Perché il molo/porto a Mola non s’ha da fare
Le osservazioni e le preoccupazioni di Legambiente Arcipelago Toscano e di Insieme per Domani di Porto Azzurro
[12 Aprile 2021]
Nel luglio 2013, alla vigilia della Conferenza dei servizi sul molo/porto di Mola che diede un parere sfavorevole alla realizzazione dell’opera, allora Legambiente Arcipelago Toscano inviò una serie di osservazioni ai Sindaci di Capoliveri e Porto Azzurro ed a Regione Toscana, Provincia di Livorno, Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, Capitaneria di Porto di Portoferraio, Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali di Pisa e Livorno e Arpat che contenevano molte delle motivazioni ambientali e urbanistiche che rendono dannoso e pericolosa la realizzazione di quel molo. Motivazioni che non solo sono ancora validi, ma sono ancora più urgenti da affrontare alla luce di quel che è successo nei 7 anni da quella conferenza dei servizi e che sembrano ancora più preoccupanti alla luce della recente sentenza del TAR che riapre l’iter per la realizzazione del molo/porto e mentre il Parco Nazionale e altre istituzioni stanno portando a termine la prima parte di un grande progetto di ripristino, bonifica, rinaturalizzazione della Zona umida di Mola dove finora avevano regnato caos, inquinamento e abusi.
Per questo Legambiente Arcipelago Toscano invita tutte le istituzioni coinvolte a rivalutare, alla luce dei vecchi e nuovi problemi e di una mutata situazione, l’intero progetto del molo/porto di Mola che è insostenibile sia per quanto riguarda la Zona umida e il Piano del Parco Nazionale che rispetto alla richiesta dei Comuni di far rientrare le Aree minerarie nel patrimonio Unesco, visto che un simile riconoscimento riguarda un territorio più vasto e la sostenibilità riguardo alle politiche globali Unesco che comprendono anche la tutela reale delle Zone umide e protette e l’ampliamento delle aree protette a terra e a mare.
Ecco le osservazioni aggiornate di Legambiente Arcipelago Toscano:
Il Cantiere Navale Golfo di Mola gestito dalla Sales, vuole realizzare una scogliera frangiflutti, con funzione di protezione dello specchio d’acqua antistante allo stesso cantiere e collocata a ridosso di un breve pennello esistente, formato da massi, che attualmente delimita l’area del cantiere sul lato ad ovest, verso mare, e si appoggia, in parte, alla costa. La precedente procedura autorizzativa che aveva portato Conferenza dei servizi ed è stata caratterizzata da una forte opacità, con una sola riunione per informare i cittadini tenutasi nella Sala Consiliare di Capoliveri e che ha visto la partecipazione di un solo cittadino: un socio di Legambiente Arcipelago Toscano.
Il progetto Sales rappresenta di fatto una maxi sanatoria di grandi e piccoli abusi precedenti. Infatti il Golfo di Mola è stato interessato non solo da strutture portuali abusive e che hanno usufruito di condoni edilizi ma anche da una serie infinita di posizionamenti di singole boe e di campi boe abusivi (spesso sanzionati e sequestrati dalla Capitaneria di Porto) e da forzature amministrative, come la realizzazione di un Campo boe che è stato giudicato non conforme dalla Magistratura, o i lavori di adeguamento dello stesso cantiere Sales “Marina di Capoliveri” giustificati dall’arrivo all’Elba della Coppa America di Vela che in realtà è consistita in alcune gare di allenamento.
L’ampliamento della diga/porto sembra quindi in contrasto con il Piano del Parco Nazionale che prevede che non vengano rilasciati ampliamenti dove si sono verificati precedenti abusi e sono stati richiesti condoni. Invitiamo il Direttivo dell’Ente Parco a Valutare attentamente la situazione anche alla luce della sentenza del TAR.
La nuova diga frangiflutto proposta avrà una lunghezza di 189 metri e sarebbe realizzata a poche centinaia di metri da un altro porto, quello di Porto Azzurro, trasformando così il Golfo di Mola in una unica area portuale, con un fortissimo impatto ambientale e paesaggistico che viene però minimizzato nella documentazione presentata dalla Sales. In un periodo di crisi della nautica da diporto, realizzare nuove strutture accanto ad altre già esistenti e che mostrano già problemi non sembra una scelta saggia nemmeno dal punto di vista economico.
