Partito l’iter di riconoscimento in Regione per la culla della geotermia a livello globale
Val di Cecina verso il distretto biologico, obiettivo possibile entro l’estate
Berti: «La superficie agricola utilizzata attualmente coltivata a biologico è già di gran lunga superiore alla quota del 30%, limite minimo richiesto dalla normativa»
[22 Gennaio 2021]
Al distretto rurale nato un anno fa, presto in Val di Cecina potrà affiancarsi il distretto biologico: come informano dal Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche (CoSviG), nelle settimane scorse è partito l’iter di riconoscimento ai sensi della legge regionale 51/2019 e secondo l’attuale cronoprogramma il prestigioso riconoscimento potrebbe arrivare già entro l’estate.
«Il progetto in gran parte ricalcherà l’impostazione di quello del distretto rurale – spiega Stefano Berti, che del distretto rurale è il presidente – ma sarà caratterizzato dalla specificità del Bio attraverso una fase di ascolto, prima di tutto delle aziende biologiche, o in conversione, o che intendono passare al bio, poi dei vari soggetti economici della filiera agroalimentare territoriale (cooperative, consorzi agrari, sistema horeca), quindi delle istituzioni e dei cittadini consumatori».
Nel modello di distretto individuato dalla legge toscana è previsto un accordo tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse locali, partendo dal modello biologico di produzione e consumo (filiera corta, gruppi di acquisto, mense pubbliche bio): l’obiettivo di fondo è quello di circoscrivere e valorizzare un sistema produttivo locale a spiccata vocazione agricola biologica che rispetta i criteri di sostenibilità ambientale, conservazione del suolo agricolo e tutela dell’agrobiodiversità.
Da questo punto di vista, la Val di Cecina ha già le carte in regola. Qui infatti «la Sau (superficie agricola utilizzata, ndr) attualmente coltivata a biologico è già di gran lunga superiore alla quota del 30%, limite minimo richiesto dalla normativa», precisa Berti. Una realtà che s’interseca alla perfezione con un’altra ricchezza del territorio – la produzione di energia da una fonte rinnovabile come la geotermia – in barba a quanti coltivano pregiudizi che vorrebbero le due attività mutualmente escludenti.
In realtà il connubio che vive in Toscana tra coltivazione sostenibile della geotermia e prodotti agroalimentari di qualità non solo è già stato riconosciuto come buona pratica a livello internazionale – almeno quando CoSviG la portò all’attenzione dell’Iceland geothermal conference, tenutasi a Reykjavík nel 2018 –, ma permette la possibilità di uno sviluppo sostenibile congiunto.
Non a caso la Val di Cecina (e non solo) vede al proprio interno anche una esperienza che nasce proprio dalla volontà di alcuni produttori attivi nell’agroalimentare di improntare la propria attività anche alla sostenibilità dal punto di vista energetico: la Ccer, ovvero la Comunità del cibo ad energie rinnovabili della Toscana.
Nata nel 2009 grazie ad un’intesa tra Slow food Toscana, Fondazione Slow food per la biodiversità e CoSviG, la Ccer è la prima Comunità mondiale del cibo ad energia pulita e rinnovabile che opera nel settore agroalimentare e che insiste sui metodi di produzione oltre che sui prodotti. Possono infatti aderirvi produttori che utilizzino energie rinnovabili in maniera dominante nel proprio processo produttivo, materie prime provenienti esclusivamente dal territorio toscano e che abbiano sede produttiva all’interno della regione Toscana.
La Ccer conta al momento 16 soci produttori (dal vino ai prodotti dolciari e panificati, dalla birra all’olio, dalle piante officinali e floricoltura, dalla pasta ai formaggi Dop) oltre a numerosi soci sostenitori (produttori, ristoranti, agriturismi, enti di promozione turistica, etc), e con l’arrivo del distretto biologico le prospettive si fanno più rosee.