Agroecologia circolare: dal campo alla tavola anche in Toscana
Festambiente: «La sostenibilità ambientale e sociale dell’agroalimentare italiano sia un pilastro del piano per il rilancio che l’Italia presenterà all’Europa per utilizzare i soldi del Recovery Fund»
[24 Agosto 2020]
Nell’ultima giornata di Festambiente, Legambiente ha lanciato una sfida Al governo e al mondo agricolo: «E’ necessario un nuovo modello di agricoltura che sposi appieno la sostenibilità ecologica e sociale; un’agricoltura che possa restare un asse portante dell’economia made in Italy, diventando anche un settore strategico dal punto di vista ambientale a cominciare dalle sfide imposte dalla crisi climatica. Il dossier che il ministro Bellanova sta predisponendo su sollecitazione del premier Conte, per il piano per il rilancio che l’Italia presenterà in autunno all’Europa per utilizzare i finanziamenti del Recovery Fund, deve essere fondato solo sullo sviluppo dell’agroecologia nel nostro Paese».
A rispescia il Cigno Verde ha chiamato a raccolta le esperienze imprenditoriali più avanzate del nostro Paese «per una nuova alleanza che possa condurre, oltre alla riduzione dell’utilizzo della chimica attraverso il ricorso a buone pratiche agronomiche, della plastica e dei consumi idrici, ad un impegno concreto per un Green new deal anche in questo settore. Oggi, purtroppo, l’agricoltura intensiva, l’eccessivo utilizzo della chimica e la corsa alle rese piuttosto che alla qualità, oltre a contribuire in maniera rilevante alla crisi climatica, sono causa della perdita di biodiversità e della presenza, in particolare nelle acque, di sostanze dannose per gli esseri umani».
Inoltre, Legambiente sottolinea che «Negli ultimi vent’anni in Italia sono scomparsi 5,4 milioni di ettari di terreni coltivati, praticamente una superficie pari a Liguria, Piemonte e Lombardia messe insieme. Ribaltare tutto questo è possibile, ma servono provvedimenti concreti, puntando con vigore sull’innovazione nell’agricoltura integrata e sul biologico che già oggi in Italia ha numeri considerevoli: 2 milioni di ettari coltivati, il 15% della superficie agricola complessiva, 72.000 operatori coinvolti per un fatturato di 3 miliardi di euro l’anno».
Secondo Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, «Le politiche agricole nazionali e comunitarie devono cambiare rotta se vogliamo davvero rilanciare questo settore in chiave green. Una parte della buona imprenditoria dell’agricoltura italiana si sta dimostrando già molto attenta sia alle esigenze dei consumatori, che chiedono cibo sano e tracciabile, sia rispetto alla necessità di una svolta epocale per ridurre i processi di inquinamento ambientale che alimentano anche la crisi climatica. Da Grosseto, rilanciamo la nostra alleanza con le eccellenze dell’agroalimentare, le istituzioni, le università e i centri di ricerca per cambiare in meglio l’attuale modello agricolo. Un modello che guardi all’innovazione, alla riduzione degli impatti climalteranti, alla valorizzazione del biologico e alla qualificazione ambientale dell’agricoltura integrata, promuovendo l’economia circolare e l’utilizzo di materiali riutilizzabili, riciclabili e compostabili, fino al profilo etico del lavoro in agricoltura e alla lotta all’uso dei fitofarmaci illegali. Un modello che saprà garantire sostenibilità sia dal punto di vista ambientale che economico e sociale. Al Governo italiano e all’Unione Europea chiediamo di valorizzare queste esperienze, prevedendo da subito meccanismi premianti e scoraggiando anche economicamente pratiche agricole e zootecniche intensive ed a elevato impatto ambientale. Infatti è ineludibile che le risorse comunitarie debbano essere impiegate per contrastare i cambiamenti climatici ed alimentare il presidio sociale dei territori rurali. La nuova Pac dovrà garantire un percorso che ponga l’agroecologia al centro attraverso una filiera sostenibile del cibo e la tutela della biodiversità, all’insegna delle strategie per la biodiversità e Farm to fork sancite dalla commissione europea».