I problemi ambientali sono diversi e tutti molto gravi:
Posidonia oceanica:
Il nuovo molo frangiflutti che la società che gestisce il cantiere navale (200 imbarcazioni in uno specchio d’acqua di circa 1,5 ettari) nel Golfo della Mola vorrebbe costruire, porterà alla distruzione di diversi ettari di Posidonia oceanica. In questa zona (la parte occidentale del Golfo) la prateria di posidonia è ben estesa e in ottime condizioni eccezion fatta (non a caso) per l’area del cantiere e dello stabilimento balneare presente poco più a sud dove è quasi del tutto scomparsa. L’effetto sull’ambiente delle opere portuali e delle boe abusive ed autorizzate è evidentissimo ed è stato rapidissimo.
La prateria di posidonia è un ecosistema protetto a livello europeo (All. A della Direttiva Habitat dell’Unione Europea (Direttiva 92/43 CEE) perché è uno degli ecosistemi più produttivi presenti nel mare. E’ un grande produttore di ossigeno ed è un ambiente ricchissimo di specie animali e vegetali. Le praterie sono, poi, importanti aree nursery cioè aree dove i piccoli di numerose specie di pesci, molluschi e crostacei, anche di interesse commerciale, trovano protezione e nutrimento.
Il molo che dovrebbe proteggere le imbarcazioni ormeggiate nel cantiere velico verrà posizionato proprio sopra la prateria di posidonia oceanica determinandone la totale scomparsa. In totale, con quanto già realizzato, sarà lungo fino a oltre 200 metri e il nuovo molo occuperà il fondale per una larghezza di 43,06 metri su una profondità che va da 8,27 a 1°,35 metri di profondità (Quota di testa + 2,90 m s.l.m.m – Larghezza di testa 6,70 m). Si estenderà ed avrà quindi effetti su buona parte del Golfo della Mola. L’ecosistema del Golfo della Mola, già sottoposto a forti pressioni antropiche potrebbe esserne definitivamente compromesso determinando una perdita di biodiversità e un aumento dell’inquinamento presente nel Golfo. Per ettari ed ettari quello che rimarrà è un fondale fangoso/sabbioso praticamente privo di vita, come altre zone dell’area dove sono stati effettuati interventi a mare.
Proteggere questo ambiente è fondamentale per impedire che l’ecosistema del Golfo della Mola venga, quindi, distrutto definitivamente. Ma proporre di espiantare e reimpiantare (dove?) parte della prateria di Posidonia è in questo caso non solo assurdo ma rappresenta un finto risarcimento in un luogo dove gran parte della posidonia esistente è scomparsa per cause che la realizzazione di un nuovo porto potrebbe solo aggravare. La sola possibilità per fare in modo che la prateria di posidonia, e quindi l’ambiente del Golfo della Mola, sopravviva è che questo molo non venga mai costruito.
L’interesse commerciale del cantiere di proteggere le imbarcazioni dei suoi clienti non può andare contro l’interesse della collettività che è quello di tutelare la posidonia e di fare in modo che il Golfo di Mola rimanga quello splendido Golfo che è. Non esistono, in questo caso, opere di mitigazione che diminuiscano l’impatto che l’opera avrebbe sulla prateria di posidonia. La costruzione del molo porterebbe alla sua scomparsa.
Zona umida di Mola
Nonostante nei documenti che abbiamo avuto modo di consultare si tenti di minimizzare fino a dichiarare nullo l’impatto ambientale del molo/porto sulla Zona umida di Mola, una delle due rimaste all’Isola d’Elba e di grandissima importanza naturalistica ed ecosistemica, tanto di aver ricevuto finanziamenti di Ue, Regione Toscana e Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano per le opere di recupero e valorizzazione che sono in corso, è chiarissimo che la realizzazione di una struttura nel mezzo del Golfo di Mola, a poche centinaia di metri in linea d’aria da una Zona umida che (come d’altronde la fascia costiera dove sorge la radice del molo), fa parte di un Parco Nazionale, di una Zona speciale di conservazione Elba orientale (Zsc ex SIC IT5160102 Direttiva Habitat) di una Zona di protezione speciale (ZPS Direttiva Uccelli) dell’Unione europea e di un ex Sito di importanza regionale (Sir) della Regione Toscana, comporterà invece forti conseguenze ambientali e fisiche sull’area.
