della pianificazione individuino i “nuclei rurali”, le cui trasformazioni devono garantire la coerenza con i caratteri propri degli insediamenti, gli “ambiti di pertinenza di centri e nuclei storici” di cui tutelare la valenza paesaggistica, e gli “ambiti periurbani” in cui promuovere forme di agricoltura utilmente integrabili con gli insediamenti urbani e che ne contribuiscano al miglioramento..
Per quanto attiene le trasformazioni richieste dall’imprenditore agricolo vengono semplificate le procedure per una serie di interventi temporanei o di minore entità, specificate le trasformazioni aziendali che comportano la necessità di un piano attuativo, e rafforzati i vincoli e le sanzioni in caso di perdita della destinazione d’uso agricola.
Riordino lessicale
Diversi contenuti della legge vigente sono di difficile lettura, né i contenuti presentano sempre una diretta correlazione logica con i titoli.
In generale le norme sono state oggetto di una riscrittura attenta a promuoverne la facilità di lettura anche ai non addetti ai lavori, e a chiarire le relazioni fra i diversi dispositivi procedurali e di contenuto.
Il vigente “Regolamento urbanistico” è stato ridenominato “Piano operativo” per eliminare la frequente confusione fra regolamento urbanistico e regolamento edilizio.
Tempi della pianificazione
I tempi medi di formazione degli strumenti di pianificazione dei Comuni toscani, come rilevato da una indagine Irpet del 2012, sono di circa sei anni. Tempi così lunghi comportano chiaramente un deficit di efficacia della pianificazione nel trattare le questioni rilevanti che si pongono relativamente alla gestione e trasformazione del territorio, nonché alla possibilità per i diversi soggetti potenzialmente interessati di aver contezza del procedimento e della sua evoluzione.
Si è ritenuto di poter individuare in due anni il tempo massimo necessario per la formazione di uno strumento di pianificazione dall’avvio del procedimento all’approvazione. Al fine di scoraggiare tempi che superino questo termine sono state introdotte restrizioni per gli interventi urbanistici ed edilizi nei Comuni che, dall’avvio del procedimento di formazione del piano strutturale o operativo alla sua approvazione, superano i due anni.
Laddove vi sia un doppio procedimento, ai fini VAS e ai fini della presente legge, è prevista la non duplicazione degli adempimenti. Sono stati specificati in maniera univoca i contenuti propri di ciascuno strumento della pianificazione, al fine di eliminare ambiguità e duplicazioni.
Tutela paesaggistica
Relativamente alla tutela paesaggistica la legge risente di una stesura precedente il Codice dei beni culturali e del paesaggio attualmente vigente, e dunque non adeguata ai contenuti dello stesso.
Sono stati perfezionati i riferimenti alla normativa nazionale vigente in materia di tutela del paesaggio, specificando le valenze del PIT come piano paesaggistico ai sensi del Codice per i Beni culturali e il paesaggio (Piano paesaggistico la cui redazione è attualmente in corso di completamento, e che prevede azioni non solo di tutela ma anche di valorizzazione e riqualificazione dei paesaggi regionali).
Sono stati inoltre specificati i compiti dell’osservatorio regionale del paesaggio, che avrà il ruolo, tra l’altro, di promuovere in attuazione della Convenzione europea sul paesaggio la partecipazione delle popolazioni alla tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico regionale.
di Anna Marson, assessore all’Urbanistica, pianificazione del territorio e paesaggio