E che si può fare Festambiente lo ha dimostrato con il premio “Ambasciatori del territorio” che ha premiato le sentinelle dell’agroecologia e i presidi del futuro delle filiere agricole e cheoperano nel rispetto del patrimonio ambientale, sociale, culturale dei territori, offrendo una concreta opportunità di sviluppo sostenibile a tutta la comunità locale: gli ambasciatori del territorio.
Ecco i premiati:
Apicoltura Cierre Societa’ Agricola S.S. di Ciabini e Rampini. Massimo Ciabini è apicoltore di lunga data, ma Apicoltura Cierre nasce nel 2015, grazie all’incontro di Massimo con Luca Rampini ed è qui che la sua esperienza si mette a disposizione di un maggior numero di alveari creando un’azienda solida. Il parco della Maremma diviene così uno dei posti preferiti per Massimo e Luca, dove portare parte degli alveari ad svernare ed in parte per produrre mieli tipici della maremma, senza mai dimenticare l’attenzione per il territorio, e la salute del propri alveari, allevati esclusivamente all’interno di parchi naturali come il parco Foreste Casentinesi e Parco della Maremma, luoghi in cui le colonie di api possono godere degli effetti benefici creati da un ambiente ricco di biodiversità. Apicoltura Cierre dal 2018 si fregia anche del Marchio del Parco® della Maremma QUALITÀ AGRO BIO, il Marchio del Parco che intende riconoscere le attività esercitate dagli operatori economici e dagli altri soggetti che intendono valorizzare il territorio dell’area protetta e dell’area contigua, perseguendo ed incentivando lo sviluppo ed il potenziamento del sistema agricolo/produttivo, e valorizzando contestualmente il territorio tramite il perseguimento di politiche inerenti l’economia ed il turismo sostenibili.
Azienda agricola di Grappi Luchino – Mulino Val D’Orcia. L’Azienda Agricola Grappi Luchino produce con metodo biologico dal 1992 nel comune di Pienza, cuore della Val d’Orcia, più di 100 ettari, dove coltiva legumi e varietà antiche di cereali pregiati ad alto valore nutrizionale e sapori unici, come la varietà Verna e Senatore Cappelli, ottima per la produzione della pasta, rigorosamente macinata a pietra. La storia dell’azienda affonda le radici nella tradizione mezzadrile e l’amore per la terra viene tramandata di padre in figlio da generazioni. Il brand Mulino Val d’Orcia nasce 10 anni fa, proprio dall’idea intuitiva di Luchino, che decise di acquistare il mulino ed una piccola impastatrice. AMEDEO, il figlio, ha così iniziato a partecipare ai mercati di filiera corta per far conoscere i propri prodotti e grazie al successo ottenuto, l’idea nata per gioco si è trasformata in un’eccellenza: una realtà produttiva unica sul territorio.
Azienda Agricola Aia della Colonna di Roberto Tistarelli. Situata a Roccalbegna, sulle colline toscane tra il Monte Amiata e la Costa dell’Argentario, la tenuta Aia della Colonna è un’azienda agricola di 240 ettari ed in cui la famiglia Tistarelli opera da oltre mezzo secolo prendendosi cura della terra e dei suoi frutti, tutti prodotti con metodi e certificazioni biologiche che donano fertilità al terreno e resilienza contro le malattie. Una realtà modello le cui carni, anch’esse certificate bio, sono oggi presidio slow food per la razza maremmana; la zootecnia biologica si basa infatti sulla armonica relazione tra suolo, piante ed animali, nel rispetto dei fabbisogni fisiologici e comportamentali degli animali allevati e con l’utilizzo di alimenti biologici di qualità: Così Roberto, il titolare, ci permette di poter gustare salumi di cinta senese, carni fresche di vitello maremmano e di agnello di razza appenninica, tutti prodotti tipici della Maremma e della Toscana che la famiglia Tistarelli fa conoscere nel mondo.