Divina Toscana, lo scandalo è quello di un’immagine turistica delegata ai pubblicitari
La campagna è solo la continuazione di un approccio alla promozione inaugurato anni or sono
[17 Febbraio 2014]
La nuova campagna di Toscana Promozione, battezzata “Divina Toscana”, è stata oggetto di una vivace polemica nei giorni scorsi. Com’è noto, un coro di dissenso si è sollevato contro la rappresentazione visiva del paesaggio toscano, a causa dell’introduzione di elementi estranei che hanno reso non più identificabili i luoghi: di qui lo scandalo di una “Toscana taroccata”.
Si può ovviamente discutere all’infinito sulla qualità del lavoro proposto. È evidente che il rischio è quello di un’eccessiva omologazione dei paesaggi, a scapito di ogni autenticità, tanto più che, per la sua stessa notorietà, il paesaggio toscano ha già una sua naturale tendenza ad essere rappresentato in forme stereotipate. Così pure non è chiaro in che modo le allusioni dantesche dei testi potranno essere efficacemente riconosciute e comprese dai destinatari stranieri.
Quello che tuttavia colpisce è la scarsa memoria dei molti solerti censori di questi giorni. La campagna, bella o brutta che sia, è solo la continuazione di un approccio alla promozione turistica regionale che venne inaugurato alcuni anni or sono dalla campagna “Voglio vivere così”.
Precisiamo. La promozione turistica in Toscana ha avuto negli ultimi anni riscontri molto positivi, specie in alcuni ambiti locali. La stessa campagna “Voglio vivere così” ha sperimentato con successo forme nuove e originali di presenza sul Web. Il problema sta nei contenuti.
Infatti già allora venne compiuta una scelta molto netta di rappresentare la Toscana con immagini che vennero definite “oniriche”. Invitiamo a riguardare lo spot di allora. Nessuno si offese nel vedere il paesaggio toscano percorso da svolazzanti fanciulle in preda ad ebbrezze da paradisi artificiali. Pochi osarono criticare la presenza muta e imbarazzante di comparse caricaturali, nelle quali i toscani si sarebbero dovuti riconoscere.
In realtà dunque questa è solo la seconda puntata di una politica turistica che esplicitamente si fonda su una voluta dissociazione dell’immagine della Toscana per consumo turistico dalla Toscana vera, quella che una lettura meno banale della storia e della cultura della regione porterebbe (tra l’altro) a rappresentare nei suoi tratti di rinascimentale modernità.
Si tratta di una scelta che gli stessi massimi esponenti delle istituzioni, oggi tanto scandalizzati, avevano avvallato. Ciò è avvenuto anche per una visione arretrata, supponente e residuale che certo vetero-industrialismo, ancora assai influente, nutre nei confronti dell’industria turistica e che produce la grave superficialità con cui si delega ad agenzie e comunicatori scelte strategiche ed eminentemente “politiche” di immagine del territorio. Le cronache infatti raccontano di un governatore troppo impegnato per dare un’occhiata ai materiali della campagna…
Si tratta di una scelta su cui è urgente un ripensamento. L’immagine turistica non è un artifizio settoriale, ma – specie per regioni come la Toscana – la prima, più visibile e più influente vetrina dell’identità territoriale. Non parla solo ai turisti, ma anche agli investitori e ai cittadini. «La guerra – diceva Clemenceau – è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai militari». E l’immagine turistica è una cosa troppo seria per lasciarla ai pubblicitari.