Il ‘Viaggio in Toscana’ di Enrico Rossi
[22 Luglio 2014]
Il ‘viaggio in lungo e in largo’ i Toscana, come lo stesso Rossi lo ha definito, offre un aggiornato spaccato delle vicende e dei problemi della nostra regione senza peli sulla lingua. Si tratta di una mappa incompleta a cui mancano alcune tessere che non inficiano tuttavia la trama complessiva, che emerge con estrema chiarezza.
Dati i tempi – e mi riferisco innanzitutto al contesto nazionale in cui la anche la nostra Regione è chiamata a fare al meglio la sua parte – ha fatto bene Rossi in premessa a ripercorrere alcuni dei passaggi più significativi e importanti di una politica regionale che connotò fin dall’inizio quello che poi sarebbe stato definito ‘modello toscano’. Un governo del territorio che seppe immettere in un contesto fortemente e storicamente segnato dal ‘campanilismo’ e dal centralismo una gestione incardinata certo sui comuni, ma raccordata al ruolo crescente delle province un terreno su cui la nostra Regione sperimentò da sola anche un associazionismo intercomunale di breve durata, che ebbe in ogni caso il merito di contrastare e scoraggiare il localismo di corto respiro.
Qui Rossi forse avrebbe fatto bene – visti i problemi che derivano oggi dalla abrogazione scriteriata delle province – a ricordare che operazioni vincenti e d’avanguardia come quelle della zona del cuoio a Santa Croce sull’Arno per il disinquinamento che lui giustamente ricorda con la figura del sindaco Adrio Puccini furono possibili anche grazie al ruolo svolto dalle province, e quindi anche un po’ da quei 3000 politici che ora Renzi è felice di avere liquidato.
Il rapporto Regione-enti locali, che non è possibile ridurre comunque solo ai comuni e ancor meno a quelli piccoli e piccolissimi, resta oggi non meno di ieri un passaggio fondamentale e cruciale, come risulta chiaro d’altronde da tutte le tappe del lungo viaggio di Rossi.
In tutte le situazioni in cui Rossi è andato a mettere con curiosità e interesse il naso, dall’Elba al Casentino, dalla Val di Magra all’Ombrone, dalla Val di Cornia al senese, emergono infatti i costi altissimi pagati a politiche mancate o inadeguate nella gestione di quegli strumenti di pianificazione pur previsti da importanti leggi nazionali (da quella sul suolo e i bacini, dalle aree protette al paesaggio) che si muovono tutte – se attuate e rispettate – in logiche non di campanile ma di ‘leale collaborazione istituzionale’.
Forse – come già era emerso a suo tempo dalle critiche al Pit – Rossi qui avrebbe fatto bene a ricordare i limiti e i ritardi anche regionali e non soltanto locali, e dove operano ad esempio tre parchi nazionali di cui due appunto interregionali con l’Emilia. Ma dove questa contraddizione appare più evidente è nelle Apuane, di cui si sta discutendo in questi giorni specie dopo il voto del Consiglio regionale a cui pure Rossi dedica – confermando il suo sostegno alla Marson – giuste considerazioni. Non compare mai però alcun riferimento al Parco regionale delle Apuane. E’ singolare infatti che oggi si debba ricorrere al Piano paesaggistico regionale per intervenire in un territorio in cui la Regione anni fa ha istituito un ‘suo’ parco proprio per evitare la distruzione di una risorsa non rinnovabile.
Un silenzio che la dice lunga su cosa non gira oggi nel verso giusto, anche sul piano regionale. Perché non si è riusciti a fare il piano del parco a cui pure lavorarono alcuni pianificatori di livello nazionale? Perché non se ne parla più e non se n’è parlato né punto né poco in regione, neppure in questa circostanza?
Anzi proprio su questa vicenda abbiamo registrato qualche intervento in particolare di tre parlamentari del Pd, anche con responsabilità dirigenziali di partito, che hanno dileggiato personalità come Asor Rosa che, sempre attento ai temi ambientali della nostra Regione, è stato in più occasioni incontrato proprio per questo da Rossi.
La cronaca del viaggio di Rossi per fortuna non scade mai a livelli tanto penosi e lascia sperare in un rilancio di politiche che sappiano far tesoro anche di quanto di meglio appartiene ad una tradizione che è bene non finisca in un verso sbagliato.
E’ bene ricordarlo, soprattutto nel momento in cui sul piano nazionale si sta discutendo del nuovo Titolo V da cui emerge una paradossale contraddizione, e cioè che il nuovo Senato delle autonomie rischia di nascere all’insegna di un potere ridimensionato proprio delle regioni e degli enti locali.
Le opinioni espresse dall’autore non rappresentano necessariamente la posizione della redazione