Fedagripesca: la gente non denuncia più, i rimborsi non arrivano
Ungulati, le recinzioni dividono il mondo agricolo
Unione agricoltori fiorentini: serve un piano di emergenza che ristabilisca l’equilibrio faunistico
[4 Gennaio 2024]
Dopo le critiche per l’utilizzo di recinzioni e reti per bloccare gli ungulati parte di alcuni abitanti della Valdelsa, interviene Francesco Colpizzi, presidente dell’Unione Agricoltori di Firenze per ribadire che «Serve un piano di emergenza che ristabilisca l’equilibrio faunistico. Bisogna riportare la popolazione di ungulati entro un livello di sostenibilità: dai recenti censimenti la densità di cinghiali, caprioli, daini e cervi in Toscana è pari al 450% in più rispetto alla media nazionale, raggiungendo un livello sempre più insostenibile. Ad oggi si parla di 400mila capi di ungulati, ma il numero è probabilmente sottostimato. Le soluzioni non sono le recinzioni, anche perché spesso non offrono una risposta totalmente efficace. La selvaggina, secondo la legislazione venatoria vigente, appartiene allo Stato. E gli agricoltori non vogliono essere rimborsati per i danni sofferti da selvaggina, perché vogliono che i danni alle proprie colture di questa entità non ci siano. Le nostre imprese investono, creano occupazione, svolgono un ruolo di presidio ambientale insostituibile, concorrono a valorizzare il made in Italy nel mondo. Gli agricoltori farebbero volentieri a meno di costellare le loro proprietà di barriere, ma, vista la mancanza di volontà del legislatore, si devono forse vedere rovinare la propria produzione?».
Non la pesa esattamente così, almeno per quanto riguarda le recinzioni, il vicepresidente di Fedagripesca Confcooperative Toscana Ritano Baragli: «Ho sempre detto che le recinzioni non mi piacciono ma la verità è che adesso non possiamo più farne a meno. C’è una invasione di animali – come caprioli e cinghiali – che stanno portando danni enormi. Le aziende sono in difficoltà, c’è chi è costretto a tagliare, chi addirittura chiude. Se una recinzione limita i danni, allora usiamola. Anche perché la gente non denuncia più, c’è una sfiducia dettata dal fatto che i rimborsi in pratica non ci sono. Ormai le recinzioni sono necessarie, è inutile che qualche gruppo si voglia per forza mettere di traverso – aggiunge -. Faccio un esempio: nel Chianti Classico il vino sfuso è quotato sui 300-350 euro a ettolitro, pensate cosa può accedere quando caprioli e cinghiali riescono a mangiare anche solo 10 quintali di uva. Diventa un danno economico immenso. Quindi bisogna cercare di usare tutti i metodi per limitare questi animali. A preoccuparmi in questa fase sono soprattutto i caprioli, sono capaci di creare grandi problemi. Il settore è già in difficoltà, se non ci sono le giuste precauzioni la situazione rischia di degenerare. Poi sono d’accordo con chi dice che le recinzioni vanno fatte bene, in modo da non deturpare il paesaggio: so che ci vuole il giusto equilibrio e il rispetto dell’ambiente. Al tempo stesso serve però il rispetto di chi lavora in queste aree».
Colpizzi sottolinea che «Gli ungulati creano danni enormi ai vigneti ed agli uliveti in Chianti, agli orti nella Piana, ai campi di mais nel Mugello. Le imprese agricole non possono e non vogliono abdicare alla loro funzione produttiva e imprenditoriale lasciando alle prossime generazioni un ambiente rurale di tipo pastorale. Ma non possono neanche soffrire ogni anno danni di milioni di euro. Siamo in Toscana ed è qui che si realizza la sintesi tra uomo e ambiente, lavoro e natura. Come è possibile che per poter lavorare, per esercitare il diritto sancito dall’articolo 4 della Costituzione, gli agricoltori siano costretti a installare nei propri campi recinzioni, fili elettrici, staccionate dalla presenza in sovrannumero di selvaggina? Nonostante l’impegno dimostrato dalla Regione Toscana negli ultimi tre anni, mancano ancora condivisione, coesione e convinzione. Occorre un provvedimento importante, con approccio sistematico, per risolvere questa emergenza. Una soluzione potrà essere trovata solo nel momento in cui mondo agricolo, mondo venatorio e istituzioni si siederanno ad un tavolo concordando misure definitive per risolvere questo annoso problema: noi ci siamo».
Quel che il presidente dell’Unione Agricoltori di Firenze continua a non dire è però che la soluzione per gli ungulati, un riequilibrio della loro popolazione basato sulla caccia –richiesto più volte dalle associazioni agricole – è totalmente e platealmente fallita, anche perché – almeno per i cinghiali – tutti i più recenti studi evidenziano che la caccia in braccata favorisce la prolificità dei cinghiali destrutturandone e branchi e la struttura sociale. Inoltre, non si può chiedere una riduzione sostanziale delle popolazioni di ungulati e poi chiedere anche l’abbattimento dei lupi che sono il loro predatore naturale e che si nutrono in grandissima parte di ungulati – soprattutto cinghiali – e predano saltuariamente il bestiame incustodito.
L’alternativa è un’agricoltura senza predatori e prede, e il riequilibrio faunistico invocato è probabilmente il ritorno a un precedente e speculare squilibrio che è altrettanto artificiale di un’agricoltura recintata