Cinghiali: i Sindaci di Porto Azzurro e Capoliveri dicono no all’eradicazione e all’annullamento dell’Area vocata, ma propongono di violare le leggi

Il foraggiamento è vietato dal 2016, la caccia nei Parchi è vietata da 29 anni. E sono reati penali

[3 Ottobre 2020]

Lo scombicchierato e sconsiderato comunicato congiunto dei Sindaci di Porto Azzurro Maurizio Papi e di Capoliveri Walter Montagna, che respinge di fatto la richiesta di eradicazione avanzata dai Sindaci di Marciana, Campo nell’Elba e Marciana Marina e non accetta neanche la revoca dell’Area vocata al cinghiale scelleratamente istituita dalla Regione Toscana su richiesta dei cacciatori, propone come alternativa di puntare  «a far convivere l’attività venatoria, con un controllo della popolazione degli ungulati con tipologie combinate di intervento: come l’inserimento in foresta di mangiatoie e abbeveratoi controllati, per limitare il più possibile l’avvicinamento degli ungulati in cerca di cibo ai centri abitati, l’effettuazione di battute di caccia autorizzate e controllate anche in aree Parco e, non ultimo l’intensificazione dell’uso di recinzioni elettriche per la prevenzione dei danni e la somministrazione di farmaci antifecondativi».

C’è davvero da rimanere allibiti da tanto pressappochismo e non conoscenza della legge da parte di due primi cittadini, tanto che il comunicato congiunto più che da due Sindaci – uno dei quali con un’esperienza amministrativa pluridecennale – potrebbe sembrare scritto da un estremista venatorio.

Infatti, i Sindaci di Porto Azzurro e Capoliveri propongono semplicemente di violare tre leggi dello Stato (lasciando perdere per carità di patria le Direttive europee), cosa che, per chi li seguisse nelle loro strampalate soluzioni, porterebbe a commettere reati penali.

Infatti, se le battute di caccia dentro il Parco Nazionale sono proibite sia dalla legge 394/91 sulle aree protette che dalla stessa legge 157/92 sulla caccia, tanto che il TAR alla fine vietò le  – fallimentari – battute dentro il Parco Nazionale (inizialmente autorizzate con un trucco basato sulla tempistica della trasmissione e recepimento degli atti), Papi e Montagna dimostrano il massimo dell’incompetenza in fatto di ambiente e caccia quando propongono l’inserimento in foresta di mangiatoie e abbeveratoi controllati che sono vietati dal 2016 dalle “Disposizioni per il contenimento della diffusione del cinghiale nelle aree protette e vulnerabili (quali l’Elba, ndr) e modifiche alla legge .n. 157 del 1992″. Nelle quali all’articolo 38 comma 2 si legge: «E’  vietato  il  foraggiamento  di  cinghiali,   ad esclusione  di  quello  finalizzato   alle   attività di controllo», tra le quali non è contemplata la caccia né dentro né fuori i parchi. Lo stesso comma precisa che «Alla  violazione  di  tale divieto si applica la sanzione prevista dall’art. 30, comma 1, lettera l), della citata legge n. 157 del 1992» e si tratta di sanzioni penali e pecuniarie. Una legge entrata in vigore più di 4 anni fa, il 2 febbraio 2016, proprio perché il foraggiamento favorisce l’aumento delle popolazioni di cinghiali, ma che i due Sindaci evidentemente ignorano, credendo probabilmente che le pasturazioni abusive che ancora vengono effettuate massicciamente all’Elba da cacciatori e bracconieri non siano abusive e illegali.

Per quanto riguarda gli abbeveratoi, è noto che in ambiente mediterraneo la siccità estiva è una delle maggiori cause di mortalità giovanile dei cinghiali e la carenza di acqua in natura costituisce quindi un fattore di contenimento delle popolazioni di cinghiali.

In una successiva nota esplicativa l’Istituto superiore per protezione e la ricerca ambientale (Ispra) specificava cosa si intende per «attività di controllo» e non è proprio quel che pensano Papi e Montagna: «Questo istituto ritiene che il prelievo in selezione del Cinghiale, ove preparato anche al fine di mitigare gli impatti della specie sulle attività antropiche e/o sulla biodiversità, possa rientrare tra gli interventi gestionali di controllo e che pertanto in tali contesti l’utilizzo del foraggiamento con funzione attrattiva nei pressi di punti di sparo rappresenti una misura tecnicamente coerente con il dettato delle modifiche normative adottate con art. 7, comma 2, della L 28 dicembre 2015 n.221. Si ritiene tuttavia che il foraggiamento operato nell’ambito della caccia di selezione con finalità di mitigazione degli impatti del Cinghiale debba essere attuato in modo da escludere effetti di incremento della popolazione della specie (…) .si ritiene che andrà indicato, nella regolamentazione delle attività di foraggiamento artificiale nell’ambito della caccia di selezione al cinghiale: il tipo di foraggio da utilizzare (da evitarsi gli scarti alimentari/di macellazione ed altri rifiuti); il limite massimo di punti di foraggiamento da allestire (p.e non oltre 2 per Km2); la quantità di foraggio da utilizzare (non oltre 1 kg di mais da granella/giorno per sito, onde evitare di fornire alimento aggiuntivo alla specie in grado di interferire in maniera significativa sulla disponibilità alimentare complessiva)».  

Quindi, il foraggiamento può essere autorizzato solo in limitate occasioni e solo ai fini di abbattimento selettivo e per la riduzione della popolazione di cinghiali (come naturalmente in un progetto di eradicazione), mentre, se applicate, le assurde soluzioni alternative e di “allontanamento” proposte dai due sindaci farebbero solo aumentare i cinghiali.

Se questa è la competenza con la quale i nostri amministratori intendono affrontare la drammatica questione degli ungulati stiamo lustri. Se le proposte alternative di Papi e Montagna si sostanziano nella violazione di tre leggi dello Stato siamo proprio nei guai.

Ed è proprio questo pressappochismo esibito, questa non conoscenza della materia e dell’ambiente, che ha cementato in quasi 25 anni la complicità politico-elettorale tra sindaci e cinghialai che ha portato a sottovalutare e nascondere un problema enorme, fino a mettere sullo stesso piano, come fanno ancora Papi e Montagna, uno svago tribale per pochi come la battuta al cinghiale, con una vitale attività economica come l’agricoltura e ignorando completamente nella loro preoccupante nota, la tutela della biodiversità unica dell’Isola d’Elba che è, chiaramente, cosa che non gli interessa.

Anche Legambiente è convinta che occorre trovare al più presto una soluzione condivisa, ma finora non la si è voluta trovare cavillando, minimizzando, proponendo soluzioni illegali e impraticabili e dando la colpa agli altri. E non la si troverà certo ora chiedendo di violare le leggi vigenti e proponendo soluzioni anti-scientifiche, ed è gravissimo che a farlo siano due Sindaci con una nota ufficiale.