Immediato e vigoroso l’aiuto alle aree colpite: la Colonna mobile è sul posto

Terremoto, monitoraggio e rischi in Toscana

Dalla Regione una relazione sui dati Ingv. I geologi: «Dopo gli studi è necessario mettere in sicurezza gli edifici»

[25 Agosto 2016]

Il terremoto che si è abbattuto ieri sul Centro Italia si è sentito distintamente anche in buona parte della Toscana, fortunatamente provocare danni sensibili a cose o – peggio – persone. Il territorio regionale si è subito mobilitato per aiutare concretamente le zone colpite, con la Colonna mobile della Protezione civile regionale che è arrivata a Rieti alle 22: 55 di ieri (partendo non appena ricevuto il via libera dal Dipartimento nazionale), composta da composta da otto operatori della Protezione civile toscana, 230 volontari e 79 mezzi, compresi i volontari e i mezzi della componente sanitaria. Alle 4 di notte è stata raggiunta dalle 130 persone e dai 50 mezzi messi a disposizione dalla sanità toscana. Dopo il sopralluogo effettuato in queste ore attorno ad Amatrice, la decisione di allestire due (e non uno come inizialmente ipotizzato) campi per gli sfollati del reatino allestiti dalla Toscana, oltre ad una base logistica a disposizione di tecnici e volontari.

Le scosse però nel mentre non si sono fermate, anzi: la terribile sequenza sismica, oltre alle quattro manifestazioni importanti di magnitudo 6, 5.4, 4.3 e 4.2,  ha visto dalle 200 alle 300 scosse nel corso solo della prima parte della giornata di ieri, arrivate nelle ultime ore a oltre 470. Già nella giornata di ieri il Settore sismico della Regione Toscana ha prodotto una prima relazione sulla base delle informazioni raccolte dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), sottolineando «che il terremoto che dalle prime ore di oggi si è abbattuto  nelle province di Rieti, Perugia, Ascoli Piceno, l’Aquila e Teramo ha le stesse caratteristiche e intensità del sisma che nel 2009 colpì l’Aquila. Come lì, anche in questo caso ci sarà da aspettarsi una prosecuzione della sequenza sismica».

Il modello tettonico all’interno del quale si è sviluppato il sisma – precisano da Firenze – è quello di tipo distensivo, ovvero le placche si sono allontanate generando una frattura che poi ha provocato il terremoto: «Un fenomeno che risponde alle caratteristiche geologiche di quest’area, come anche della Toscana».

Dunque, che fare? «Il servizio sismico toscano, anche se ad oggi dopo la ristrutturazione della Regione si ritrova ad operare con un ridotto numero di geologi, lavora molto e bene nel controllo e programmazione delle indagini sismiche per interventi diretti e per la microzonazione di tutto il territorio toscano», rassicura Maria Teresa Fagioli, presidente dell’Ordine dei geologi della Toscana.

Ciò non toglie che nella nostra Regione su un totale di 287 Comuni siano 92 quelli ad alto rischio sismico, 164 a rischio medio e solo 24 sono a basso rischio. I terremoti non si possono prevenire; allo stato attuale della scienza non c’è la possibilità «di prevedere quando il prossimo terremoto colpirà», spiega Fagioli. «Chi asserisce il contrario, o è semplicemente un presuntuoso ignorante, o peggio qualcuno che, per ottenere una facile visibilità mediatica, genera allarmismi terroristici»..

Questo significa che la necessità improrogabile continua a essere quella di costruire e ristrutturare in modo antisismico. Ma anche in Toscana su questo punto rimane moltissimo da fare: «Dopo gli studi è necessario mettere in sicurezza gli edifici, a partire da quelli strategici via via fino a tutti gli altri, ma qui vengono i dolori». Paradossalmente, secondo i geologi toscani la situazione più difficile la vivono le scuole. «Negli ultimi anni per gli edifici scolastici si è detto tanto. Quanti sono in sicurezza? Pochi. Il ritornello è che non ci sono soldi. Quanti bandi, anche in Toscana, sono stati effettuati col solo o prevalente criterio del massimo ribasso. Tanto le magagne si vedranno solo in caso di sisma».

Eppure ove si fa prevenzione qualche risultato si ottiene. Nel 1998, ricordano i geologi, la Toscana ha avviato il progetto Vel (Valutazione degli effetti locali) la cui fase sperimentale del progetto interessò i principali centri urbani della Lunigiana e Garfagnana e Media Valle del Serchio dove venne messa a punto la metodologia operativa poi adottata anche in altre zone classificate sismiche della Toscana quali il Mugello, la Valtiberina, il Casentino e l’Amiata. «Oggi la fascia ad alta sismicità le aree appenniniche toscane possono essere considerate in relativa sicurezza – rimarca Fagioli – le sequenze sismiche con magnitudo fino a 5 che hanno interessato negli ultimi anni la Garfagnana ad esempio, non hanno prodotto danni di rilievo e soprattutto nessuna vittima».

«Il miglior modo per onorare davvero, e non solo a chiacchiere, le vittime – conclude la presidente dell’Ordine dei geologi – è impegnarsi tutti perché al prossimo sisma non ce ne siano altre». Un impegno che anche il presidente della Regione, Enrico Rossi, chiede a livello nazionale: «Prevenire si può con una grande opera pubblica del valore di decine e decine di miliardi e con il sostegno ai privati che investono per le loro abitazioni. È il momento di farlo; di trovare questi soldi e di fare un piano pluriennale per dare al paese sicurezza e serenità e occupazione. E se l’Europa conservatrice della Merkel dicesse di no, non ce ne importa nulla, si fa lo stesso e comunque non usciamo dall’Ue. Renzi deve chiedere su questo piano il sostegno convinto di tutto il Paese, di tutto il suo partito, di tutte le forze politiche, delle forze sociali e delle massime cariche istituzionali. Così possiamo farcela. Insieme tutti».

L. A.