Rifiuti, in Toscana l’inchiesta è sull’economia circolare
Oggetto d’indagine è la gestione di scarti prodotti da impianti di depurazione e da cartiere (che riciclano carta)
[15 Settembre 2016]
Iniziata due anni fa e scoppiata ieri sulla stampa, l’inchiesta in corso sulla gestione dei rifiuti speciali in Toscana ha ancora tempi lunghi per maturare davvero. Al di là dallo scalpore iniziale, alimentato dall’arresto di sei imprenditori e dal sequestro di sette milioni di euro, le analisi da compiere sono molte: «Per capire se la nocività di quei rifiuti sia reale, il pm Giulio Monferini – sottolinea oggi il Corriere Fiorentino – ha incaricato l’Arpat di Firenze, un laboratorio di Forte di Marmi e un istituto di Venezia. I risultati arriveranno in Procura tra due mesi». Poi seguiranno le dovute valutazioni.
Nel mentre, sarebbe utile andare oltre l’aspetto scandalistico della vicenda – che non alimenta altro se non paura e sfiducia in chi vi assiste – per affrontare finalmente con sincerità un aspetto fondamentale di ogni società moderna, ovvero la capacità di gestire i rifiuti che essa stessa produce.
Comunque siano stati gestiti (a stabilirlo sarà l’apparato giudiziario), i rifiuti oggetto dei due filoni d’inchiesta in corso presentano caratteristiche “rivelatorie”. Si tratta di fanghi industriali e pulper di cartiera. Entrambi non sono demoni apparsi in Toscana da chissà dove, ma frutto diretto di quell’economia circolare acclamata in ogni dove, e di cui la nostra Regione è portatrice sana con numerose imprese d’eccellenza europea. Che cos’è l’economia circolare? Per dirla con le parole dell’assessore regionale all’Ambiente, Federica Fratoni, è quella che «opera minimizzando gli impieghi delle risorse, riducendo gli sprechi e considerando ogni scarto dell’attività umana di produzione o consumo come potenziale risorsa da “riutilizzare” e da reintrodurre nei cicli industriali».
Ebbene i fanghi industriali in oggetto, spiegano dalla Finanza, sono «prodotti reflui originati da diversi depuratori» toscani. Depuratori che evidentemente a loro volta producono rifiuti, che è necessario gestire secondo legge e sostenibilità.
Il pulper prodotto dalla cartiere, invece, altro non è che uno dei rifiuti derivanti dal riciclo della carta. Carta che i cittadini selezionano tramite raccolta differenziata, i comuni raccolgono (o si occupano di far raccogliere), e che infine le cartiere riciclano. Secondo i dati certificati dall’Agenzia regionale recupero risorse, nel 2014 (anno che rientra tra quelli in indagine) in Toscana sono state raccolte oltre 1.003.822 tonnellate di rifiuti da raccolta differenziata, il 12,4% delle quali costituite da carta e cartone. Che fine fanno? Per essere riciclati, questi materiali devono essere lavorati dalla cartiere, e in Toscana abbiamo uno dei più grandi distretti cartiari d’Europa che si estende su un’area di circa 750 kmq fra le province di Lucca e Pistoia, lungo 12 Comuni.
Come dovrebbero suggerire il II principio della termodinamica e il concetto di entropia – centrali in ogni approccio scientifico all’ambientalismo –, è naturale che non tutti i materiali in ingresso vengano recuperati in uscita. Alcuni vengono restituiti in forma degradata (è il caso dei pulper, ma anche dei fanghi da disinchiostrazione), ovvero rifiuti che anche in questo caso vanno gestiti secondo legge e sostenibilità. Il che significa utilizzarli, nell’ordine e quando possibile, come ammendante in agricoltura, come coperture delle discariche o come combustibile. D’altronde è lo stesso Codice dell’ambiente italiano a sottolinearlo (Dlgs 152/2006). Tra i rifiuti speciali, recita l’art. 184, figurano i «rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi».
Da qui l’evidenza, costantemente e ferocemente ignorata. Anche l’economia circolare produce rifiuti. Produzione di rifiuti a mezzo di rifiuti, che non è possibile in alcun modo eludere. La termodinamica, disse uno che se ne intendeva – Albert Einstein – è «la sola teoria fisica di contenuto universale di cui sono convinto che nell’ambito di applicabilità dei suoi concetti di base non verrà mai superata».
Meglio farsene una ragione, e cominciare a pensare seriamente a come gestire il problema nel modo più sostenibile (ambientalmente, socialmente ed economicamente) il problema. Inchieste giudiziarie a parte, che seguiranno il loro corso, la Toscana produce in un anno (dati Ispra 2014, ufficiali ma affetti da sottostima) circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, il 7,7% del totale nazionale, comprensivi di 444 mila tonnellate di rifiuti pericolosi. Far finta che non esistano, con impianti insufficienti per trattarli e leggi confuse quanto ingarbugliate per gestirli, non aiuterà a farli sparire.