Acqua e cambiamenti climatici, questi sconosciuti: i paradossi della percezione italiana
Oltre il 75% delle contestazioni Nimby «è legato a infrastrutture che contribuirebbero alla mitigazione del cambiamento climatico»
[24 Febbraio 2022]
Nonostante la siccità inizi a mordere sempre più anche nel nord Italia, con un inverno mai così mite e secco sulle Alpi dal 1864 e il Po più in secca dagli ultimi trent’anni, nella percezione degli italiani acqua e cambiamento climatico sono due temi ancora poco compresi, con tutto ciò che ne consegue per gli interventi di adattamento e mitigazione – che infatti restano deficitari.
È quanto emerge dal sondaggio pubblicato oggi dall’Osservatorio della Community valore acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti, che mette in fila almeno 8 paradossi sull’acqua, una risorsa tanto fondamentale quanto poco conosciuta soprattutto «in un Paese come il nostro, il secondo più idrovoro d’Europa, in cui il 21% del territorio è a rischio desertificazione».
Qualche esempio? Si parte dal valore percepito dell’oro blu italiano: quasi 6 cittadini su 10 ritengono che l’attuale spesa in bolletta sia troppo onerosa, anche se l’Italia è uno dei Paesi con le tariffe più basse d’Europa (2,08 euro/m3), la metà di quelle francesi (4,08 euro/m3). Peraltro, più del 90% dei cittadini non è a conoscenza del costo reale – oltre il 37% neanche conosce il proprio gestore dei servizi idrici –, ritenendo di pagare troppo per il servizio: l’86% dei rispondenti sovrastima la propria spesa annua e quasi 1/3 dei rispondenti pensa di pagare circa il doppio in più rispetto alla spesa reale.
In compenso, più di 2/3 dei rispondenti al sondaggio sottostima il proprio effettivo consumo giornaliero, anche se preferiamo pagare cara l’acqua in bottiglia. Solo il 29,3% dei cittadini beve abitualmente acqua del rubinetto, nonostante la qualità dell’acqua di rete sia tra le più alte in Europa, così rimaniamo primi al mondo per consumo di acqua in bottiglia: un dato stridente se consideriamo che 1 m3 di acqua di rete equivale a 2.000 bottiglie d’acqua da mezzo litro. «Tradotto in cifre, supponendo un costo di 1 euro a bottiglia da mezzo litro, scegliamo di spendere circa 2.000 euro, piuttosto che 2,08 euro (pari al costo di 1 m3 di acqua di rete, peraltro di ottima qualità)», dichiarano da Ambrosetti.
Al contempo, più della metà dei cittadini sarebbe disposta a sostenere un (piccolo) aumento in bolletta per rendere il servizio più efficiente e sostenibile, con l’83% dei rispondenti che dichiara una disponibilità a pagare tra i 5 e gli 11 euro in più all’anno.
«Un dato da non sottovalutare perché – secondo l’Osservatorio valore acqua – un aumento delle tariffe di soli 10 centesimi a m3, pari a 8 euro in più all’anno per famiglia media Istat, si tradurrebbe in 900 milioni di euro addizionali di valore aggiunto e 400 milioni di investimenti aggiuntivi (fondamentale in un Paese che investe 46 euro per abitante all’anno nel settore idrico, quasi la metà dei 90 euro della Francia e dei 92 euro della Germania e un terzo dei 135 euro per abitante del Regno Unito). Con ricadute sia in termini sociali che ambientali: 3.400 occupati in più nel ciclo idrico e una riduzione di 211 milioni di m3 di prelievi di acqua per uso potabile».
Complessivamente, dai risultati dell’indagine emerge la necessità di aumentare la consapevolezza dei cittadini sui temi dell’acqua e della crisi climatica in corso, in modo da accelerare la necessaria transizione ecologica che oggi si infrange di fronte al muro delle sindromi Nimby&Nimto.
Nel merito, da Ambrosetti sottolineano che oltre il 75% delle contestazioni Nimby «è legato a infrastrutture che contribuirebbero alla mitigazione del cambiamento climatico», e il legame con una scarsa consapevolezza appare evidente.
Dal sondaggio il cambiamento climatico risulta infatti la seconda priorità degli italiani, dopo “crescita economica e occupazionale” e addirittura prima della sanità; quando si indaga però la percezione dei cittadini sul cambiamento climatico quale problema del proprio territorio il dato è inferiore, scendendo al quarto posto tra le priorità. Addirittura, lo scostamento di percezione dell’urgenza del cambiamento climatico tra sistema-Paese e zona di residenza è più forte nel Mezzogiorno: solo il 22,4% dei rispondenti considera il fenomeno come un problema territoriale. Peccato che sia proprio questa la fetta dello Stivale più in pericolo: le aree a rischio desertificazione sono il 70% in Sicilia, il 58% in Molise, il 57% in Puglia, il 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50%.