Costa Concordia, Osservatorio: non abbiamo bloccato noi le operazioni di rimozione del relitto
Realacci: «Il governo si assuma la responsabilità della scelta del porto. Decidere presto e bene»
[30 Aprile 2014]
Oggi si è diffusa la notizia che l’Osservatorio sul recupero della Concordia avrebbe imposto lo stop alle procedure di rimozione del relitto della Costa Concordia dall’Isola del Giglio e che l’Osservatorio non avrebbe concesso l’autorizzazione per il montaggio dei cassoni poiché non sono ancora noti né i modi di trasporto né il porto di destinazione finale. Ma Le presidente dell’Osservatorio, Maria Sargentini, con una nota smentisce seccamente le notizie diffuse dalla agenzie di stampa e dice che l’organismo «Non è interessato a conoscere il porto di destinazione per lo smaltimento dello stesso. E’ stata Costa, con una lettera, a ritirare la richiesta di autorizzazione al montaggio in attesa di poter fornire una documentazione completa sull’operazione».
La Sargentini ha aggiunto che «l’Osservatorio ha chiesto a Costa di conoscere gli scenari di rischio relativi alla scelte di trasporto dello scafo della Concordia: traino e Vanguard, fino ad eventuale esplicita rinuncia di Costa sull’uso della piattaforma. A quelle scelte è legato il problema delle acque interne residue, della loro bonifica e del tipo di trattamento in sicurezza per il mare del Giglio e in generale per l’ambiente. Cambiano infatti le possibilità di intervento a cassoni montati, problema di cui si è fatta carico la stessa Costa con la sua lettera di sospensione dell’operazione».
Sulla vicenda interviene anche il presidente della Commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci: «Dopo la tragedia del naufragio del Concordia l’Italia ha dato ottima prova nella difficile azione di recupero del relitto che presentava problemi tecnologici e ambientali per molti versi assolutamente nuovi. La piena collaborazione di tutte le istituzioni coinvolte sotto la responsabilità del commissario Gabrielli e il comportamento corretto, dopo il disastro, della società armatrice sono stati determinanti. Oggi la soluzione migliore per evitare ritardi nella fase finale del recupero è che la Presidenza del Consiglio assuma la responsabilità della scelta finale del porto di destinazione per il disarmo della nave, convocando da subito un tavolo in cui siano presenti oltre al commissario, al Ministero dell’Ambiente, alla regione Toscana, gli altri ministeri coinvolti. Come ho avuto modo di ribadire, nell’audizione di Franco Gabrielli presso l’VIII Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, tale scelta non può che ricadere su un porto italiano perché, garantendo la massima sicurezza per l’ambiente, questa è un’occasione da non perdere sia per creare economia ed occupazione che per avviare una filiera per lo smantellamento e il recupero delle grandi navi. Saremmo infatti tra i primi in Europa ad attrezzarci per questo, anticipando le normative europee che presto porranno fine allo scandalo di viaggi verso siti, soprattutto in Asia meridionale, dove lo smantellamento avviene senza garanzie né per l’ambiente, né per la sicurezza dei lavoratori».