In tre settimane concentrato il 30-40% delle piogge annuali
Lamma, in Toscana la crisi climatica segna +2,1°C rispetto al 1961-1990
Monni: «Siamo fortunati perché oltre a sole e vento abbiamo la geotermia, ma serve un cambio di mentalità». Sullo sviluppo sostenibile pesano le sindromi Nimby e Nimto
[15 Febbraio 2024]
Quest’anno l’inverno sta lasciando la Toscana senza aver quasi mai fatto capolino, segno di una crisi climatica che continua ad accelerare sul territorio locale, come documenta oggi il rapporto Lamma 2023 presentato dalla Regione Toscana.
I dati messi in fila dal consorzio pubblico per il monitoraggio ambientale, nato dall’impegno congiunto di Regione e Cnr, non lasciano spazio a dubbi.
Il trimestre dicembre 2023-febbario 2024 caratterizza l’inverno più caldo dal 1955, con una temperatura più alta di 2,2°C rispetto alla media; già l’autunno 2023 era stato il più caldo di sempre, sia per la Toscana (a ottobre si sono registrati +3.5 °sopra media), sia per l’Italia.
Nel complesso il 2023 a livello globale è risultato l’anno più caldo mai registrato, mentre in Toscana è il ‘secondo’ più caldo – subito dopo il 2022, che ha registrato solo +0.1 °C – con una temperatura media superiore di +1.2 °C rispetto al periodo 1991-2020, e di +2.1 °C rispetto al trentennio 1961-1990.
Per capire quanto la crisi climatica corra più velocemente in Toscana rispetto al resto del mondo, basti osservare che a livello planetario la temperatura media è aumentata di 1,1 °C in 140 anni.
«Ormai è incontrovertibile che il meteo sta cambiando e che la programmazione regionale, così come la sensibilità globale, deve tenerne conto», osserva nel merito il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.
Anche perché alle temperature record si accompagna un crescendo di eventi meteo estremi: a livello nazionale sono cresciuti del 22% solo nell’ultimo anno, e la Toscana risulta la regione più colpita dopo Lombardia ed Emilia-Romagna.
«A fronte di un pianeta che si scalda a ritmi sempre più rapidi è fondamentale comprendere che gli effetti di questi cambiamenti possono essere anche molto diversi da una zona all’altra – spiega l’amministratore unico del Lamma, Bernardo Gozzini– Per questo le analisi regionali sono essenziali e ci consentono di comprendere meglio come nella nostra regione si stia manifestando il cambiamento del clima, le peculiarità e le fragilità nei diversi territori al fine di poter individuare politiche di adattamento adeguate».
Dal punto di vista delle piogge ad esempio la situazione è di complessa lettura. Sebbene la quantità totale di pioggia caduta nel 2023 sia pressoché in media, la distribuzione temporale delle precipitazioni è stata oltremodo discontinua.
Il 30-40% delle precipitazioni di tutto il 2023 si è infatti concentrato in tre settimane – tra il 18 ottobre e il 10 novembre –, complice l’alluvione del 2 novembre che ha provocato 8 morti e danni per 2,7 miliardi di euro.
Per rispondere alla crisi climatica la Toscana «sta elaborando il proprio Piano per la transizione ecologica. Un piano – argomenta l’assessora all’Ambiente, Monia Monni – che poggia su due pilastri: da una parte la lotta ai cambiamenti climatici, dall’altra le politiche per aumentare la resilienza dei territori, la loro capacità di adattarsi e resistere ai nuovi fenomeni. Stiamo stimolando l’economia circolare, perché chiaramente cambiare i processi produttivi consente di risparmiare CO2, ma soprattutto stiamo facendo un Piano della transizione energetica molto radicale, che punta sul raddoppio dell’energia da fonti rinnovabili per diventare carbon neutral in netto anticipo sui tempi previsti dall’Europa.
Su questo aspetto siamo fortunati perché in Toscana oltre al sole e al vento abbiamo la geotermia, ma serve anche un cambio di mentalità perché le fonti green vanno bene a tutti solo fino a quando i pannelli o le pale si mettono lontane dalla propria realtà.
Naturalmente saremo i primi a tutelare il nostro paesaggio ed infatti stiamo discutendo con il Governo per avere più potere decisionale, dato che ad oggi su questo tema si ha un vuoto normativo ed in assenza di regole assistiamo a fenomeni di vera aggressione al territorio, spesso portate avanti da multinazionali, con distese di pannelli che realmente entrano in conflitto sia con il paesaggio che con l’agricoltura».