Il clima pazzo fa schizzare il prezzo del tartufo bianco oltre 4.500 euro al kg
Castagne e castagneti, protocollo d’intesa Regione – ANCI per difenderli e valorizzarli
[11 Ottobre 2021]
Il tartufo bianco non si trova e le sue quotazioni raggiungono livelli record pari anche al doppio di quelle delle annate più favorevoli registrate alla borsa del tartufo bianco di Aqualagna, la prima ad indicare i valori della nuova stagione. Oggi per acquisire un kg di tartufo bianco servono tra i 4.000 ed i 4.500 euro.
Secondo Coldiretti, «L’andamento climatico degli ultimi mesi non ha certo favorito la maturazione del tuber magnatum Pico, il più pregiato tra i tartufi, che nella provincia di Pisa, tra San Miniato e le zone limitrofe, è, o dovrebbe, assoluto protagonista in queste settimane. La stagione è in ritardo. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla stagione di raccolta in provincia di Pisa, terra particolarmente vocata ai tartufi».
Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Pisa e di Coldiretti Toscana, aggiunge che «La stagione partirà più tardi per finire prima e questo avrà inevitabilmente una ripercussione sia sulle quantità raccolte, sia sul prezzo. Anche il tartufo segue il meccanismo della domanda ed offerta. Le scarse piogge e la siccità non hanno favorito la naturale sviluppo e la maturazione con la stagione di raccolta che tradizionalmente inizia nella metà di settembre. Il prelibato e pregiato tartufo bianco si sta facendo attendere».
A confermare l’andamento di una stagione anomala è il giovane tartufaio Flavio Rabitti, titolare di un’azienda di Suvereto di circa 20 ettari di tartufai naturali: «In questo particolare momento è molto difficile trovare il tartufo bianco. La stagione non partirà prima della metà di novembre. Al momento siamo ad un deficit di raccolta del 90% rispetto alla normalità».
Coldiretti evidenzia che «A far innalzare il prezzo sono state le condizioni climatiche avverse segnate da un lungo periodo di assenza di precipitazioni perché’ il Tuber magnatum Pico si sviluppa in terreni che devono restare freschi e umidi sia nelle fasi di sviluppo che in quella di maturazione. L’arrivo della pioggia, se non ci saranno manifestazioni violente, fa dunque sperare cercatori e appassionati che affollano le mostre, le sagre e le manifestazioni dedicate al tartufo che coinvolge tantissimi raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti, per un business stimato attorno al mezzo miliardo di euro, tra fresco e trasformato».
Toscana vuol dire anche castagneti e castagne di qualità, che alimentano una filiera produttiva di eccellenza. Su un totale di superficie forestale pari a 1 milione e 150 ettari, sono 177mila gli ettari di bosco di castagni in Toscana, circa il 15 per cento. Di questi, 33mila ettari sono castagneti da frutto di cui però solo la metà sono coltivati per la produzione di castagne. Cinque le denominazioni origine: Marrone del Mugello Igp, Marrone di Caprese Michelangelo Dop, Castagna del Monte Amiata Igp, Farina di Neccio della Garfagnana Dop e la Farina di Castagne della Lunigiana Dop. La Toscana è una delle regioni dove il castagno è maggiormente diffuso e la castanicoltura da frutto riveste storicamente un’importanza rilevante soprattutto nell’ambito appenninico. E’ anche la regione che raccoglie il maggior numero di associazioni (11) che da sole rappresentano quasi il 70% del totale italiano, oltre a 6 tra consorzi e cooperative e 31 tra Coimuni e Unioni di Comuni.
E’ partendo da questi dati e considerazioni che è stato pensato il protocollo di intesa che Regione Toscana e Anci Toscana, in rappresentanza delle Unioni dei Comuni montani, firmeranno a tutela di una risorsa di grande valore sia in termini socio-economici che ambientali. In Toscana si trasformano e si commercializzano non solo la castagna, ma anche miele e, in alcune zone, legname.
La Regione ricorda che «Negli ultimi anni, fattori ambientali esterni e patogeni, dovuti ai cambiamenti climatici, all’abbandono della coltivazione dei boschi di castagno da frutto, all’ingresso nell’habitat locale di parassiti animali – il cinipide del castagno – e vegetali – il fungo gnomoniopsiscastaneae – hanno causato gravi problemi alle principali produzioni castanicole. Di qui la la necessità di intervenire a sostegno del settore che si è ridotto notevolemente attraverso azioni coordinate e strutturate sull’intero territorio regionale».
La vicepresidente regionale e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi spiega che «Questo protocollo rappresenta un risultato importante in questa direzione. L’accordo è frutto del lavoro svolto attraverso il tavolo sulla castanicoltura di Anci, insediato per volontà della Regione, che ha consentito un monitoraggio attento sulle criticità e le prospettive. Sarà uno strumento fondamentale, soprattutto in questa fase di ripartenza di tutte le attività produttive dopo l’emergenza pandemica».
Anche per Tommaso Triberti, sindaco di Marradi e consigliere del presidente Giani per i rapporti con i Comuni montani e con i piccoli borghi, «Si tratta di un passaggio importante per uno dei settori di eccellenza della nostra Regione, che merita di avere un ruolo sempre più centrale nelle scelte strategiche della Toscana. La salvaguardia e la conservazione dei nostri castagneti e la volontà di sostenere e tutelare la castanicoltura sono obiettivi centrali che devono vederci lavorare insieme. Il futuro della montagna passa anche da queste scelte».
Obiettivo principale del protocollo d’intesa è quello di «Promuovere una strategia di valorizzazione della castanicoltura insieme ad azioni di prevenzione e di tutela dello stato di salute dei castagneti toscani. In particolare, grazie all’accordo verrà sviluppata una rete capillare di monitoraggio e mappatura delle condizioni delle diverse aree di produzione.
Per il miglioramento dello stato di conservazione dei castagneti, sia da frutto che da legno, si punterà alla valorizzazione delle varietà locali e alla diffusione di corrette pratiche agronomiche e cure selvicolturali: per accrescere il valore economico-paesaggistico della castanicoltura, ma anche per favorire investimenti e attività legate al castagno a sostegno dello sviluppo dell’economia territoriale».