Albergo e residenze di lusso nel progetto vincitore del concorso per la ristrutturazione
Firenze, quale nuova vita per il vecchio ospedale militare S. Gallo? (FOTOGALLERY)
Rigenerazione e investimenti immobiliari: un caso emblematico per i problemi dell'integrazione urbanistica, sociale e dell'inserimento dei nuovi edifici nel tessuto storico
[18 Maggio 2017]
Secondo il “primo Rapporto sul recupero edilizio in Italia” di Scenari Immobiliari, Firenze è la terza città in Italia dopo Roma e Venezia per redditività dell’investimento immobiliare, che arriva al 19%. Due cose sono evidenti: ai primi tre posti stanno le città che fanno il pieno di turisti, e il 19% è tanto in rapporto ai risicati interessi bancari.
Ecco perché non ci si meraviglia se dopo anni di abbandono si parla di riutilizzazione alberghiera dell’ex-ospedale militare S. Gallo a Firenze, un complesso di conventi nella zona nord del centro storico fiorentino, in un isolato stretto tra le vie Cavour e S. Gallo. Conventi che dopo l’Unità italiana furono trasformati in caserma e ospedale militare.
Con la fine del servizio militare di leva nel 2005, l’ospedale viene gradualmente dismesso. Nell’aprile 2014 tra Demanio, ministero della Difesa e Comune di Firenze viene firmato il Protocollo d’intesa per la valorizzazione di 7 caserme dismesse, tra cui la S. Gallo, in cambio della cessione al Comune della caserma Gonzaga per edilizia popolare. A dicembre 2014 il complesso viene acquisito da Cdp Investimenti Sgr società del gruppo Cassa depositi e prestiti, ente partecipato al 70% dal Tesoro ed inserito nel Ruc, il Regolamento urbanistico comunale come “area di trasformazione” poco prima dell’approvazione nell’aprile 2015.
Il Ruc stabilisce in 16.200 mq la superficie utile lorda (SUL) esistente e da ristrutturare. Per il resto prende tempo e prescrive un “adeguato mix funzionale, prevedendo la trasformazione di una quota di SUL a destinazione turistico-ricettiva”. A garanzia dell’uso sociale dell’area rimane “l’apertura del complesso alla città rendendo accessibili gli spazi aperti interni (chiostri, piazze, giardini ecc.)”.
A sua volta il Ruc rimanda a un concorso da bandirsi a cura della proprietà. Ed è quello che Cdp-Investimenti ha fatto nel settembre 2016. Un concorso nel quale i progetti hanno solo un compito esplorativo, per giungere alla definizione più precisa delle norme del Ruc che dovranno essere da guida per il progetto definitivo.
La Giuria composta dagli architetti Paola Viganò e Giancarlo Floridi, con Stefano Brancaccio in rappresentanza di Cdp Investimenti, a fine marzo 2017 ha stabilito la graduatoria finale. Il primo, vincitore, capogruppo Fabrizio Rossi Prodi, secondo Luigi Ulivieri, terzo Michele De Lucchi.
Si trattava di riutilizzare la SUL degli edifici vincolati, circa l’80%, mentre il restante poteva essere abbattuto e ricostruito tenendo conto del vincolo paesaggistico che insiste lungo la fascia dei viali e che interessa l’area nella sua parte nord.
I progetti si assomigliano per la parte che riguarda la riutilizzazione. L’uso prevalente è quello alberghiero circa il 60%, poi il residenziale (20%) che probabilmente diverrà un residenziale-turistico, il commerciale (10%) e i parcheggi (10%). Il costo medio dell’operazione è circa 30 milioni di euro.
In sostanza tutti si adeguano all’uso più redditizio, quello per il quale esiste la domanda. Un disegno che se realizzato porterà ad un innalzamento dei valori immobiliari dell’area dove vicino ci sono gli uffici ex-Fondiaria per i quali si parla di una utilizzazione simile. Le superfici previste dallo standard di legge per usi sociali, compresa la quota del 20% di edilizia convenzionata sugli edifici demoliti vengono monetizzate.
Cosicché non rimane che l’accessibilità a garantire una sorta di uso sociale, rispetto alla quale i tre progetti propongono soluzioni differenti. Il terzo vede nella piazza su via Cavour il momento di scambio sociale. Il secondo, che inserisce la piscina come attrattore, è più aperto e socializzante. Quello vincitore inserisce due collegamenti paralleli fra le vie S.Gallo e Cavour a piano terra e utilizza questo tema per il progetto del nuovo edificio, detto “Lama di vetro” che si pone ortogonale ai due collegamenti come la barra orizzontale della H.
Un edificio lungo e stretto in vetro e cemento che si eleva di un piano rispetto agli altri e sembra non aver convinto neppure la Giuria, che dopo aver lodato il lavoro del gruppo vincitore per la “lettura critica, rigorosa e ricca di spunti”, rileva “la necessità di approfondire scale e misure dei nuovi edifici di progetto”.
Nell’inserimento dei nuovi corpi di fabbrica emerge una divergenza tra il primo gruppo che non vuole “nascondere né mimetizzare” i “segni architettonici della contemporaneità” e il terzo che invece riecheggia temi nell’architettura fiorentina con lo scopo di ricucire, piuttosto che di tagliare con la lama, realizzando così interessanti spazi urbani con architetture che usano elementi classici come loggiati, marcapiani e cornici.
Ecco che la rigenerazione facendosi concreta mette in evidenza dei temi interessanti che meriterebbero una discussione approfondita.
Il primo è l’aspetto economico. La rigenerazione, visto lo stato delle finanze pubbliche, dipende dal mercato. E la domanda che tira è quella turistica di lusso che cerca l’esclusività. D’altra parte si creano pure dei posti di lavoro. Quindi è comprensibile che si assecondino con realismo le tendenze del mercato. Se ne dovrebbero però anche accettare le conseguenze, che in questo caso non sono favorevoli alla permanenza dei residenti nel centro, mentre la politica continua a proclamarne la difesa.
Secondo: se il mercato va assecondato, occorrono le regole nel rapporto contrattuale pubblico-privato. La dotazione di aree pubbliche, gli standard pensati per la città in espansione a garanzia della qualità sociale dell’urbanizzazione, in mancanza di aree da cedere, si traducono in una tassa. Il Ruc fa un tentativo di trasformare lo standard in accessibilità, un termine che garantisce poco. Occorre quindi ripensare lo standard per la città attuale: conta di più il verde o un accesso pubblico a internet?
Infine il rapporto del nuovo con la storia. Taglio o ricucitura? Nelle prescrizioni del vincolo paesaggistico, relativamente alle trasformazioni edilizie, si richiede: “coerenza con l’assetto morfologico urbano di impianto storico, il mantenimento dei caratteri tipologici e architettonici di impianto storico degli edifici, delle strade e delle piazze”. E per le finiture: ”si utilizzino soluzioni formali e materiali caratteristici delle tipologie edilizie storiche e tradizionali della città di Firenze”. Al ministero dei Beni culturali sembrano orientati verso la ricucitura e il mimetismo, piuttosto che verso il taglio.