Il molo, per sua stessa natura ed intento di chi lo propone deve modificare l’attuale impatto di onde e correnti per proteggere l’area del Cantiere/porto, quindi avrà un inevitabili e pesantissime conseguenze sul flusso e deflusso dell’acqua in un’area nella quale sfociano diversi fossi e torrenti e nella quale scarica anche il Depuratore Comunale di Capoliveri e dove tutte le ultime analisi realizzate da Arpat e Goletta Verde hanno trovato dati fuori norma. Tutto questo provocherà un ulteriore insabbiamento dello specchio marino davanti alla spiaggia di Mola – vanificando di fatto il lavoro realizzato dal Parco Nazionale di concerto con altri enti – dove già oggi esiste una spessa platea fangosa, un ulteriore intorbidamento dell’area all’interno della diga con nuovi forti problemi per la sopravvivenza della prateria di Posidonia oceanica superstite. E’ chiaro che, anche se la diga non interessa direttamente il suolo della ZPS/ZSC di Mola, questa catena di mutamenti ambientali a mare e nel deflusso delle acque avrà pesanti conseguenze anche a terra, in una zona umida che vive in un delicatissimo e fragile equilibrio e che ospita numerose specie vegetali e di avifauna stanziali, nidificanti e migratorie di grande valore e spesso rare che andrebbero valutate con maggiore attenzione di quanto non sia stato fatto se si vuole continuarle davvero a proteggere in base alle Direttive Ue Habitat ed Uccelli dell’Unione europea, della Important Bird Area di Rete Natura 2000 e del parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Alla luce della nuova situazione, è necessaria una attenta valutazione dell’impatto ambientale di un’opera di questo genere, da contrastare in ogni modo, anche con l’avvio di una procedura di infrazione presso l’Unione europea rispetto al pasticcio urbanistico e ambientale in ci si stia cacciando con questo progetto portuale.
Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano
Il nuovo molo, considerando il tratto della fascia costiera dove si appoggerà, ricade nella Zona C “di protezione” del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, definite come “ambiti caratterizzati dalla presenza di valori naturalistici ed ambientali inscindibilmente connessi con particolari forme colturali, di produzione agricola od a particolari modelli insediativi o da forme significative di presidio ambientale”, il progetto pare in netto contrasto con l’articolo 19 delle Norme tecniche di attuazione del Piano del Parco che dice che “Gli usi e le attività compatibili sono quelli coerenti con le finalità di manutenzione, di ripristino e di riqualificazione delle attività agricole e forestali, degli elementi e dei segni fondamentali del paesaggio naturale ed agrario, di conservazione della biodiversità e delle componenti naturali in esse presenti. Sono ammessi, oltre agli usi e alle attività di carattere naturalistico (N), gli usi e le attività agrosilvopastorali (A) e quelli relativi alla funzione insediativa (UA) presente. Gli interventi e le azioni consentiti e necessari sono quelli di manutenzione e di riqualificazione (MA, RQ) del territorio agricolo e del patrimonio edilizio, di restituzione delle aree degradate (RE) e di conservazione (CO) delle risorse naturali. Compatibilmente con le finalità ed i limiti suddetti”. E’ chiarissimo che un porto non ha niente a che vedere con tutto questo e che richiamare il paragrafo dello stesso articolo dove si dice che “Sono ammessi gli interventi e le azioni volti a migliorare la fruibilità turistica, ricreativa, sportiva, didattica e culturale che richiedano, al più, modeste modificazioni del suolo ed opere edilizie non eccedenti quanto previsto dai commi successivi del presente articolo” rappresenta un semplice artificio, visto che le norme si riferiscono ad interventi di valorizzazione agricolo/ambientale e non certo portuale e il dimostrato impatto su flora, fauna ed ecosistema dell’intervento proposto. Infatti lo stesso articolo precisa che sono in particolare vietati gli interventi e le azioni di cui all’art.18.2, ai punti a,b,d,e,f,g,h,i,j,k, salvo che riguardino interventi a destinazione esclusivamente agricola o forestale, nell’ambito di progetti e programmi previsti dall’Ente Parco per la valorizzazione delle attività agro-silvo-pastorali, con eventuali limitati interventi di adeguamento delle infrastrutture esistenti comprovati da effettive esigenze e che comunque non contrastino con le altre disposizioni delle presenti Norme. Sono altresì consentiti tutti gli interventi di manutenzione delle infrastrutture di pubblica utilità quali le infrastrutture antincendio (..). Anche l’ articolo 18.2 interventi ed azioni vietate, tra le deroghe non comprende certo la realizzazione di un’area portuale in zona C del Parco e con un forte impatto su una delle aree naturalisticamente più importanti dell’Area protetta.
