Rossi e Ceccarelli: «Possibile conciliare lavoro, sviluppo e ambiente»
La Regione approva la legge sulle cave
Ma per Taradah (NCD) «Rischia di trasformare le cave in una grande partecipata pubblica»
[11 Marzo 2015]
Il Consiglio regionale della Toscana ha dato il via libera ad un’altra legge contestata da comitati locali e da diverse associazioni ambientaliste, ma fortemente voluta dalla giunta di Enrico Rossi che punta alla «Semplificazione per le imprese, incentivi per le aziende che lavoreranno sul posto la pietra scavata ma anche compensazioni per le comunità e i territori».
Con la nuova legge le funzioni di pianificazione, che erano delle Province, passano alla Regione. Il Piano regionale cave dovrà elaborare una stima dei fabbisogni, a livello regionale, delle varie tipologie di materiali, individuerà i giacimenti potenzialmente escavabili escludendoli da altre attività estrattive. La legge toscana assegna obiettivi di produzione ad ogni comprensorio estrattivo individuato. Rimane ai Comuni il rilascio delle autorizzazioni alla coltivazione delle cave ordinarie e delle cave di prestito di interesse locale, dei piani di recupero dei siti estrattivi dismessi, la vigilanza ed il controllo dell’attività di cava e la possibilità di emanazione di provvedimenti di sospensione e revoca delle autorizzazioni.
Le attività estrattive all’interno dei beni di proprietà pubblica saranno soggette al pagamento, oltre che del contributo di estrazione, anche di un canone concessorio determinato dal Comune. Per il distretto delle Alpi Apuane viene fissato al 10% il contributo di estrazione, con un massimo del 15%, tra canone e contributo per i beni appartenenti al patrimonio indisponibile comunale.
Con il ricorso al Suap, lo sportello unico per le attività produttive, si riduce al massimo a 150 giorni l’iter per le escavazioni.
Rossi ha sottolineato: «In questo modo possiamo conciliare quello che oggi pare impossibile conciliare: ovvero il lavoro, lo sviluppo e l’ambiente. Con questa norma andiamo in questa direzione». Secondo il presidente della Regione la legge avrà diversi benefici: «Distribuirà più risorse al territori, introdurrà elementi di giustizia e perequazione ma sarà capace anche di contenere le attività di estrazione dando valore a queste stesse attività. Il marmo in Toscana può essere elemento della qualità di questa regione: l’importante è aggiungere valore al marmo attraverso il lavoro, ovvero aggiungendo più valore all’estrazione». Rossi ricorda quel che è successo nella zona del cuoio con i depuratori e la scelta della qualità.
Per l’assessore alle infrastrutture Vincenzo Ceccarelli, «Questa legge può non piacere o non andare incontro a tutte le aspettative ma ha avuto una lunga incubazione e si riferisce ad un contenzioso di trecento anni. Una legge equilibrata, ma anche coraggiosa e innovativa, perché si pone l’obiettivo di coniugare il rispetto dell’ambiente con l’attività di escavazione. E perché prende di petto un problema che viene da lontano e premia il lavoro e la filiera corta, aiutando così a produrre ricchezza che non vada via”. Premialità che andranno anche alle aziende che possono fregiarsi di certificazione ambientale.
Le legge interviene su una materia controversa e irrisolta da quasi tre secoli: i beni estimati e le concessioni degli agri marmiferi di Massa Carrara, che per la legge appartengono al patrimonio indisponibile degli stessi comuni. Per gli agri marmiferi di Massa Carrara, la Regione sottolinea che «Rimane ferma la potestà regolamentare dei Comuni di Massa e Carrara in merito alla disciplina delle concessioni degli agri marmiferi, quali beni che appartengono al patrimonio indisponibile dei medesimi comuni. Le concessioni saranno in futuro rilasciate con una gara, ma è prevista una fase transitoria di sette anni per quelle aziende che sono in possesso di una concessione. Ai 7 anni se ne potranno aggiungere 2 per le aziende dotate di certificazione ambientale. Periodo che potrà arrivare a 25 anni per le aziende che, tramite stipula di un’apposita convenzione, si impegnino a valorizzare la filiera corta nella lavorazione del marmo.
Per il vicepresidente del Gruppo Nuovo Centrodestra, Marco Taradash, «Questa legge rischia di trasformare la coltivazione delle cave in una grande partecipata pubblica al di fuori di qualsiasi termine consentito dalle leggi. E questo in conseguenza della interpretazione che si dà di un editto del 1751 fino ad oggi letto in maniera opposta. Ovvio, esami di tipo “spiritico” non erano possibili e si doveva interpretare. Ma quando si tratta di esproprio, come in questi casi, esistono le leggi. La facoltà di esproprio da parte dello Stato, in particolare, è prevista dalla Costituzione solo per fini di pubblica utilità e non è questo il caso. L’interpretazione delle leggi (e degli editti) è affidata ai Tribunali, non alle assemblee elettive che non possono, fuori dalle leggi, intervenire sulla proprietà privata».
Per Taradash, «Ora si aprirà una fase di contenzioso molto dura, che rallenterà o impedirà gli investimenti nel settore con danni ingenti all’area apuana. Credo che si sarebbe invece dovuta seguire la via giudiziaria, unica contemplata dalla nostra Costituzione. Sulla parte ambientale discuteremo invece con il piano paesaggistico, ma questa senz’altro è una legge sbagliata, che attua una forzatura e quindi aggrava e moltiplica i problemi che si proponeva di risolvere».
Ceccarelli replica a chi, come l’industria del marmo e Taradash, contesta il provvedimento: «Quei beni non potevano essere ceduti ai privati dalla principessa Maria Teresa nel 1751 ma sono da considerare regalie con il linguaggio dell’epoca, ovvero concessione di sfruttamento e non diritto di proprietà. Noi partiamo da questo assunto e per questo pensiamo che tutti coloro che sfruttano il patrimonio lapideo attraverso l’escavazione debbano pagare un canone di concessione, oltre che un indennizzo di carattere ambientale».