Inoltre, la presenza di precedenti abusi e condoni inibirebbe la realizzazione di nuove opere. Invitiamo il Parco Nazionale a riconsiderare più attentamente il progetto di quanto fatto in passato, anche perché spetta al Parco rilasciare il nulla-osta.
Chiediamo, quindi, alle istituzioni interessate di fermare questo che riteniamo un vero e proprio scempio ambientale e paesaggistico con pese<santi ricadute ambientali e sociali anche sul prospicente porto di Porto Azzuro. Lo chiediamo, anche, ai titolari del cantiere: che senso ha costruire un molo per altre imbarcazioni se questo porterà alla distruzione di un ambiente? Chi mai vorrà venire in un nuovo porto che inquinerà e degraderà ulteriormente un ambiente naturale unico e che ha già dovuto subire pesanti colpi per l’abusivismo ed il degrado e l’abbandono pubblico e privato?
Questo progetto di fatto renderà vano ogni tentativo di recupero, rinaturalizzazione e valorizzazione del Golfo e della Zona umida di Mola avviato dal Parco con il contributo di Regione ed Unione europea.
Legambiente crede che all’Elba sia possibile un altro tipo di sviluppo: uno sviluppo attento alla sua biodiversità, che porti ricchezza al territorio proprio attraverso la tutela di questi ecosistemi perché quando tutta la costa sarà diventata un unico porto e l’entroterra un’unica colata di cemento chi mai vorrà venirci?
Per questo chiediamo di respingere questo progetto e di avviarne una radicale revisione, per arrivare ad un porticciolo “verde”, davvero ambientalmente compatibile e che serva veramente a migliorare le condizioni ambientali e di sicurezza di un’area segnata dal disordine e dall’abuso, senza caricarla di ulteriori posti barca, un progetto che garantisca il deflusso delle acque e non abbia il forte impatto sulla Posidonia, la costa e la zona umida che avrà questa vecchia e superata struttura rigida che è il contrario di un intervento di valorizzazione e tutela in un’area tanto delicata e preziosa.
Legambiente Arcipelago Toscano
Mola, la diga frangiflutti da scongiurare
Dopo la sentenza del TAR, il 29 marzo scorso, che riapre la possibilità alla realizzazione di una diga frangiflutti a Mola, ci sentiamo in dovere di esprimervi tutta la nostra preoccupazione.
Il progetto di allora, presentato da Cantiere navale Golfo di Mola in Conferenza dei Servizi nel 2012, proponeva la costruzione di una nuova diga frangiflutti lunga quasi 190 metri, che si sarebbe poi ritrovata a poche centinaia di metri dal nostro porto. Questa struttura, oltre ad inserirsi su una importante invariante strutturale, creerebbe senza dubbio un forte impatto ambientale e paesaggistico ed intaccherebbe irrimediabilmente il Golfo di Mola, compreso l’intero abitato di Porto Azzurro. Riteniamo che quella di Mola sia un’area di pregio da tutelare al meglio e che la costruzione di una nuova diga per proteggere le imbarcazioni è in questo caso un interesse puramente commerciale che va a discapito dell’interesse della comunità, sia in termini ambientali che di sicurezza.
Conosciamo bene quali sarebbero i problemi riscontrabili dal punto di vista dell’ambiente (e li condividiamo) ma è opportuno portare all’attenzione la questione della sicurezza all’interno del nostro porto, perché tanto l’ecosistema quanto la morfologia del Golfo di Mola godono di un equilibrio assai delicato: la costruzione della diga frangiflutti, al di là di cosa potranno sostenere gli incaricati professionisti di turno, modificherà sicuramente il gioco delle correnti e il moto ondoso aggravando il rischio idraulico e l’erosione costiera. L’impatto di questo intervento si riverserà interamente sul porto di Porto Azzurro mettendo in serio pericolo i diportisti locali e tutte quelle attività che, già oggi, producono lavoro e ricchezza.
A Porto Azzurro l’infrastruttura portuale contribuisce in maniera fondamentale alla realtà economica della comunità e il suo sviluppo dovrà corrispondere indubbiamente ad una spiccata sostenibilità verso l’ambiente ma senza prospettive che addirittura potrebbero comprometterne la sicurezza attuale.
Chiediamo quindi all’Amministrazione Comunale di condividere le nostre stesse preoccupazioni e di intraprendere congiuntamente un percorso che precluda la strada a quello che diverrebbe per Porto Azzurro un danno irreparabile.
Gruppo consiliare Insieme per Domani di Porto Azzurro